20 Novembre 2025 - 11:26:01

di Vanni Biordi

C’è un momento, entrando nella sede aquilana della Banca del Fucino, in cui il brusio discreto degli uffici si dissolve e lascia spazio a un silenzio inatteso, quasi devoto. È il momento in cui lo sguardo incrocia La Visitazione del 1725, la pala d’altare di Bernardo Strada proveniente dalla chiesa di San Francesco di Paola, tornata a nuova vita grazie al recente restauro di Valentina Muzii.

Non si tratta soltanto del recupero di un dipinto settecentesco: è il ritorno di un frammento d’identità cittadina, di un tassello della storia culturale dell’Aquila che, per ragioni di tutela e necessità, ha trovato una collocazione temporanea fuori dal proprio contesto naturale. Una presenza discreta ma eloquente, che sembra dialogare con chi la osserva e, al tempo stesso, interrogare la città sul suo rapporto con la memoria.

La tela di Strada, pittore ancora poco conosciuto al grande pubblico ma significativo interprete della sensibilità artistica abruzzese del tempo, mostra l’incontro tra Maria ed Elisabetta con una misura narrativa equilibrata, quasi domestica. Non la retorica barocca degli affanni celesti, ma un’intimità raccolta, tutta affidata al gesto e allo sguardo. È in questa scelta stilistica che il restauro di Muzii trova la sua più convincente legittimazione: la pulitura restituisce al dipinto una luminosità controllata, non accecante; le velature tornano a vibrare; la scena riacquista densità emotiva senza tradire la mano dell’autore.

L’esposizione all’interno di un istituto bancario potrebbe sorprendere. Eppure, nell’Aquila che da più di quindici anni fa i conti con la ricostruzione materiale e simbolica, proprio questi innesti inattesi assumono un valore particolare. Portare l’arte fuori dai luoghi tradizionali — quando questi non sono ancora disponibili, fruibili o pienamente restituiti alla comunità — significa ribadire che il patrimonio culturale non è un insieme di reliquie immobili, ma una presenza viva, capace di accompagnare la città nei suoi spazi quotidiani.

C’è, in questa scelta, un messaggio che va oltre l’esposizione temporanea: riconoscere che la bellezza, quando torna visibile, rafforza la coesione e alimenta la speranza. La Visitazione, con il suo tema di incontro e riconoscimento reciproco, sembra quasi assumere il ruolo di una metafora civile: nell’abbraccio tra Maria ed Elisabetta, la città può leggere il proprio desiderio di ritrovarsi, di riconnettere i fili della propria storia.

Sarebbe auspicabile che questa iniziativa non restasse un episodio isolato, ma seguisse la strada già aperta da altre realtà culturali aquilane: far dialogare istituzioni, enti privati e cittadini per restituire visibilità a opere che rischierebbero altrimenti l’oblio. L’Aquila ha un patrimonio vasto, a volte dimenticato, spesso fragile. Ma quando una pala d’altare del Settecento torna a parlare, ciò che si riaccende non è solo un dipinto: è un pezzo dell’anima collettiva.

Per ora, il dipinto di Bernardo Strada accoglie i visitatori della Banca del Fucino con la serenità di una presenza ritrovata. Tra qualche tempo tornerà probabilmente al suo altare, nella chiesa di San Francesco di Paola. Ma questa parentesi urbana resterà come una piccola lezione di cura: l’arte, quando attraversa la città, la rende più consapevole di sé. E ricordarlo, oggi, è più necessario che mai.

«Siamo una banca del territorio e come tale abbiamo lo scopo di accrescere e conservare il valore della comunità che opera in questa città – ha affermato Vladimiro Giacché della Banca del Fucino – Il valore non è solo economico, ma anche culturale e sociale. Nel momento in cui ci riappropriamo di una opera d’arte straordinaria, infatti, ci riappropriamo anche di un pezzo della nostra cultura e rimarginiamo in parte la ferita del sisma. Investire nella cultura e tutelarla significa pertanto riappropriarsi della propria storia e identità. L’opera fu commissionata dalla corporazione dei Sarti e questo apre anche scenari sulla storia del periodo. Siamo felici di aver contribuito a questo recupero».

«Il recupero di una tela in un territorio ferito da un terremoto ha un significato di grande speranza perché il recupero della bellezza è sempre il recupero del lato umano del nostro stare insieme e poi l’episodio rappresentato è un episodio di gioia, perché quando Maria varca la porta della casa di Elisabetta, quest’ultima sussulta di gioia. E’ bello ed è simbolico che recuperiamo una tela piena di gioia con la speranza che possa contaminare il resto della nostra città», ha commentato Don Luigi Maria Epicoco

«L’intervento di restauro è consistito nella pulitura, consolidamento e reintegrazione pittorica e sistemazione dei degradi del sisma – ha detto la restauratrice Valentina MuziUn’opera preziosa perché raramente capita di trovare opere di questo periodo firmate e datate dall’artista e sul retro c’è anche l’iscrizione relativa alla committenza. Al di là del suo valore storico artistico ci dà, quindi, tante informazioni su storiche sul nostro passato».