09 Aprile 2024 - 10:34:57
di Tommaso Cotellessa
Le tensioni in Congo hanno costretto Francesco Barone, professore dell’Università dell’Aquila e presidente dell’associazione Help Senza Confini, al rientro anticipato per ragioni di sicurezza dalla sua 60esima missione in Nord Kivu.
Come ha spiegato il docente universitario, in questi territori è attualmente in atto una vera e propria guerra, un conflitto pericoloso fra due eserciti. Da una parte dello schieramento i militari del governo congolese e dall’altra le truppe del gruppo ribelle M23. Lo scontro porterà di certo morte, ingiustizia e distruzione, Barone racconta di un clima estremamente teso anche a causa della scarsità delle informazioni reperibili in merito alla reale portata dei danni.
“Non conosce tregua il conflitto che sta coinvolgendo i militari del governo congolese e il gruppo ribelle M23 – ha spiegato il professore una volta atterrato a Fiumicino – la tensione è alle stelle e ho dovuto anticipare il rientro. Negli ultimi giorni si sono succeduti una serie di attacchi ai campi profughi che circondano la città di Goma. Forze militari e mezzi blindati si incontrano per le strade della città di Goma, anche in aree di accoglienza dove qualche ora prima avevamo operato noi”.
Nelle ultime settimane i combattimenti hanno riguardato la città di Sake, che dista circa 20 chilometri da Goma.
“La gestione è fuori controllo – ha detto ancora – sono numerosi i profughi che hanno abbandonato le loro abitazioni per sfuggire a violenze e uccisioni. Il clima è molto teso, la tensione si legge nei volti di chi sta soffrendo per mancanza di alimenti, medicine e acqua potabile. Si tratta di una guerra vera e propria in cui si fronteggiano due eserciti contrapposti. Indubbiamente la causa è riconducibile alla volontà di potersi accaparrare delle risorse minerarie di cui il Nord Kivu è ricchissimo. Sottovalutare questa attuale e delicata situazione vuol dire non aver compreso i reali rischi di un altro eventuale genocidio“.
Difficile, del resto, fare le stime della portata della crisi. “Non si riesce a capire – ha sottolineato Barone – quale sia il numero esatto dei rifugiati, sicuramente non meno di 600mila attorno alla città di Goma. Recandomi con altri operatori umanitari in alcuni campi profughi, ho potuto constatare la scarsità di cibo, medicine e acqua potabile. Gli unici ripari di cui dispongono migliaia di bambini, donne e uomini, sono semplici capanne costruite con sacchi di telo“.
Nei giorni scorsi, il dottor Théofile Bizimana Revoca, direttore generale del Centro ospedaliero di Rusayo aveva conferito a Barone un certificato di merito “per il suo impegno a favore dell’ospedale anche in un periodo di guerra”.