10 Novembre 2025 - 11:41:56

di Tommaso Cotellessa

Mentre nel capoluogo abruzzese le temperature si irrigidiscono, scendendo attorno ai tre gradi centigradi, un gruppo di migranti giunti in città negli ultimi giorni si trova a vivere all’addiaccio, riparandosi come può nei sottopassi e negli angoli dei parcheggi cittadini.

Si tratta di diverse decine di persone – in gran parte giovani di origine pakistana e afgana – arrivate all’Aquila in seguito a un passaparola sui social network che descriveva la città come un luogo dove «le procedure per l’asilo sono più facili»

Con i centri di accoglienza aquilani e regionali ormai pieni, i migranti si sono accampati utilizzando cartoni come giacigli di fortuna. Alcuni hanno trovato riparo nel sottopasso della Fontana Luminosa, altri negli spazi seminterrati nei pressi della Questura.

Alla già difficile condizione si è aggiunto un episodio che ha suscitato indignazione e sconcerto: ignoti hanno rubato le coperte che i migranti utilizzavano per ripararsi dal freddo.

«Le avevamo lasciate nel sottopasso mentre andavamo a mangiare – raccontano – ma quando siamo tornati non c’erano più. Ce le hanno portate via».

Molti mostrano sul cellulare messaggi in urdu e screenshot di video circolati su TikTok e altre piattaforme, in cui alcuni utenti invitano a raggiungere L’Aquila descrivendola come «una buona città per avviare la richiesta di asilo»
Uno di questi video, girato in pashtu, è stato poi rimosso dal suo autore, che ha pubblicato un messaggio di scuse, ma il contenuto – spiegano gli stessi migranti – aveva già cominciato a diffondersi nelle chat.

Nonostante il freddo e le difficoltà, intorno all’emergenza si sta muovendo una rete spontanea di solidarietà.

Don Osman Prada, parroco della frazione di Roio, ha organizzato una raccolta di coperte e generi di conforto per i rifugiati.
Il Centro sociale Torrione San Francesco ha avviato una campagna per la distribuzione di indumenti pesanti, mentre diversi cittadini stanno donando sacchi a pelo, giacconi e beni di prima necessità.

Alla mensa di Piazza d’Armi, i migranti riescono almeno a ottenere un pasto caldo a pranzo e cena e qualcosa per la colazione. «Non ci sono posti, dobbiamo aspettare» ripetono, stringendosi tra loro per resistere al freddo di queste notti che per molti di loro è la prima in montagna.