18 Dicembre 2025 - 16:25:56
di Vanni Biordi
Un ricorso che potrebbe aprire la strada a centinaia, forse migliaia di opposizioni. È stato depositato innanzi al Giudice di Pace di L’Aquila il primo atto formale contro le cartelle esattoriali emesse dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione per conto della Asl 1 Avezzano-Sulmona-L’Aquila. Si tratta di richieste di pagamento inviate ai cittadini per presunte mancate disdette di prenotazioni sanitarie, anche quando le visite e gli esami erano stati regolarmente eseguiti. Una vicenda che ha già assunto i contorni di un caso nazionale, con oltre 150.000 avvisi recapitati negli ultimi anni e un malcontento diffuso che ha portato a definire queste notifiche “cartelle pazze”.
La protagonista del primo ricorso è una cittadina aquilana che, ricevuta la cartella, ha deciso di non pagare. A differenza di migliaia di altri utenti che hanno ceduto alla richiesta, la donna ha scelto di contestare l’atto, ritenuto illegittimo, rivolgendosi alla magistratura. A patrocinare la causa è l’avvocato e professoressa Carlotta Ludovici, di recente eletta Consigliere Nazionale dell’Associazione dei Consumatori ADICU – aps, già responsabile dello sportello aquilano e membro della Commissione paritetica per Poste Italiane.
Il nodo centrale della vicenda riguarda la natura delle prestazioni contestate: visite ed esami effettivamente svolti, per i quali non era necessaria alcuna disdetta. La richiesta di pagamento appare dunque come un doppio onere: da un lato il ticket già corrisposto, dall’altro la sanzione per una presunta mancata cancellazione. A complicare ulteriormente il quadro, le prenotazioni risalgono a circa dieci anni fa, dunque ampiamente prescritte. La legge, infatti, stabilisce limiti temporali precisi per la riscossione dei crediti, proprio per evitare che somme non dovute possano essere richieste sine die.
Il silenzio protratto della Asl e l’invio diretto di atti esecutivi, senza alcun preavviso bonario, hanno alimentato la percezione di una violazione dei principi di trasparenza e correttezza cui ogni pubblica amministrazione è tenuta. Non a caso, la questione è stata discussa anche in sede politica: lo scorso 20 marzo, in Commissione Vigilanza della Regione Abruzzo, l’allora direttore generale della Asl 1, Romano Ferdinando, non ha saputo fornire risposte convincenti. Le richieste di pagamento sono apparse “casuali”, inviate per recuperare somme senza un criterio giuridico solido. Eppure, secondo quanto dichiarato, l’azienda sanitaria avrebbe già incassato oltre due milioni e mezzo di euro.
Un altro punto critico riguarda la prova della disdetta. Per anni, la prassi è stata quella di annullare le prenotazioni telefonicamente. Ma come può un cittadino dimostrare oggi, a distanza di dieci anni, di aver effettuato una chiamata? La Asl non ha mai indicato modalità alternative obbligatorie né fornito strumenti di verifica. Si tratta di una vera e propria “probatio diabolica”, che rischia di comprimere il diritto di difesa garantito dalla Costituzione. Le contestazioni, sottolineano i legali, devono essere immediate e non tardive, soprattutto quando il credito è ormai prescritto. Inoltre, l’ente aveva l’onere di comunicare in modo chiaro e preventivo l’obbligo di disdetta e le conseguenze della sua omissione. Nulla di tutto ciò è avvenuto.
Il caso ora approda in tribunale e potrebbe segnare un precedente importante. L’ADICU invita i cittadini a rivolgersi allo sportello aquilano per presentare ricorsi e tutelare i propri diritti. Nel frattempo, si consiglia di effettuare le disdette in modalità telematica, con ricevuta, per evitare future contestazioni. Ma resta il nodo di fondo: migliaia di persone sono state raggiunte da richieste di pagamento prive di fondamento, e la giustizia è chiamata a fare chiarezza su una vicenda che mette in discussione il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni.
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