24 Gennaio 2024 - 11:18:04

di Martina Colabianchi

Far ricorso all’intervento dell’esercito per garantire il servizio di “continuità assistenziale” nell’Alto Sangro: questa la proposta messa in campo da Regione e Asl in risposta alla mobilitazione che ha visto protagonisti i Comuni di Pescasseroli, Pescocostanzo, Opi, Villetta Barrea, Civitella Alfedena e Barrea.

Ripristino del servizio di 118 con ambulanza medicalizzata e del servizio di continuità assistenziale (guardia medica) nell’area del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise: questa, infatti, la richiesta della Cgil della provincia dell’Aquila per i territori dell’Alto Sangro e che, per queste ragioni, ha indetto una raccolta firme che ha riscosso notevole successo tra la popolazione.

Oltre 1500 le firme raccolte che concretizzano, così, un grido d’allarme alla politica regionale sulle precarie condizioni in cui versa la sanità di base nelle aree più interne dell’Abruzzo.

Dura la reazione del consigliere regionale dem Pierpaolo Pietrucci che, in una nota, stigmatizza la proposta di Regione e Asl.

Non può essere vero che un presidente di Regione e un suo direttore generale della ASL pensino di sfuggire alle loro responsabilità con un trucco così meschino e grave – scrive Pietrucci –. La mobilitazione dell’Alto Sangro promossa dai Sindaci, dalla CGIL, dai cittadini che in migliaia stanno firmando per chiedere – anzi pretendere, come è giusto che sia – di garantire il servizio di continuità assistenziale (ex guardia medica) per Pescasseroli, Pescocostanzo e Castel di Sangro va risolta con atti definitivi e coerenti“.

“Invece, chiedendo l’intervento provvisorio dei medici dell’esercito, non solo si ammette il fallimento, ma si prende in giro la gente perché fra qualche settimana tornerà tutto come prima“.

Negli anni passati – prosegue il consigliere – divenne famosa una parodia dell’allora sindaco di Roma, Alemanno, che per ogni esigenza del Comune (da una spolverata di neve al problema dei rifiuti) se ne usciva gridando “Chiamo Esercito!” Qui non c’è proprio niente da scherzare, invece. Non si gioca con la vita e la salute delle persone“.

L’esercito è una preziosissima risorsa di competenze, generosità e capacità di intervento: ma è giusto che operi nelle emergenze e non sostituendosi agli Enti locali nella loro amministrazione quotidiana. A garantire i diritti dei cittadini deve pensarci la politica intervenendo con soluzioni giuste, coraggiose e prendendosi le proprie responsabilità: ed è quello che faremo con Luciano D’Amico governando il futuro della Regione“, conclude Pietrucci.

La Cgil della provincia dell’Aquila, intanto, annuncia battaglia anticipando che il prossimo 1 febbraio 2024, alle 11, sarà di nuovo in piazza, sotto la direzione generale della ASL dell’Aquila, “a manifestare il nostro dissenso verso scelte che non ci appartengono, non condividiamo e che contrasteremo in ogni modo”.

“Apprendiamo con rabbia e sconcerto della scelta della Direzione Generale della ASL di Avezzano Sulmona L’Aquila di far fronte alle gravi carenze sanitarie nell’area montana dell’Alto Sangro attraverso l’intervento dell’Esercito. Se tale decisione dovesse trovare conferma sarebbe di una gravità inaudita e nel contempo rappresenterebbe una offesa per tutte le popolazioni che vivono nelle aree interne sentendosi trattate in termini emergenziali”, scrive il sindacato in una nota.

La Cgil sottolinea come l’intervento militare in un’area che necessita di ben altre scelte ed attenzioni sia “la manifestazione plastica del totale fallimento della capacità amministrativa e programmatoria della Direzione Strategica della Asl e dell’Assessore Regionale alla Sanità, nonché il fallimento della politica nell’individuazione del Direttore Generale che, come è noto a tutte e tutti, è di nomina ed appartenenza politica delle maggioranze che si susseguono al governo della Regione Abruzzo. È ormai palese il disinteresse verso i bisogni della nostra comunità, conta più una tessera di partito del diritto alla salute e alle cure, conta più una carriera personale della dignità delle persone, conta più un conto economico della vita di chi si ammala. L’utilizzo dell’esercito avviene di norma nelle fasi emergenziali e noi di nuovo ripiombiamo in quella condizione, ma questa volta a causa di scelte sbagliate, parziali e approssimative, a causa di una inammissibile disattenzione e sottovalutazione. Infatti, non siamo in emergenza per eventi eccezionali ed improvvisi o per calamità naturali, ma semplicemente perché chi avrebbe dovuto svolgere il suo dovere non l’ha fatto, mortificando un intero territorio ed una popolazione che continua a vivere una condizione di precarietà ed abbandono”.

“L’utilizzo delle forze militari è un atto grave – prosegue la Cgil – è l’ammissione di responsabilità di un fallimento preannunciato, aggravando quel senso di precarietà e smarrimento che da troppo tempo attanaglia la popolazione del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise. Le aree interne meritano attenzione e non la dichiarazione dello stato di emergenza attraverso la presenza dell’Esercito. Si risponde alle necessità dei territori con la capacità di programmare gli interventi, con la consapevolezza dei bisogni e con la conoscenza del territorio, tutti fattori estranei a questa Direzione Strategica della ASL e alla Regione Abruzzo. Interventi temporanei e sconclusionati solo per sbarcare la prossima competizione elettorale non servono a nulla, non riconsegnano dignità alle persone, ma producono ulteriori danni, rischiano di generare un vulnus non più recuperabile“.

“Torniamo a ribadire che abbiamo bisogno di attenzione, di programmazione, di investimenti, finisca la narrazione tossica del “va tutto bene” e si affrontino i problemi veri come l’accesso alle cure, il diritto alla salute, il mantenimento del sistema sanitario pubblico, universale e gratuito, si torni a rappresentare i bisogni delle persone, partendo dalle loro condizioni materiali e dalle loro necessità. Basta disuguaglianze, vivere nelle aree più remote della nostra provincia non può più essere un problema, ma deve essere una opportunità”, conclude.

Scriveva Walter Benjamin che “la tradizione degli oppressi ci insegna che lo stato di emergenza in cui viviamo è la regola”.