08 Luglio 2024 - 12:11:17

di Redazione

Sit-in, questa mattina, nella area antistante il Cup dell’ospedale San Salvatore, e successiva conferenza stampa davanti l’ambulatorio di Ginecologia dell’associazione Fuori Genere per chiedere il ripristino del servizio di interruzione volontaria di gravidanza farmacologica presso l’ospedale aquilano.

L’associazione agli inizi di giugno aveva inviato una lettera aperta alla Asl aquilana e all’assessorato regionale alla Salute, chiedendo delucidazioni sull’interruzione improvvisa del servizio di aborto farmacologico.

Nel 2020, a livello nazionale, il 95,8% delle IVG con metodo farmacologico non è risultato associato ad alcuna complicanza e le complicazioni emorragiche sono state pari a 0,4% e quelle infettive pari allo 0,1% dei casi. Secondo l’Oms, infatti, la procedura dell’aborto farmacologico è ritenuta una pratica medica sicura ed efficace.

“Siamo venuti a conoscenza di un servizio attivato lo scorso gennaio 2023 dall’all’ospedale dell’Aquila diciamo da parte del primario che ora è sostituito dal professor Di Stefano – afferma Lorenzo Ludovico dell’associazione Fuori Genere – All’epoca era stato attivato un servizio importante, perché sappiamo che l’operazione di interruzione di gravidanza chirurgica è attiva, ma è anche vero che si tratta di una vera e propria operazione che ha quindi bisogno di una degenza e anche di una serie di sinergie tra ginecologhe, infermieri e anestesisti non obiettori. L’obiezione di coscienza all’Aquila è al 75%, a Sulmona è al 100% e Avezzano si è presa in carico, da qualche mese a questa parte, l’interruzione farmacologica e quindi le donne vengono dirottate ad Avezzano. Ricordo che le donne che non vogliono l’operazione chirurgiche hanno la possibilità entro la settima settimana di interrompere farmacologicamente la gravidanza. Per poterlo fare devono spostarsi Avezzano e non ci sembra corretto non ci sembra giusto. Chiediamo al professor Di Stefano motivazioni chiare e giustificate sull’interruzione di questo servizio. Si tratta di un diritto della donna ed è giusto che a fianco all’operazione chirurgica ci sia anche la possibilità di attuare l’interruzione in altro modo meno invasivo per il corpo della donna”.

“In base ai dati Istat – ha detto Elena D’Ascenzo di Fuori Genere – Nel 2020 sul territorio italiano nel 95,8% dei casi di IVG quindi l’interruzione volontaria di gravidanza avvenuta con con metodo farmacologico non ci sono state alcun tipo alcun tipo di complicanze. Sappiamo anche che la necessità di ricorrere all’intervento chirurgico dopo la somministrazione del farmaco c’è stata soltanto nel 2,9% dei casi, le complicazioni emorragiche nello 0,4% dei casi e quelle infettive nello 0,1% dei casi. L’Organizzazione mondiale della sanità stabilisce che questa pratica, quindi l’interruzione di gravidanza con RU486 è una pratica sicura ed efficace, inoltre l’aborto è un sancito come diritto fondamentale dall’Unione Europea e quindi la sua criminalizzazione, la sua mancata erogazione, anche i ritardi nella sua applicazione possono essere considerati a tutti gli effetti delle forme di violenza nei confronti delle donne che decidono di ricorrervi. I tentativi di sabotaggio non limitano il ricorso all’aborto, ma determinano cdhe le donne si spostino in altre province o altre regione o addirittura, per questioni di tempi, a ricorrere a metodi non sicuri”.