08 Novembre 2025 - 18:31:56
di Vanni Biordi
Alleanza Verdi e Sinistra lancia la petizione contro le “classi pollaio”. Tra calo demografico e tagli governativi, la proposta di legge popolare punta a ridurre gli alunni e potenziare l’inclusione. In una regione come l’Abruzzo, dove molte aule scolastiche si affacciano su valli spopolate e borghi che resistono allo spopolamento, un volantino accende il dibattito.
«Facciamo spazio all’istruzione di qualità: la scuola pubblica meritevole di meglio». È il manifesto di Alleanza Verdi e Sinistra (AVS), che dal 5 novembre ha avviato in tutta la regione la raccolta firme per una proposta di legge di iniziativa popolare. L’obiettivo è quello di abbattere il numero di studenti per classe, trasformando la crisi demografica non in un pretesto per tagli, ma in un’opportunità per una didattica più umana e inclusiva.
La petizione, denominata “Non più di 20 per classe“, ha già interessato le piazze delle quattro province abruzzesi. Un banchetto invita i cittadini a firmare. Gli esponenti di AVS spiegano che, mentre il governo Meloni stanzia 750 milioni per le scuole paritarie, le nostre aule restano sovraffollate. In Abruzzo, con 158.432 studenti per l’anno scolastico 2025/2026, distribuiti in 8.352 classi, il calo degli iscritti, 2.400 in meno solo quest’anno, quasi 10 mila in quattro anni, non si traduce in spazi più ampi, ma in accorpamenti e chiusure di plessi montani.
I “punti chiave” della proposta sono chiari e misurati: massimo 20 studenti per classe, 18 se presente un alunno con disabilità, 15 in caso di più alunni con bisogni speciali. Si prevede uno stop agli accorpamenti forzati, con un dirigente ogni 400 studenti, o 200 nei comuni montani e isole. E ancora, più personale ATA per sorveglianza e assistenza, maggiore attenzione al benessere psicologico, e il reindirizzamento di 500 milioni di euro dalle paritarie verso la scuola statale. «Non si spende troppo per la scuola pubblica», recita il volantino, «ma troppo poco┌.
I fondi, argomenta AVS, potrebbero finanziare 500 mila ore di sostegno in più, colmando il gap per alunni con disturbi specifici dell’apprendimento e BES, in aumento esponenziale.
L’Abruzzo, con i suoi 1,3 milioni di abitanti, è un laboratorio perfetto per misurare le crepe del sistema educativo italiano. Qui il calo demografico morde più che altrove. Dal 2019, le nascite sono precipitate del 25%, prosciugando le aule soprattutto nelle aree interne, dalla Maiella al Gran Sasso. Eppure, le classi restano “pollaio”. Medie di 22-25 alunni, con picchi di 28 nelle superiori urbane come Pescara o L’Aquila. “Il paradosso è crudele”, nota un rapporto regionale del 2025: meno studenti, ma più disabili certificati, +15% rispetto al 2024, senza risorse adeguate. In provincia di Chieti, ad esempio, 45 mila ragazzi tornano in aula in istituti spesso fatiscenti, eredi di un PNRR che ha stanziato 33,8 milioni per sole sei nuove scuole innovative, lasciando il resto al degrado.
Le politiche del governo Meloni, con il ministro Valditara, privilegiano la “libertà educativa” delle paritarie: 750 milioni nel 2024-2025, 50 milioni in più sul precedente, per sostegno e inclusione. Ma in Abruzzo, dove le paritarie catturano solo il 10% degli iscritti, contro il 15% nazionale, questi fondi evaporano verso Roma o il Nord, mentre la scuola pubblica, 90% del totale, affronta tagli all’organico docente con un 5% in meno previsto per il 2026, e ritardi nei pagamenti per il personale ATA. «È un’ideologia che impoverisce il territorio», tuona AVS, durante un incontro a Pescara il 24 ottobre scorso: «Mentre chiudono scuole a Tagliacozzo o Sulmona, le risorse fluiscono altrove, accentuando lo spopolamento».
La proposta AVS si radica proprio qui, nelle valli marsicane, dove l’abbandono scolastico tocca il 18% contro il 13% nazionale, e il divario Nord-Sud si fa abisso. Investire in classi ridotte significa, per i promotori di AVS, contrastare la fuga dei cervelli giovanili, potenziando l’inclusione per i 12 mila alunni abruzzesi con DSA o BES. E riecheggia le linee guida Ocse. Classi sotto i 20 migliorano i risultati del 15% in matematica e lettura.
Nota a margine: questa petizione abruzzese ci rammenta che l’istruzione non è un semplice bilancio, ma un rito civile. Come nelle novelle di Silone, dove la terra aspra forgia coscienze ribelli, l’Abruzzo oppone al centralismo romano una difesa quieta ma tenace della scuola come ascensore sociale. Il governo Meloni, con i suoi 750 milioni alle scuole paritarie, scommette su una “scelta plurale” che sa di elitarismo velato con risorse pubbliche per percorsi privati, mentre la scuola statale, baluardo della Costituzione del ’48, arranca. Eppure, in questa raccolta firme, c’è la voce di tanti cittadini che resistono. Non urlano, ma firmano. E se 50 mila adesioni porteranno la legge in Parlamento? Sarà un monito. La qualità non si decreta, si misura in spazi vuoti tra banchi, in sguardi attenti di maestri non esausti e sfiduciati. L’Abruzzo ci insegna che meno alunni non significa declino, ma rinascita.
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