13 Dicembre 2025 - 10:24:08
di Redazione
Coprogettare una nuova governance delle aree interne, coinvolgendo le donne che le abitano e che decidono di restare. Se ne è parlato ieri pomeriggio, alle Cancelle dell’Aquila, nel corso dell’incontro pubblico “Donne e aree interne: declinazione femminile di restare“, promosso dall’associazione Aree interne-Territori Liberi che lavora per la valorizzazione, la tutela e lo sviluppo dei territori dell’entroterra abruzzese e per la connessione tra le persone che li abitano. Il dibattito, che è stato moderato dalla presidente dell’associazione Agata Tiberi, ha visto la presenza della Prof.ssa Giulia Urso, professoressa e ricercatrice universitaria di geografia economica e politica al GSSI dell’Aquila, oltre che tra i membri dell’associazione Riabitare l’Italia e della Dott.ssa Manuela Cozzi, agronoma e fondatrice del bioagriturismo La porta dei Parchi oltre che presidente dell’associazione Donne rurali.
Tiberi ha spiegato che «l’obiettivo è quello di indagare su quali sono i vincoli, i desideri e la propensione a migrare e soprattutto a restare delle donne che abitano le aree interne. In che modo le differenze di genere influenzano le esperienze e le prospettive delle giovani donne nelle aree interne. Come è noto, l’occupazione femminile ha un effetto positivo sulla società e le donne delle aree interne trovano nel ruolo di lavoratrice indipendente, quello spazio che va a colmare, solo in parte, la mancanza di protagonismo pubblico. Un protagonismo femminile capace, che pervade il tessuto sociale, i Comuni, le associazioni, gli enti del terzo settore, le scuole, le aziende della salute, la Comunità e la dimensione familiare ed un protagonismo attivo, che porta con sé uno sguardo lungo e profondo del territorio. Una declinazione femminile di restare che arricchisce le aree interne del nostro Paese e soprattutto quelle della nostra Regione».
Nelle aree interne, spesso segnate da spopolamento, fragilità dei servizi e isolamento sociale, le donne sono diventate motore di rinascita e innovazione. Le donne costruiscono risposte collettive ai bisogni delle comunità, rigenerano relazioni e trasformano territori marginali in laboratori di solidarietà e sviluppo locale. In contesti segnati da frammentazione e isolamento, la capacità di aggregare e mantenere legami è decisiva.
«La volontà è quella di generare nuovi processi di cambiamento al femminile – ha aggiunto la Tiberi – che richiedono, tra le varie cose, la presenza di figure forti, capaci di elaborare progetti di vita in rottura con i modelli fallimentari del passato: si tratta di giovani donne in grado di agire come leader locali tra pari e nei rapporti intergenerazionali. Riconoscere e sostenere figure di questo tipo diventa pertanto un passaggio importante nei processi volti a decostruire stereotipi che negano alle donne tratti di leadership, propensione all’innovazione che le costringe a guardare altrove ed a lasciare le nostre aree interne. Le pratiche collettive femminili che equivalgono a quelle delle piccole parrocchie dell’avamposto sperduto, diventano, quindi, cura del territorio, delle relazioni e sono fondamentali e preziose quali pratiche di coesione sociale e territoriale».
La professoressa Urso si è quindi soffermata sulle differenze territoriali dentro la questione di genere, mostrando come esistano delle condizioni che si fanno particolarmente pesanti per quelle giovani donne che si trovano in aree con particolari caratteristiche di disagio: «Sebbene la condizione femminile in territori rurali e remoti sia eterogenea, persistono nelle aree interne sacche di tradizionalismo espresse da un maggiore controllo sociale sulle giovani donne esercitato dalle figure adulte e maschili di riferimento, dalla relegazione delle donne a ruoli considerati domestici e di cura in nuclei familiari dove gli uomini agiscono da capofamiglia e dall’esclusione sociale delle giovani donne alla vita pubblica e partecipativa del territorio. In molti casi, le donne più istruite tendono a lasciare i territori interni, spostandosi dove le loro competenze possano essere valorizzate, mentre le donne che rimangono hanno, in media, livelli formativi più bassi, accentuando il fenomeno della fuga di cervelli femminile. Quindi partire per trovare maggiori opportunità formative e professionali, migliori condizioni socioculturali e desiderio di mobilità sociale, ricerca d’indipendenza, accesso a migliori servizi e strutture».
La presenza di Manuela Cozzi ha arricchito il dibattito attraverso la sua esperienza di agronoma, imprenditrice e fondatrice del bioagriturismo La porta dei Parchi che si trova ad Anversa degli Abruzzi oltre che presidente dell’associazione Donne Rurali. «Un modello innovativo di nuova economia – ha aggiunto la Cozzi – che lega le donne, le montagne e la comunità è possibile. Le relazioni sono il nostro capitale più prezioso con cui condividere scelte di vita e di lavoro e restituire attrattiva, non solo turistica, alla montagna e ai piccoli borghi che oggi conservano tutto il lusso che nessuno capitale può comprare: il tempo, il silenzio, l’aria buona, l’acqua pulita, la sicurezza sociale e molto altro».
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