04 Luglio 2023 - 12:17:06
di Martina Colabianchi
Non sono confortanti i dati raccolti da Openpolis in merito a denatalità e spopolamento in Abruzzo.
Nella nostra regione, infatti, il fenomeno della denatalità sarebbe più marcato rispetto al resto della nazione dove si registra, come in altri Paesi, un declino demografico importante a partire dalla recessione del 2008. In Abruzzo questo sarebbe iniziato, storicamente, ancora prima che nel resto delle regioni, facendo registrare all’inizio del XXI secolo 8,4 nuovi nati per mille residenti, contro la media nazionale che si superava le 9 nascite.
Nel 2021, ultimo anno per cui è disponibile un dato definitivo, i nuovi nati nella regione sono stati 6,5 ogni mille abitanti, a fronte di una media nazionale di 6,8. Si tratta di una quota che pone l’Abruzzo a metà classifica rispetto alle altre regioni italiane.
Il territorio regionale, però, non è certamente omogeneo: se è vero che tutte le province abruzzesi hanno registrato un importante calo di natalità dal 2002 in poi, si rilevano comunque delle variazioni tra esse. Infatti, si registra una forbice che va dai 7 nuovi nati ogni 1.000 abitanti del pescarese ai 6 dell’area aquilana. In mezzo, le province di Teramo (6,6) e Chieti (6,4).
Ovviamente, un altro importante distinguo è da fare tra le aree urbanizzate e i comuni più distanti dalle città, dato che sembrano essere proprio questi a risentire della tendenza alla denatalità. Nel 2020, il tasso di natalità mediano ha superato i 6 nati ogni mille abitanti nei comuni polo e in quelli di cintura della regione, ovvero le città principali. Nei comuni intermedi, invece, il tasso di natalità mediano scende a circa 5 nuovi nati ogni mille residenti. In quelli periferici e ultraperiferici cala rispettivamente a 4,3 e 4,1 nascite per mille abitanti.
Come conseguenza, attualmente solo il 30% dei comuni della regione supera il tasso di natalità rilevato a livello nazionale, pari nel 2020 a 6,8 nuovi nati ogni 1.000 abitanti. Parliamo di 92 comuni su 305, tra cui 6 dove il tasso di natalità ha superato quota 12 ogni mille abitanti. Si tratta di: Guilmi (Chieti), San Pio delle Camere (L’Aquila), Castel Castagna (Teramo), Rosciano (Pescara), Montelapiano (Chieti) e Gagliano Aterno (L’Aquila). Quest’ultimo è anche il comune abruzzese con l’incremento maggiore tra 2014 e 2020: da 0 nuove nascite ogni mille residenti a 12,2.
E tra qualche anno, come evolverà la situazione?
Attorno al 2030 – fin qui si spingono con più certezza le proiezioni disponibili – i residenti in Abruzzo potrebbero essere meno di 1,23 milioni (-4% rispetto ad oggi). Nello scenario di previsione mediano, l’Abruzzo del 2030 potrebbe avere circa 50mila abitanti in meno rispetto all’inizio di questo decennio, ovvero il 3,7% in meno di quanto rilevato nel 2021: un calo ben più marcato di quello medio nazionale (-2,2% nello stesso periodo).
Per tutte le province abruzzesi, da qui al 2030, è previsto un calo della popolazione ma, anche qui, con delle differenze: nel corso di questo decennio è Chieti la provincia che potrebbe vedere la contrazione più significativa, in un territorio dove oggi vivono 375mila persone, potrebbero abitarne 358mila tra meno di un decennio.
La seconda provincia per spopolamento è L’Aquila, con quasi 13mila residenti in meno, pari al 4,4% della popolazione. Seguono Teramo, che potrebbe perdere circa 10mila abitanti (-3,2% rispetto a oggi) e Pescara (con oltre ottomila residenti in meno e un calo del 2,7%).
Restringendo il campo d’indagine, questi trend di spopolamento si riscontrano anche a livello comunale. Tutti i capoluoghi dovrebbero vedere una diminuzione della popolazione, anche se con intensità molto diverse. Il comune di Chieti potrebbe registrare una contrazione del 5,6%, quello di Teramo del 4,7%. Più contenuto il calo previsto per la città di Pescara (-3,5%), mente L’Aquila potrebbe osservare una sostanziale stabilità della sua popolazione in questo decennio (-0,16% nel 2030).
Per rinfrancarsi l’animo con qualche buona notizia, i dati rilevano che non tutti i grandi comuni (cioè quelli sopra 20.000 abitanti e che è, per questo, possibile monitorare) seguiranno questo trend negativo. Ve ne sono, infatti, quattro che vedranno un aumento della popolazione, in tutti i casi comuni della costa: Montesilvano (+3,8% di residenti previsti per il 2030), Francavilla al Mare (+3,1%), Roseto degli Abruzzi (+2,3%) e Vasto (quest’ultimo in realtà sostanzialmente stabile nel decennio in corso: +0,1%).
Al contrario, i 2 comuni che potrebbero registrare i cali più significativi sono Ortona (-5,9% nel 2030) e Sulmona. La città dell’entroterra aquilano potrebbe perdere quasi un abitante su 10 in questo decennio: -9,7%.
Cosa ci dicono questi dati?
Sono tendenze che, per un verso, sembrano proseguire quanto emerso nei decenni scorsi, con lo spopolamento dell’Abruzzo interno e la crescita della costa. E che tuttavia indicano anche dinamiche nuove, con la regressione di alcuni poli, come le città capoluogo di Chieti, Teramo e Pescara, e la stabilità di altri (come L’Aquila). Un’ottima notizia per il capoluogo di regione: i dati raccolti, infatti, mostrano concretamente la ripartenza dell’Aquila nell’ultimo decennio e le proiezioni future non sono affatto scoraggianti. La popolazione residente nel capoluogo regionale, dopo essere scesa dai quasi 69mila abitanti del 2001 a meno di 67mila nel 2011, è arrivata alla fine del 2019 sopra la soglia dei 70mila. Due comuni della sua “cintura”, Pizzoli e Scoppito, mostrano una crescita in doppia cifra nel decennio scorso.
Peraltro, la crescita del capoluogo regionale è avvenuta in parallelo allo spopolamento dei comuni interni non lontani. Come Crognaleto (-18% di abitanti tra 2011 e la fine del 2019), Campotosto (-17%), Fano Adriano (-23%), Pietracamela (-20%). Nel caso dei comuni della costa, l’aumento di popolazione appare molto più flebile rispetto alla crescita registrata dal dopoguerra. Alcune aree litoranee hanno anche perso popolazione nell’ultima decade, è il caso ad esempio di Ortona (-4,6%).
Le aree interne abruzzesi, purtroppo, sembrano spopolarsi ad un ritmo più sostenuto rispetto a quanto registrato nel resto del paese: -3,8% a fronte del -2,7% rilevabile a livello nazionale. Anche qui, però, vi sono delle eccezioni: una di queste è Gagliano Aterno, comune nel cuore della Valle Subequana, dove si è registrato un forte aumento della popolazione residente.
Gagliano Aterno è, infatti, palcoscenico e al tempo stesso protagonista del progetto Neo, acronimo di “nuove esperienze ospitali“. Si tratta di una scuola immersiva di attivazione di comunità e transizione ecologica lanciata con una fase pilota lo scorso anno, ma che trova involontariamente le sue radici anni prima.
La miccia è stata “Ritornanti al futuro“, un processo di riattivazione della comunità in quattro tappe fondamentali: l’incentivo alla socialità attraverso camminate comunitarie nella valle, l’avvio della comunità energetica, attivata nel 2021 e oggi in corso di ampliamento, la partecipazione dei cittadini alla progettazione dell’appalto per la riqualificazione in un luogo identitario come il convento di Santa Chiara e il “Gran galà di Gagliano“, una giornata di confronto sull’utilizzo del convento stesso, tra la popolazione ed esperti provenienti da altre zone d’Italia.
Successivamente è stata lanciata la fase pilota del progetto Neo, gestito dall’associazione Montagne in movimento, e che prevede l’arrivo di giovani provenienti da altre zone d’Italia, definiti “abitanti temporanei” di Gagliano. Insomma, il progetto vuole proporre un nuovo modo di abitare il mondo, più sostenibile e che consenta di guardare al futuro anche nell’ottica di una lotta a quello spopolamento tristemente sperimentato da tanti paesi.