21 Novembre 2025 - 19:42:55

di Redazione

Vivono ai margini della società, senza servizi essenziali, in un’abitazione isolata, senza elettricità né acqua corrente, in un bosco nel comune di Palmoli, nel chietino. Catherine e Nathan avevano scelto per i loro figli una vita lontana dal rumore assordante della società, e per loro il giudice del tribunale per i minori dell’Aquila ha disposto l’allontanamento dei minori.

Tre bambini dai 6 agli otto anni, separati dal padre, saranno trasferiti in una comunità educativa a Vasto, dove resteranno insieme alla madre per un periodo di osservazione. Il provvedimento del tribunale per i minorenni dell’Aquila, eseguito da assistenti sociali e forze dell’ordine, prevede la sospensione della potestà genitoriale per la coppia.

L’ordinanza cautelare non è fondata sul pericolo di lesione del diritto dei minori all’istruzione, ma sul pericolo di lesione del diritto alla vita di relazione, secondo l’articolo 2 della Costituzione, una privazione che comporterebbe gravi conseguenze psichiche ed educative a carico del minore. Secondo il Tribunale la «deprivazione del confronto fra pari in età da scuola elementare può avere effetti significativi sullo sviluppo del bambino, che si manifestano in ambito scolastico e non».

È necessario allontanare i minori dall’abitazione familiare, si legge ancora nel documento, «in considerazione del pericolo per l’integrità fisica derivante dalla condizione abitativa, nonché dal rifiuto da parte dei genitori di consentire le verifiche e i trattamenti sanitari obbligatori per legge».

A confermare l’esecuzione del decreto è l’avvocato della coppia, Giovanni Angelucci, che sta valutando se impugnare subito il provvedimento. Tutto è cominciato nell’ottobre 2024, quando l’intera famiglia è stata ricoverata per un’intossicazione da funghi raccolti nei boschi vicino casa; dal sopralluogo dei Carabinieri è emersa una realtà parallela, un’oasi felice, una vita tranquilla in un’isola che non c’è. Una scelta consapevole da parte dei genitori, forse coscienti dei benefici del contatto diretto con la natura, desiderosi di un vivere sano ed autentico, liberi dalla tossicità della vita moderna.

Nel provvedimento del tribunale si legge poi che «l’assenza di agibilità e pertanto di sicurezza statica, anche sotto il profilo del rischio sismico e della prevenzione di incendi, degli impianti elettrico, idrico e termico e delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità dell’abitazione, comportano la presunzione ex lege dell’esistenza del periodo di pregiudizio per l’integrità e l’incolumità fisica dei minori».

Nel provvedimento si fa riferimento anche a «nuove condotte genitoriali inadeguate» a proposito della divulgazione che le vicende del procedimento hanno avuto attraverso i mezzi di comunicazione di massa «con diffusione di dati idonei a consentire l’identificazione dei minori, diretta, anche attraverso foto che li ritraggono».

Secondo i giudici «con tale comportamento i genitori hanno dimostrato di fare uso dei propri figli allo scopo di conseguire un risultato processuale ad essi favorevole, in un procedimento de potestate nel quale essi assumono una posizione processuale contrapposta a quella dei figli e in conflitto di interessi con gli stessi».

A difesa della famiglia il leader della Lega Matteo Salvini che intende presentare un’interrogazione urgente al ministro della Giustizia Carlo Nordio dal momento che «la scelta da parte del Tribunale di affidare i minori ad una comunità, benché non ci fossero notizie di maltrattamenti nei loro confronti, richiede assoluta chiarezza, specialmente in un Paese in cui si sentono raramente casi di bimbi tolti alle famiglie in contesti di illegalità, come i campi Rom».

Secondo quanto si apprende dall’Ansa, la premier Giorgia Meloni è allarmata per il caso ed è in attesa di ulteriori indicazioni sulla vicenda per valutare se procedere, in accordo con il Guardasigilli, all’invio di ispettori del ministero della Giustizia affinché valutino il caso.

«Come si fa a strappare via i figli dai propri genitori? Rimarranno traumatizzati» ha commentato il padre dei minori quando, nel tardo pomeriggio di giovedì 20 novembre, si è visto portare via i figli. Nathan ha anche dichiarato di star valutando il ritorno in Australia per i bimbi e sua moglie, mentre lui rimarrebbe in Abruzzo per badare agli animali. «Speriamo di no, – ha aggiunto – perché a noi piace la nostra casa qui».

La lettera aperta di Marsilio: «Una riflessione che parte dal cuore e dalle istituzioni»

«In questi giorni l’Abruzzo è al centro dell’attenzione nazionale per la vicenda della Famiglia che vive nei boschi di Palmoli, Chieti. Una storia che ha acceso un dibattito profondo, toccando corde delicate che riguardano la libertà, l’educazione, la genitorialità e il rapporto tra istituzioni e cittadini.
Non posso e non voglio sottrarmi ad una riflessione. Lo faccio con il massimo rispetto verso la magistratura, le cui decisioni sono e restano un punto fermo in uno Stato di diritto. Le sentenze si rispettano sempre. Ma il rispetto non esclude la possibilità — e talvolta il dovere — di interrogarsi. Sono certo che gli stessi giudici che hanno preso questa decisione lo abbiano fatto non senza averne sentito il peso e la difficoltà. Parlo da Presidente della Regione Abruzzo, ma anche da padre. Perché questa vicenda, prima ancora che istituzionale, è umana.

Mi domando dove si collochi il confine tra la libertà di una famiglia che non ha commesso reati, non ha esercitato violenze, non ha sottratto i figli all’istruzione, paga le tasse e sceglie uno stile di vita diverso, e l’intervento dello Stato quando giudica “inappropriato” quel modo di vivere.

Viviamo un tempo in cui tutto sembra dover essere moderno, digitalizzato, incasellato. Una società che ci chiede di essere costantemente connessi, uniformi, integrati. Questa famiglia rappresenta l’opposto: una scelta radicale, certamente non comune, ma che appartiene a un modo antico di vivere la relazione con la natura e con il tempo. È legittimo, però, domandarsi se una distanza così forte dalla socialità possa limitare la crescita dei bambini e la loro capacità di confrontarsi con il mondo reale. È una domanda seria, che merita attenzione.

Ma accanto a questa riflessione ne sorge un’altra, altrettanto importante: questa famiglia non ha fatto male a nessuno. Eppure oggi si trova a vivere un trauma che spesso è riservato a chi commette abusi, a chi trascura, a chi manda i figli allo sbando, per strada, esponendoli alla devianza e al reato, a chi elude tasse e regole. A chi delinque. Anzi, in molti notano con sconcerto che un provvedimento così traumatico qual è l’allontanamento dei figli dai genitori, troppo spesso non viene nemmeno applicato neanche a quelle famiglie che hanno comportamenti devianti e abusanti nei confronti dei figli stessi.
Togliere i bambini a chi non ha fatto nulla di male è una decisione che pesa, che lascia un segno. E penso al trauma che questi piccoli stanno già vivendo, lontani all’improvviso da un mondo che per loro rappresentava sicurezza, normalità, affetto e unione.

Da padre mi sono chiesto più volte che cosa avrei fatto io, come avrei reagito se mi fossi trovato in una condizione simile. Sotto la pressione mediatica, sotto il giudizio sociale, avrei ceduto? Avrei accolto la modernità per proteggere i miei figli dall’allontanamento? Non so darmi una risposta. La verità è che questa vicenda scuote la coscienza di tutti noi, perché tocca il punto più sensibile della nostra esistenza: i figli.

Da uomo delle Istituzioni credo che questa storia imponga una riflessione più ampia sul rapporto tra libertà individuali, responsabilità genitoriale e intervento pubblico. È un tema che non può essere affrontato con superficialità o ideologia. Deve essere affrontato con equilibrio, con prudenza e, soprattutto, con umanità.

Perché se la legge è il nostro riferimento, la coscienza è ciò che ci ricorda chi siamo. E allora mi chiedo, e chiedo a tutti noi: in un Paese libero, possiamo ancora scegliere il nostro destino e quello dei nostri figli, se viviamo nel rispetto della legge e dei nostri valori morali? E fino a che punto chi deve vigilare sul benessere dei minori può ricorrere a strumenti che — agli occhi di qualunque genitore — appaiono dolorosi, estremi, capaci di lasciare ferite profonde?

Una domanda che rimane aperta, come la mia lettera, e che merita, oggi più che mai, una riflessione profonda e non giudizi affrettati, non le grida di “vergogna” che troppo spesso sostituiscono il dialogo, ma un impegno comune a migliorare il nostro modo di guardare gli altri, anche quando le loro scelte sono diverse dalle nostre.

Serve la capacità di valutare ogni storia per ciò che realmente è, con attenzione, umanità e responsabilità. Solo così potremo essere una comunità giusta, capace di tutelare i più fragili senza smarrire il senso profondo della libertà e della dignità di ciascuno.

Mi auguro che nei successivi gradi di giudizio, in appello, la famiglia possa dimostrare la sua capacità di offrire ai figli un percorso di crescita sano ed equilibrato, ricomponendo il nucleo famigliare, innanzi tutto per il bene dei bambini, che sicuramente stanno subendo le conseguenze di questo trauma più di tutti. La Regione, come già sta facendo anche il Comune di Palmoli (che ringrazio per l’impegno in questo senso) è a disposizione per favorire una soluzione positiva, che possa conciliare il rispetto delle regole fondamentali dell’ordinamento con il diritto di scelta e la libertà educativa dei genitori, pronti a mettere a disposizione personale qualificato e risorse, nella volontà di colmare le distanze e restituire serenità a tutta la comunità».