18 Novembre 2025 - 19:55:01
di Vanni Biordi
L’Aquila celebra Laudomia Bonanni, tra l’esilio di Somaia Ramish e le “Eccellenze” Siamo nella settimana cruciale che segna l’apice della XXIV edizione del Premio internazionale di poesia “Laudomia Bonanni” all’Aquila.
Un appuntamento che non è solo una celebrazione della letteratura, ma un vero e proprio laboratorio di inclusione e memoria civica, intitolato alla grande scrittrice aquilana. E mentre l’agenda si infittisce di eventi – incontri nelle scuole, la sezione dedicata ai detenuti, e l’attesa tavola rotonda su Bonanni giornalista, tutti gli occhi sono puntati sulla cerimonia di premiazione di sabato 22 novembre, dove si decreterà il vincitore della Sezione A (Poesia edita), il cuore pulsante e più “aristocratico” del concorso.
A contendersi l’alloro sono tre voci che rappresentano altrettante eccellenze e sensibilità della poesia contemporanea italiana. Alessandro Ceni, Claudio Damiani e Nichi Vendola è un trio che promette scintille, con opere che spaziano dal lirismo interiore alla riflessione politica e sociale.
La terna finalista, selezionata da una Giuria Tecnica di altissimo profilo, affiancata, come cifra distintiva del Premio Bonanni, da una giuria composta da studenti dei licei aquilani, mette in luce la pluralità di linguaggi che oggi animano il verso.
Alessandro Ceni con I bracciali dello scudo. Poeta, traduttore e saggista fiorentino, Ceni è da tempo una delle figure più rigorose e appartate della nostra poesia. La sua opera si muove spesso tra meditazione e visione, con un linguaggio che cerca una sintesi tra l’osservazione del quotidiano e l’affondo metafisico. I bracciali dello scudo si inserisce in questo solco, offrendo un lavoro di cesello dove la parola si fa scudo e rivelazione, invitando il lettore a un viaggio ‘inaudito’ (citando il titolo della sua prima raccolta) nei territori liminali dell’esistenza.
Claudio Damiani con Rinascita. Romano, voce tra le più riconoscibili per la sua chiarezza e per l’apparente, disarmante semplicità, Damiani è un maestro nel trasformare l’ordinario in epifania. La sua poesia è un inno alla natura, alla classicità rivisitata, ma anche al senso della meraviglia che resiste nella contemporaneità. Rinascita, come suggerisce il titolo, è un’opera che promette un nuovo inizio, un respiro profondo dopo la tempesta, confermando quella “difficile facilità”, così definì la poesia in un suo saggio, che lo rende tanto amato da pubblico e critica. I suoi versi, non a caso, sono stati interpretati da attori come Nanni Moretti e Piera Degli Esposti, a riprova della loro forza performativa.
E poi, Nichi Vendola con Sacro queer. In un contesto politico-letterario, l’ex governatore della Puglia e figura storica della sinistra porta in finale una poesia che è intrinsecamente politica, civile e personale. La sua raccolta Sacro queer è un manifesto in versi che unisce la riflessione sulla spiritualità alla rivendicazione identitaria. Dopo una lunga attività che lo ha visto spaziare dalla saggistica alla prosa, Vendola si conferma poeta di battaglia e di introspezione, affrontando temi come i diritti, la debolezza e l’impegno sociale. La sua presenza è un ponte ideale tra la poesia come arte del linguaggio e l’attivismo, un tema che risuona con l’ospite d’onore del Premio.
L’edizione 2025 non è solo una gara di versi, ma si arricchisce della presenza di Somaia Ramish, poeta afgana e strenua attivista per i diritti delle donne. La sua biografia, che evoca l’immagine di una poesia come resistenza, fa da potente contrappunto alla discussione sui finalisti. L’incontro di Ramish con gli studenti e la sua partecipazione alla cerimonia per la sezione carceri, dove la poesia è redenzione e speranza, sottolineano il filo rosso che lega l’arte all’impegno civile, un valore caro alla stessa Laudomia Bonanni.
Questo intreccio tra alta letteratura e responsabilità sociale, tra il verso “aristocratico” di Ceni, Damiani e Vendola e la poesia che irrompe nelle scuole e nelle carceri, fa del Premio Bonanni un unicum nel panorama italiano. Sotto la guida di Stefania Pezzopane, presidente della giuria tecnica, si ribadisce l’importanza di un giudizio che affida ai giovani, in una sorta di scommessa sulla loro autenticità, l’arduo compito di scegliere il vincitore.
Il Premio, che nel 2026 celebrerà il suo quarto di secolo in vista di L’Aquila Capitale Italiana della Cultura, dimostra come la poesia, lungi dall’essere un genere polveroso, sia oggi un luogo di confronto dinamico, dove la forma dialoga con le istanze più urgenti del nostro tempo.
Chiunque sarà il vincitore tra Ceni, Damiani e Vendola, la vera vittoria è già nell’aver riunito sotto il bellissimo e turbolento cielo dell’Aquila tre voci così distinte, a testimoniare la vitalità e la ricchezza del verbo italiano.
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