01 Novembre 2023 - 10:24:58
di Giustino Masciocco
Riceviamo e volentieri pubblichiamo, un intervento dell’ing. Claudio Panone, sulla ricostruzione della frazione di Paganica
Per i paganichesi la piazza principale, divenuta tale solo dopo la costruzione delle Mura di cinta, e dedicata nel 1900 a Umberto I, dopo quasi quindici anni dal terremoto è solo il luogo dove si parcheggiano, magari in malo modo, le automobili e dove solo alcuni pensionati, occupando le panchine, danno un piccolo segno di vita.
La vita di questa piazza si è fermata, infatti, alla mezzanotte del 5 aprile 2009, al rientro della fiaccolata della domenica delle Palme, quando era gremita di diverse centinaia di persone.
La piazza ha sempre avuto un ruolo fondamentale come punto di aggregazione e di riferimento nelle città ma soprattutto nei centri minori; con la ricorrente frase “ci vediamo in piazza!”, semplice ma chiara ed inequivocabile, comunichiamo ad un amico o a un conoscente che l’incontro avverrà nel solito posto.
Nel corso dei secoli, ha assunto le più svariate funzioni: civiche, religiose, commerciali, sportive, per iniziative popolari e per questa ragione, la piazza, come in generale qualsiasi spazio pubblico, è un luogo spontaneo d’incontro e riveste un simbolo di democrazia.
Già nell’antica Grecia l’Agorà era il luogo adibito alle riunioni politiche pubbliche; nella concezione barocca rappresenta il salotto delle città e di qualsiasi piccolo centro, un luogo dove storia, arte, architettura e cultura si fondono assumendo il ruolo di perno della vita urbana affermando l’identità di un popolo e rafforzandone l’unità.
La piazza adempie, quindi, alla funzione per la quale è nata: creare uno spazio per tutto e per tutti. Piazza Umberto I, da troppo tempo,ormai da quindici anni, non adempie più le proprie funzioni; su di essa affacciano oltre alle proprietà private, emergenze architettoniche di pregio: la Chiesa Parrocchiale “S. Maria Assunta”, il “Palazzo ducale”, il “Cortile del Palazzo ducale”, che mette anche in comunicazione la “Villa comunale”, la “Casa comunale” e al suo centro si trova la “Fontana ottagonale”.
I lavori di restauro del primo lotto della Chiesa S. Maria Assunta, iniziati nel 2017 con sei anni di ritardo si sono conclusi, ma è stata interessata solo la parte anteriore,mentre la parte che contiene il transetto rischia ulteriori danni oltre quelli, già gravi, prodotti dal sisma.
Nel 1648 l’antica chiesa basilicale di Santa Maria (del tipo della Chiesa di S. Giustino) fu abbattuta e iniziò la costruzione di quella attuale dedicata a Santa Maria Assunta, riutilizzando tutto il materiale. Le pietre con lavorazioni pregiate, come il meraviglioso “parapetto d’ambone”, che rappresenta fini decorazioni vegetali e animali, è stato incastonato nella facciata principale.
Nel 1655 fu ultimata la semplice facciata proto-barocca, a coronamento orizzontale, caratterizzata a metà altezza da una balconata di ferro battuto, utilizzata per la mostra delle reliquie dei santi evangelizzatori del territorio, a cui si accede da una porta-finestra a timpano triangolare spezzato, come testimonia l’incisione presente sullo stemma di Paganica (collocato al di sopra della stessa finestra presente in facciata).
La chiesa, per la sua originalità derivante dalla ricerca stilistica barocca, sullo schema della chiesa gesuitica di tradizione tardo-cinquecentesca, è riportata in vari libri di Storia dell’Architettura di carattere nazionale.
Il Palazzo ducale, esempio unico di architettura civile barocca napoletana in Abruzzo, violentato dai troppi “restauri!”, chiesto all’Amministrazione comunale dell’Aquila, ventotto anni fa, dall’Associazione Culturale il Moro,per un progetto di riqualificazione e di sviluppo turistico, culturale e sociale della X Circoscrizione (area museale per le emergenze archeologiche, gipsoteca, biblioteca, sala conferenze), prima concesso è stato poi affidato, nel 2003, alla Provincia per un utilizzo gratuito e ventennale, per fare “nulla”, cioè la “Scuola e il Museo delle tecniche in architettura”, che nessuno ha mai visto realizzati, nonostante l’acquisto di arredi!; e sono trascorsi venti anni!
Costruito dal napoletano Giovanni di Costanzo, il Palazzo sorse come una dimora signorile, ricca di ambienti, cinta di parco, e nel parco un delizioso chioschetto con una suggestiva scultura raffigurante due delfini che portano in groppa un putto sorreggente una cestina ricolma di frutti di mare. Su un vasto piazzale si aprono due fronti monumentali della villa carichi di stemmi; il terzo fronte non è che una decorazione eretta per evidenti motivi di simmetria.
Sul ripiano della scala a due brevissime rampe, che si svolge con un ritmo armonioso e leggiadro, è disteso il corpo seminudo della ninfa delle fonti, dormiente, e sulla sua base una frase: “Se i preghi o passegger, han luogo e ponno, guardami, passa e non disturbarmi il sonno”.
La villa stendeva il fronte di ponente sopra un labirinto di siepi cui è attiguo il parco. Il viale centrale era fiancheggiato da alte pareti di siepi e coperto da una frondosa volta formata da due file di lecci: i due viali minori laterali erano anch’essi coperti da una volta arborea. Getti d’acqua riempivano tre vasche e un laghetto arredava il contesto. Nel pianterreno del palazzo erano sistemate una biblioteca, la sala del biliardo, una saletta da gioco e diversi salottini. Nel piano nobile, una vasta sala con le pareti coperte di tela di semola fiamminga e napoletana, sulla quale si aprivano la piccola cappella e la sala da pranzo; si accedeva da un lato alle numerose sale di rappresentanza e dall’altro alle stanze private.
Di notevole bellezza artistica la “sala degli specchi” con fregi di stile rococò (ormai persi per le infiltrazionidi pioggia nel corso di uno dei restauri) e con alcuni dipinti, ora conservati nel palazzo del Comune dell’Aquila. Interessanti le scuderie della villa, ora ospitanti il “Centro civico”.
Dopo le promesse decennali, inevase, di acquisizioni di palazzi con annessi parchi, di spazi per la realizzazione di una grossa piazza, della valorizzazione del Corso Duca degli Abruzzi, della mancata realizzazione di un invaso artificiale, per l’agricoltura, in località Pontignone, e di tanti altri buoni propositi,Paganica ha anche avuto la possibilità di risollevarsi ospitando, immediatamente dopo il terremoto,la Facoltà di Filosofia dell’Università dell’Aquila, ma ciò è non è stato possibile perché, nel “centro polifunzionale” si sarebbe dovuto realizzare qualcosa di sconosciuto, a livello europeo: anche questo nessuno l’ha mai visto! Sono trascorsi altri quindici anni, e, addirittura, il “centro polifunzionale” sarà demolito!
Ciò che i paganichesi “attempati” ricordano bene sono stati, però, i tanti reiterati tentativi (fortunatamente scongiurati), delle diverse amministrazioni che si sono succedute, della localizzazione, nel proprio territorio, dei siti per ospitare discariche.
L’evento che ci ha interessato, è stato, invece, al netto dei lutti,un’occasione perduta soprattutto per un rinnovamento urbano dell’identità e della rivitalizzazione dei centri storici delle frazioni colpite. E’ mancata la fase in cui oltre a ripristinare le condizioni di vita e di lavoro preesistenti, si sarebbero dovute porre le basi per un rafforzamento del ruolo dei centri per il futuro delle comunità insediate.
La ricostruzione avrebbe dovuto assumere pertanto una valenza strategica e individuare le opportunità per la rigenerazione dei centri, per farli rivivere di una vita nuova, in parte diversa da prima non solo in merito alla sicurezza nei riguardi di futuri terremoti ma anche per quanto attiene alla qualità della vita.
Per promuovere il recupero edilizio e la ricostruzione della scena urbana ai tradizionali strumenti del progetto edilizio e del restauro dei luoghi storici avremmo dovuto sommare la capacità d’immaginare nuove linee d’indirizzo per una ripartenza economica e sociale; avremmo dovuto assumere azioni e iniziative anche immateriali capaci di accompagnare la rinascita dei centri, la ripresa delle attività economiche, la riqualificazione delle funzioni urbane e degli spazi della socialità.
Si sarebbe dovuto attivare un dialogo costruttivo con le forze economiche e sociali per tradurre i suggerimenti in un documento a carattere programmatico, in un “piano organico”, e non in un semplice e lungo “rifacimento”.
Così scriveva Francesco Scoppola all’indomani del sisma dell’Aquila: “Le catastrofi naturali ci mettono duramente alla prova, ben oltre le nostre capacità di reazione. Per questo è necessario rispondere nel modo migliore possibile, perché ogni risposta sarà comunque insufficiente a fronteggiare quanto è avvenuto e quanto potrà avvenire in futuro: il confronto con le forze naturali è comunque impari. In questo spirito, in questa logica, in uno stato d’animo che non può che essere teso costantemente a cercare quanto può essere imperfetto e quindi migliorato. Ma ovvie ragioni di rispetto per chi ha sofferto, e di gratitudine per chi più si è impegnato, impediscono in genere di parlare liberamente di quanto si poteva fare e non è stato possibile o anche solo di quanto poteva essere fatto diversamente. E’ normale e comprensibile che sia così, ma nei limiti del possibile occorrerebbe attingere all’esperienza, è il principio base della Scienza.Non si combattono i terremoti (o le frane o le piene o le epidemie) con la popolarità, ma con la competenza degli esperti, anche se i loro pareri non sono condivisi dalle masse”.
Per le scelte fatte per la ricostruzione dei paesi, c’è il rischio che tra vent’anni, o certamente più, potremmo avere tanti centri storici simili a quelli del Belice o dell’Irpinia ormai quasi disabitati.
Paganica, però, non è un paesello sperduto, è una realtà, la più grande intorno al capoluogo che ha perduto la propria identità solo per sopraffazione!, non per scelta e purtroppo fra qualche tempo forse perderà anche le due chiese che stanno per crollare: S. Maria degli Angeli (più nota come chiesa di S. Antonio) e “Santu Rivoru” (S. Gregorio).
A questo punto mi chiedo: passano gli anni e quei pensionati avranno finalmente la soddisfazione di rivivere, almeno, la piazza come nel passato?
Chi può, faccia in modo che ciò avvenga e soprattutto faccia risorgere un glorioso ex Comune!