14 Ottobre 2023 - 19:37:36
di Tommaso Cotellessa
Nel pomeriggio di oggi, sabato 14 ottobre, i Consiglieri comunali di Fratelli d’Italia assieme al coordinamento cittadino del partito che esprime le più alte cariche politiche del territorio aquilano e regionale si sono dati appuntamento ai quattro cantoni per presidiare il centro storico e confrontarsi con i cittadini sulla tematica della sicurezza in città.
Da mesi note stampa e comunicati, provenienti tanto dalla maggioranza quanto dall’opposizione, affollano i quotidiani in un oscillare fra la descrizione di una città allo sbaraglio in preda a squadriglie armate e le rassicuranti negazioni di ogni tipologia di negligenza volte a descrivere una placida cittadina immersa nella sua incontrastata serenità.
La stessa maggioranza, e gli stessi partiti che la compongono, al loro interno avanzano descrizioni della situazione discordanti fra loro, diversi consiglieri di maggioranza infatti sono intervenuti sul tema richiedendo azioni risolutive mentre altri esponenti tra cui il sindaco sembrano non guardare di buon grado tali interventi percepiti quasi come denigratori. Le opposizioni non hanno tardato a rappresentare gli attriti all’interno della maggioranza, definendo il sindaco come “il soldato giapponese che si accorse dopo trent’anni che la seconda guerra mondiale era finita: continua a dire che L’Aquila è una città sicura ma, oramai, è stato smentito persino dal suo partito“.
A raccontare le posizioni su questa tematica però non sono solo le parole, ma anche le immagini. Nella foto allegata a questo articolo troviamo infatti schierati diversi militanti del partito, ma fra questi manca proprio l'”underdog” di palazzo Fibbioni.
I militanti aquilani del partito di Giorgia Meloni si sono dati appuntamento in uno dei luoghi che è divenuto simbolo del problema della sicurezza in città, i portici di S. Bernardino che più volte sono stati teatro di episodi di violenza, ed hanno dichiarato “Non siamo disponibili ad accettare che ci sia un peggioramento della percezione del rischio tra i nostri concittadini“, l’intento dell’appuntamento è stato quello di confrontarsi con la cittadinanza e con gli esercenti per spiegare le iniziative adottate dall’esecutivo “affinché ogni forma di delinquenza venga debellata e si riacquisisca da subito il senso di sicurezza che caratterizza la nostra amata città“.
Andando a vedere quali sono queste iniziative adottate, concretamente possiamo andare a leggere il protocollo d’Intesa “Mille Occhi sulla città”, sottoscritto Prefettura dell’Aquila, Ufficio Territoriale del Governo e Comune dell’Aquila.
Nel protocollo dal titolo orwelliano, che avrà una durata di due anni, viene sancita la nascita di “un piano di collaborazione informativa tra le Forze di Polizia, il Corpo di Polizia Municipale e gli Istituti di Vigilanza Privata” di cui il Questore dell’Aquila coordinerà le modalità operative. Inoltre lo stesso Questore è stato investito del compito di costituire un tavolo tecnico per coordinare le forze dell’ordine coinvolte. (In allegato, al termine dell’articolo, il documento integrale del protocollo)
Una cosa però è certa, bisogna uscire dall’ottica dell’Aquila come ridente città immersa nella pace dei monti, così come dalla narrazione che racconta il capoluogo abruzzese come un Bronx in cui girare con elmetto e giubbotto antiproiettile. Per fare ciò è necessario combattere le due tendenze che generano tali prospettive, quella del terrore e quella della negazione.
Non si può negare il problema della sicurezza dinanzi al reiterarsi di episodi di violenza, ma non si può essere nemmeno tanto miopi da guardare solo gli effetti senza soffermarsi su una ricerca delle cause possibili. Argomenti da inserire all’interno della discussione sul tema della sicurezza sono senza alcun dubbio l’esito della ricostruzione immateriale, la condizione dei giovani e giovanissimi in città, il risultato dei processi di integrazione all’interno della comunità cittadina e la condizione del tessuto socio-economico .
Si dovrebbe uscire dalla facile e rassicurante criminalizzazione degli episodi alla quale si risponde con il pugno duro e si dovrebbe inserire una parola troppo desueta: “comunità”.
I sentimenti da diffondere non possono continuare ad oscillare fra la paura e la rassicurazione, in un ondeggiare fra azione e reazione. Dinanzi alle crescenti richieste di sicurezza l’unica risposta non può essere il pugno di ferro e la promessa di strette sui controlli, affianco alle dovute azioni da intraprendere volte alla tutela della cittadinanza, è necessario affrontare la tematica con una prospettiva di più ampio raggio ponendosi interrogativi sulle origini degli episodi e non solo assumendo toni assertivi dinanzi agli epiloghi. Sentimenti che andrebbero diffusi sono quelli relativi alla responsabilità e alla tutela del benessere di tutte e di tutti.