17 Novembre 2025 - 15:18:48

di Martina Colabianchi

Ha descritto la gestione dell’emergenza neve nelle ore e nei giorni precedenti alla valanga di Rigopiano, parlando di «superficialità» e di un «caos totale in cui nessuno sapeva chi comandava» il sostituto procuratore generale di Perugia, Paolo Berlucchi, durante la sua requisitoria nell’appello bis sul disastro che il 18 gennaio 2017 portò alla morte di 29 persone, dopo che una valanga travolse l’albergo di Farindola.

Il magistrato ha chiesto la conferma della condanna per due tecnici della Provincia di Pescara.

Il nuovo processo, che ha preso il via lo scorso 10 ottobre, riguarda dieci imputati dopo che la Suprema Corte ha rinviato varie posizioni a Perugia.

Oltre ad aver confermato la condanna per falso dell’allora prefetto di Pescara, Francesco Provolo, la Cassazione aveva infatti annullato le condanne dell’ex sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, di un tecnico comunale e dei due tecnici provinciali, rimandando le rispettive posizioni a nuovo giudizio.

La decisione della Cassazione, che ha parzialmente accolto le richieste della Procura generale, ha introdotto nel procedimento l’elemento della mancata prevenzione. Secondo i giudici supremi, i funzionari regionali avrebbero dovuto redigere la Carta di localizzazione del pericolo valanghe, documento previsto dalla normativa, che – se applicato – avrebbe potuto evitare la tragedia.

Al centro delle contestazioni, soprattutto la questione della turbina spazzaneve, fondamentale per la percorribilità della strada provinciale che conduceva all’hotel. «La turbina – ha ricordato il pg – si rompe il 6 gennaio, il 7 viene portata dal meccanico, e poi non si fa nulla. E’ stato scelto di disinteressarsi e di affrontare le condizioni atmosferiche senza la turbina».

Per il sostituto procuratore generale «era possibile e anche dovuto ipotizzare quanto poteva accadere e occorreva provvedere alla messa in sicurezza». «Cosa che doveva essere fatta – ha aggiunto – perché lo sapevano tutti che sarebbe venuta giù l’ira di Dio: era scritto su tutti i bollettini».

Secondo l’accusa, già il 17 gennaio 2017, e non solo poche ore prima della tragedia, la situazione meteorologica era «chiarissima» e avrebbe imposto «interventi immediati» come la chiusura della strada per impedire agli ospiti di raggiungere la struttura e, soprattutto, la sua riapertura tempestiva la mattina del 18 gennaio, quando i clienti dell’hotel tentarono invano di mettersi in salvo.

Appello bis anche per i sei dipendenti del servizio di Protezione civile regionale, assolti in primo e secondo grado dalle accuse di disastro, lesioni e omicidio colposi.