WWF Abruzzo sul caso del giovane raggiunto da una scarica di pallini mentre era nei campi
05 Gennaio 2024 - 16:28:36
di pallini mentre era nei campi
Nella stagione venatoria 2022/23, in Italia, la caccia ha ucciso 22
persone e ne ha ferite 57!
Il WWF ritiene assurdo che si dia sempre più spazio a una attività
ludica così pericolosa e inutile. Continuare a sparare ai cinghiali,
come si fa ormai da decenni, non risolve il problema ma lo peggiora
Il ferimento di un agricoltore trentaquattrenne intento a lavorare nel
suo terreno in località Castellana a San Vito Chietino da parte di un
cacciatore ripropone il tema della pericolosità dell’attività venatoria
svolta da parte di soggetti che finiscono per rappresentare un vero e
proprio pericolo per agricoltori, escursionisti e semplici cittadini. È
poi molto grave che, da quanto si apprende dagli organi di stampa, il
responsabile dell’accaduto si sia allontanato non fornendo le sue
generalità, cercando così di sottrarsi alle necessarie indagini.
Secondo i dati forniti dall’Associazione “Vittime della caccia” nella
stagione venatoria 2022/23 in tutta Italia, sono stati uccisi 13
cacciatori (1 in Abruzzo) e 9 non cacciatori, e sono stati feriti 44
cacciatori (1 in Abruzzo) e 13 non cacciatori, per un totale di 79
persone rimaste uccise o ferite nei circa 5 mesi della stagione
venatoria. Un numero impressionante per quella che a tutti gli effetti è
una attività ludica. A far riflettere è soprattutto il dato dei 22 “non
cacciatori” rimasti uccisi o feriti a causa della imperizia o negligenza
di chi è autorizzato a muoversi in natura armato di armi, fucili o
carabine che siano, estremamente pericolose.
Quanto è accaduto a San Vito rappresenta il tragico epilogo di una serie
di comportamenti irresponsabili che vengono denunciati con sempre
maggiore frequenza. I cacciatori sparano spesso senza rendersi conto di
chi si trova nelle prossimità, si avvicinano troppo alle case e ai
centri abitati, in orari sbagliati e senza rispetto per le proprietà
altrui e per il diritto di tutti di vivere o lavorare in campagna o fare
un’escursione in montagna senza rischiare la vita solo perché una
stretta minoranza si diverte a sparare.
La mancanza di controlli sul territorio rende molti cacciatori sempre
più arroganti anche nei confronti dei proprietari di terreni e case
isolate quando provano a chiedere il semplice rispetto delle norme che
regolano questa pericolosa attività. La Regione, del resto, da anni non
organizza corsi per guardie venatorie volontarie, le Polizie provinciali
sono state praticamente cancellate e dove sono rimaste ci sono
pochissimi agenti operativi sul territorio, i Carabinieri-forestali sono
comunque pochi e impegnati in un gran numero di attività.
Inoltre, la tendenza ad allargare i periodi di caccia – come ha fatto la
Regione recentemente con il piano cinghiali – oltre a non aver alcun
effetto positivo sulla limitazione dei danni all’agricoltura, finendo
addirittura per aumentarli come affermato dai tecnici indipendenti che
studiano questo fenomeno, fa crescere il rischio per cittadini,
agricoltori ed escursionisti di rimanere impallinati, o peggio.
Bene farebbe la Regione Abruzzo a intraprendere la strada percorsa da
altre regioni, che in virtù dello smantellamento delle polizie
provinciali e del passaggio delle competenze su caccia e pesca da
province a regioni, hanno istituito le polizie regionali, anche
riassorbendo e/o integrando con nuove assunzioni il personale che si
occupa di vigilanza che nella nostra Regione oramai non esiste più.