28 Dicembre 2023 - 11:07:41
di Redazione
I lavori di rifacimento e riqualificazione di piazza Chiarino all’Aquila hanno restituito alcune testimonianze di grande importanza per rileggere la storia medievale della città.
Gli scavi effettuati nel mese di ottobre scorso, infatti, oltre al rinvenimento di alcune sepolture senza corredo e alcuni reperti di pietre e laterizi provenienti dalla scomparsa chiesa dei Santi Giustino e Martino, hanno restituito una statua in pietra bianca, alta circa 37 cm, rappresentante un guerriero armato.
Potrebbe trattarsi, fanno sapere dalla Soprintendenza Abap, della raffigurazione di un nobile o, più probabilmente, di San Cristoforo, caratterizzato, secondo la consuetudine iconografica, dalla folta barba e dai lineamenti del viso marcati. Inoltre, la figura indossa un gonnellino a pieghe con vistosa cintura, alla quale è appesa una spada. Il mantello è legato al collo e sulla spalla sinistra poggia un elemento che sembra cingere le spalle del guerriero con l’estremità inferiore caratterizzata da un elaborato panneggio, mentre quella superiore purtroppo è mutila.
L’ ipotesi che possa trattarsi del Santo guerriero romano che tentò di convertire i suoi commilitoni e pertanto martirizzato, sembra la più valida perché San Cristoforo è sempre raffigurato come un gigante (era originario della tribù barbara degli Antropofagi), che trasporta sulle sue enormi spalle Gesù Bambino (l’elemento oggi purtroppo lacunoso, che però certamente indossava una tunica come si intuisce dalla presenza del panneggio), il quale a sua volta sorregge il mondo simboleggiato da un globo.
Il culto per il “portatore di Cristo” (da cui il soprannome di etimologia greca “Cristoforo”), fu d’altronde assai diffuso in territorio abruzzese, come dimostrano molte altre opere d’arte: fra le tante testimonianze conservate si può segnalare un dipinto dell’ambito di Francesco di Paolo da Montereale, ancora oggi ammirabile nel cuore del centro storico dell’Aquila, all’incrocio tra Corso Vittorio Emanuele e via Leosini. L’affresco, guarda caso, si trova non molto lontano da piazza Chiarino dove, fino al 1931, anno della sua demolizione, insisteva la chiesa dedicata ai Santi Giustino e Martino. Quasi certamente la statuetta rinvenuta qualche settimana fa proviene da quest’edificio, testimoniando ancora una volta la devozione degli aquilani per uno dei quattordici Santi ausiliatori (“che recano aiuto”) particolarmente invocati
in occasione di calamità naturali o per la protezione da gravi pericoli. Il patrocinio di San Cristoforo era invocato soprattutto durante le epidemie di peste, spesso ricorrenti a L’Aquila nei primi secoli della sua storia. Anche le sepolture rinvenute, così come le labili tracce di fondazioni, sono da mettere in relazione con la preesistente chiesa.
La storia della chiesa
Come riportato dallo storico Luigi Lopez, la Chiesa dei santi Giustino e Martino era un edificio di modeste proporzioni, che tuttavia ebbe anche il titolo di Badia: era stato eretto dalla popolazione di Villa San Giustino -un piccolo centro abitato vicino Paganica- motivo per cui era stata consacrata al Santo omonimo, vescovo di Chieti nel VI sec. che, secondo la tradizione agiografica, era zio di Santa Giusta insieme alla quale sarebbe stato martirizzato a Bazzano. La chiesa di San Giustino, alla fine del XV secolo, risulta amministrata dalla chiesa capoquarto di Santa Maria Paganica, poiché non aveva più parrocchiani propri; successivamente, in epoca imprecisata, venne ceduta alla parrocchia di San Martino di Chiarino, assumendo quindi la denominazione di chiesa dei Santi Giustino e Martino, mentre gli aggregati di case attorno divennero sede del “locale” di Chiarino, di cui resta la memoria toponomastica nell’attuale
intitolazione di piazza Chiarino. L’ubicazione della primitiva chiesa eretta dagli abitanti di Chiarino (citato nel Diploma di Federico II nel 1254 tra i castelli fondatori dell’Aquila) è individuabile invece nella Pianta della città disegnata dall’ingegner Vandi e incisa nel 1753, immediatamente a ridosso del convento dei Carmelitani officianti la chiesa del Carmine (già chiesa parrocchiale di Santa Maria di Assergi). Il Vandi, nella legenda che accompagna la pianta, riporta però l’informazione che a quella data San Martino era “diruta”, anche se è impossibile stabilire con assoluta certezza se ciò fosse stata una conseguenza delle demolizioni cinquecentesche per l’edificazione del Castello da parte degli spagnoli oppure la causa
è da riconoscere nei crolli provocati dal Grande Terremoto del 1703. Così come non è dato sapere se materiali di crollo provenienti dalla facciata dell’antica San Martino che sorgeva in prossimità del Castello siano stati ricollocati a piazza Chiarino quando il titolo parrocchiale fu traslato nella nuova sede. Da quel che mostrano le foto d’epoca, si nota come la chiesa demolita avesse una facciata a coronamento orizzontale con campanile a vela e un modesto portale senza colonne, sovrastato da una finestra quadrata, sul fianco sinistro un altro portale analogo al principale e un paio di finestre con imbotti lapidei. Sconsacrata e rimasta senza filiani e privata di rendite dopo la riforma parrocchiale del 1851, rimase sotto la cura delle famiglie della zona per divenire poi un laboratorio di vari artigiani. Nel novembre del 1931 il Comune dell’Aquila, che aveva acquistato la chiesa per £ 15 mila dalla Congregazione di Carità (R.D.L. 3 settembre 1926 n. 1910) procedette alla demolizione giacché si trovava in precarie condizioni statiche. In definitiva, resta quindi tutta da scoprire l’origine della statua di San Cristoforo, che non sembra poter provenire dalla facciata della chiesa di piazza Chiarino, ma che al contrario adornava forse, in principio, il portale della chiesa di San Martino al Castello, in tal caso permettendo quindi di datare la preziosa scultura r all’epoca di massima fioritura dell’edilizia sacra aquilana, sotto i regni angioini di Carlo I e Carlo II, tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo.