15 Giugno 2024 - 16:53:29
di Redazione
“Giovedì pomeriggio, alle ore 16, abbiamo incontrato informalmente il rettore dell’Università degli Studi dell’Aquila Edoardo Alesse in rettorato accettando quello, da lui stesso definito, un ‘invito di cortesia’. Il rettore si è innanzitutto dimostrato disinteressato nel fare un incontro pubblico attraversabile da studenti, docenti e giornalisti, affermando di non riconoscere i problemi che abbiamo sollevato e aggiungendo di non avere tempo da perdere nonostante la raccolta firme presentatagli di 200 sottoscrizioni, depositate sia da studen3 che da docenti e cittadini, dimostrasse l’interesse del corpo studentesco nel colloquio da noi proposto“.
Lo scrivono in una nota gli Studenti per la Palestina.
“Da parte sua, la proposta, è stata quella di agire attraverso il senato accademico, come se le istanze degli studenti fossero legittime solo se inoltrate per vie istituzionali: la sensazione è stata quella di assistere al tentativo di rimandare un confronto che non ha intenzione di affrontare – aggiungono – Questo è il motivo principale per cui ieri abbiamo deciso di chiudere le porte del polo di economia, che avrebbe dovuto ospitare un convegno ieri alle 10:30 con Edoardo Alesse, con una catena e un lucchetto. C’è tempo per i convegni, ma non per gli studenti?”.
“Inoltre, durante l’incontro ha ribadito le posizioni della CRUI e si è dimostrato irremovibile, rifiutando una rivalutazione dei rapporti che l’Univaq intrattiene con la Leonardo. A rendere ancora più evidente la sua posizione, è stato il rifiuto di definire quest’ultima ‘azienda bellica’ preferendo il termine ‘benefico collaboratore’, nonostante, sia di dominio pubblico, il suo ruolo di principale esportatrice di armi dall’Italia. Noi siamo preoccupati perché temiamo che questo rapporto, tra l’università e la Leonardo, possa generare dati che aiutino queste aziende belliche a inventare nuove armi e perfezionare quelle già esistenti. Infatti, lo stesso rettore, ha ammesso che questi progetti possono essere usati anche a scopo bellico da parte dell’azienda, ma sembra non interessargli particolarmente. I contratti dicono che non lo saranno direttamente, quindi la loro coscienza è pulita, la loro responsabilità sollevata.
Il rettore afferma la presenza di forme di controllo in merito senza però specificare quali, ma basta fare piccole ricerche per apprendere che la legislazione in merito è molto debole specialmente dal momento in cui, al termine della ricerca, i risultati diventano di proprietà dell’università tanto quanto dell’azienda che può usarli per gli scopi che preferisce. Ha dichiarato che per lui la ricerca è sempre sacra e noi ci chiediamo se lo sia anche quella volta alla produzione di armi e, indirettamente o non, al genocidio di un popolo”.
“In ultimo, la nostra preoccupazione è stata definita un’offesa verso il corpo accademico poiché, secondo loro, sindachiamo sulla loro etica – concludono – a nostro avviso l’ennesimo modo per delegittimare l’esigenza da parte dell3 student3 di ridiscutere e problematizzare l’accesso che le aziende belliche hanno nelle università e nella ricerca. Questo incontro ci ha lasciato ben poco oltre i soliti interrogativi: quando ci sarà la possibilità dell’incontro pubblico che vogliamo, di una discussione aperta? Quando l’Univaq avrà il coraggio di esporsi e confrontarsi con gli studenti?”