02 Luglio 2024 - 18:38:36
di Martina Colabianchi
La Sezione disciplinare del Csm, con sentenza depositata oggi, ha disposto il “trasferimento” al Tribunale dell’Aquila “con funzioni di giudice civile” del magistrato Andrea Padalino, ex pm di Torino e che era già stato trasferito in passato a Vercelli come giudice del lavoro.
Padalino, che era stato assolto in via definitiva sul fronte penale dalle accuse di corruzione in atti giudiziari e abuso d’ufficio in un’inchiesta, passata per competenza a Milano, su presunti “favoritismi” nella Procura piemontese, è stato però ritenuto “responsabile” di un’incolpazione disciplinare, riqualificata col verdetto del Csm, e assolto dal secondo illecito disciplinare che gli veniva contestato. Ed è stata comminata all’ex pm la “sanzione della sospensione dalle funzioni” per un anno e 6 mesi.
Padalino, che è stato in passato anche giudice ai tempi di Mani Pulite e pm a Torino delle inchieste sui No Tav, è stato ritenuto “responsabile“, dopo la riqualificazione dell’incolpazione da parte della Sezione disciplinare del Csm, di illecito disciplinare “fuori dell’esercizio delle funzioni“, con “uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per sé o per altri“. Gli veniva contestato, infatti, di avere ottenuto nel 2015 da due persone, tra cui un indagato di un’inchiesta a Novara, “agevolazioni e regalie“, tra cui soggiorni in hotel.
Dalla seconda contestazione disciplinare, ossia aver usato in modo irregolare l’auto di servizio, Padalino è stato assolto dal Csm. Nel dicembre 2022 per l’ex pm era divenuta definitiva l’assoluzione nel processo penale: il magistrato, difeso dall’avvocato Massimo Dinoia, era stato assolto nel gennaio 2022 in primo grado e poi la Corte d’Appello milanese aveva confermato l’assoluzione dichiarando inammissibile il ricorso della Procura.
Ricorso che, infatti, come raramente accade (era successo nel processo Eni-Shell/Nigeria), la Procura generale, col sostituto pg Gemma Gualdi, aveva deciso di non portare avanti, con formale rinuncia, in secondo grado. Da qui la inammissibilità dell’impugnazione dei pm dichiarata dalla seconda sezione della Corte d’Appello milanese.
L’inchiesta, nella quale erano stati contestati, a vario titolo, anche i reati di falso e peculato nei confronti di altre persone, era stata trasferita in passato per competenza territoriale da Torino a Milano (sede giudiziaria che si occupa dei reati commessi da magistrati torinesi), dove era stata coordinata dagli aggiunti Eugenio Fusco e Laura Pedio.