16 Dicembre 2025 - 08:53:43
di Martina Colabianchi
Sono 58 i Comuni dell’Abruzzo interno, cioè quelli sotto i 600 metri, che rischiano di perdere le risorse statali destinate alle aree montane a causa dei nuovi requisiti di pendenza e posizione voluti dal Governo Meloni.
La revisione della legge 131/25, annunciata a Cortina d’Ampezzo dal ministro agli Affari regionali Roberto Calderoli, preoccupa aree già colpite dallo spopolamento e allarma Ali Abruzzo.
«È una deriva molto pericolosa, che va nella direzione esattamente opposta rispetto a quanto chiediamo e auspichiamo. Il governo riveda la decisione», dichiara il presidente Angelo Radica.

Radica prosegue: «In primo luogo un metodo, quello tutto incentrato su criteri fisici come l’altimetria e la pendenza, che non può che penalizzare i territori degli Appennini rispetto a quelli alpini. Non serve chissà quale competenza per intuire che gran parte del taglio dei Comuni avverrà sugli Appennini: significa che ci saranno meno risorse per le aree interne e montane del Centro – Sud, Abruzzo compreso».
Per il presidente regionale di Ali è tuttavia «l’approccio a essere radicalmente sbagliato: invece di allentare i vincoli per sostenere le zone più fragili, questi si inaspriscono. Bisognerebbe fare il contrario, ovvero fare in modo che le aree interne tutte siano sostenute in modo stabile e continuo. Vanno introdotti per esse standard ad hoc per dotarle di servizi fondamentali come la scuola, la sanità, i trasporti, anche se non rispettano parametri di popolazione richiesti in pianura e in città. Come abbiamo sottolineato in un importante momento di confronto recentemente tenuto dalla nostra associazione a Fabriano, la Strategia nazionale aree interne deve diventare una politica strutturale, vanno rafforzati piccoli Comuni e Comunità montane attraverso assunzioni e formazione e vanno favorite le politiche di fusione e gestione associata dei servizi, occorre la fiscalità di vantaggio. Vanno promosse le filiere locali, l’agricoltura multifunzionale e il patrimonio culturale, paesaggistico e identitario».
Parla di un «taglio inaccettabile» anche Lorenzo Berardinetti, presidente di Uncem Abruzzo.
«Applicare criteri rigidi, come la combinazione tra quota e pendenza, significa favorire le Alpi a discapito della dorsale appenninica – spiega Berardinetti -. Si sta creando una distinzione pericolosa tra una montagna di serie A, quella delle vette più alte, e una di serie B. Ma l’Appennino ha una geografia complessa. Escludere le aree che non rispettano il vincolo dei 600 metri o delle pendenze significa tagliare fuori territori fragili che necessitano di tutele, non di esclusione».
Berardinetti rilancia poi il pensiero del geografo Mauro Varotto. «Ha ragione il professore: se la legge vuole premiare chi cura la montagna, alzare i limiti è un errore. Bisognerebbe semmai abbassarli, rispettando lo spirito dell’articolo 44 della Costituzione. La toponomastica ci ricorda che esistono montagne vere anche a quote basse. Cancellare le ‘terre di mezzo’ vuol dire colpire le zone storicamente più abitate, oggi in crisi di spopolamento».
«Uncem lo ripete da vent’anni: i criteri puramente altimetrici generano solo attriti e illogicità – conclude il presidente -. Non servono nuove classificazioni che dividono, ma politiche che uniscano. Dobbiamo costruire alleanze tra città e montagna, non alzare muri burocratici che lasciano indietro le nostre comunità».
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