Sinistra italiana torna sul tema dell’arredo urbano a L’Aquila
09 Agosto 2024 - 17:38:13
L’altro giorno abbiamo diffuso una nota, provocatoria e canzonatoria
ammettiamo, sulle recenti scelte circa l’arredo urbano effettuate
dall’amministrazione comunale. A prescindere dai gusti, i quali sono
soggettivi (sempre se rientrano nei limiti della decenza…), è evidente
che ciò che “storce” nel come sta cambiando la città è nella misura che
tutto il cambiamento, a partire dai colori e dai materiali, è
sostanzialmente “a sorpresa”. Una città va immaginata, va discussa, va
condivisa. L’Aquila, come sappiamo, è una città di fondazione ossia una
città che nasce in quanto voluta e pensata: non è stata improvvisata o
fatta a caso, non è stato un gruppo di persone che, a poco a poco, si è
ingrandito ma fu deciso di fare L’Aquila. Oggi non capiamo chi e con
quali percorsi di confronto e discussione sta pensando il nostro centro
storico. Si ha l’impressione che qualcuno abbia pensato di modificare il
centro cittadino a gusto personale, a sentimento, piuttosto che in
maniera partecipata e, per quanto possibile, condivisa. Prendiamo il
massiccio utilizzo del lastricato bianco che ha, oggettivamente,
cambiato il volto della parte più centrale e (teoricamente…) più viva
della città: senza entrare nella polemica dei costi per la pulizia (che
pure sarebbe da fare…), noi non comprendiamo quale sia stata la
discussione, il confronto con la cittadinanza, con i suoi corpi
intermedi, se volete anche la proposta pubblica con cui si è dato avvio
ad un intervento così invasivo che, ripetiamo, può piacere o meno. La
comunità aquilana è complessa, magari c’è chi non si preoccupa molto ed
afferma “bello” oppure “brutto”, “non vi sta mai bene nulla” oppure “non
mi piace per niente” il tutto in un vociare innocente, in un’assenza di
preoccupazioni circa le dinamiche democratiche e del senso di insieme;
c’è chi invece prova inquietudine nel ritrovarsi una città profondamente
trasformata e non avere capito il disegno generale di questa grande
trasformazione, il perché delle scelte fatte e del come si connettono
con l’architettura esistente. Le città dialogano, parlano, ci raccontano
di loro e, purtroppo, ci risulta difficile capire il discorso, la
narrazione, il filo logico che c’è oggi a L’Aquila: per esempio perché
sia stato usato tutto quel bianco, perché piazza Duomo sembra un non
luogo sospeso tra De Chirico e Pyongyang, perché quelle fioriere così
impattanti alla vista (non si potevano mettere i meno invasivi funghi a
scomparsa, come in tante altre città?). Qualcuno ci accusa di essere
solo bravi a criticare senza avanzare proposte; a prescindere che oramai
è tardi per ripensare molte cose, qualche suggerimento, più di metodo
che di merito, sentiamo di avanzarlo. Per prima cosa comunicare meglio
cosa si sta facendo, evitando che all’improvviso appaiano arredi
disturbanti o, comunque, impattanti, senza che si abbia la percezione di
cosa siano ed a cosa servano; riprendere il modello
organizzativo/istituzionale Consigli Territoriali di Partecipazione,
luoghi di discussione e proposta in cui in cui si rappresentano meglio
le complessità delle specifiche territoriali; elaborare un sito internet
in cui riportare il “disegno” dell’aquila che verrà, compresi gli arredi
urbani, lasciando magari aperta ai cittadini la possibilità di
intervenire con proposte e contributi; organizzare iniziative di
discussione aperte alla cittadinanza, con esperti e decisori, in cui sia
possibile intervenire ed in cui si formi un pensiero di città compiuto e
condiviso. Capiamo l’esigenza “sociologica” che ha la Destra di lasciare
un segno, di scolpire la Storia dopo che, per anni, l’ha subita ma
attenzione perché, chiunque provi a fare la storia da solo, rischia poi
di venire archiviato nella parte buia della stessa. Ripetiamo: tante
scelte sono state fatte e sarà difficile tornare indietro ma, per quelle
che dovranno essere ancora prese, vi invitiamo ad uscire fuori dal
cerchio magico; la città è di tutti e siamo tutti cittadini e non
sudditi.
ammettiamo, sulle recenti scelte circa l’arredo urbano effettuate
dall’amministrazione comunale. A prescindere dai gusti, i quali sono
soggettivi (sempre se rientrano nei limiti della decenza…), è evidente
che ciò che “storce” nel come sta cambiando la città è nella misura che
tutto il cambiamento, a partire dai colori e dai materiali, è
sostanzialmente “a sorpresa”. Una città va immaginata, va discussa, va
condivisa. L’Aquila, come sappiamo, è una città di fondazione ossia una
città che nasce in quanto voluta e pensata: non è stata improvvisata o
fatta a caso, non è stato un gruppo di persone che, a poco a poco, si è
ingrandito ma fu deciso di fare L’Aquila. Oggi non capiamo chi e con
quali percorsi di confronto e discussione sta pensando il nostro centro
storico. Si ha l’impressione che qualcuno abbia pensato di modificare il
centro cittadino a gusto personale, a sentimento, piuttosto che in
maniera partecipata e, per quanto possibile, condivisa. Prendiamo il
massiccio utilizzo del lastricato bianco che ha, oggettivamente,
cambiato il volto della parte più centrale e (teoricamente…) più viva
della città: senza entrare nella polemica dei costi per la pulizia (che
pure sarebbe da fare…), noi non comprendiamo quale sia stata la
discussione, il confronto con la cittadinanza, con i suoi corpi
intermedi, se volete anche la proposta pubblica con cui si è dato avvio
ad un intervento così invasivo che, ripetiamo, può piacere o meno. La
comunità aquilana è complessa, magari c’è chi non si preoccupa molto ed
afferma “bello” oppure “brutto”, “non vi sta mai bene nulla” oppure “non
mi piace per niente” il tutto in un vociare innocente, in un’assenza di
preoccupazioni circa le dinamiche democratiche e del senso di insieme;
c’è chi invece prova inquietudine nel ritrovarsi una città profondamente
trasformata e non avere capito il disegno generale di questa grande
trasformazione, il perché delle scelte fatte e del come si connettono
con l’architettura esistente. Le città dialogano, parlano, ci raccontano
di loro e, purtroppo, ci risulta difficile capire il discorso, la
narrazione, il filo logico che c’è oggi a L’Aquila: per esempio perché
sia stato usato tutto quel bianco, perché piazza Duomo sembra un non
luogo sospeso tra De Chirico e Pyongyang, perché quelle fioriere così
impattanti alla vista (non si potevano mettere i meno invasivi funghi a
scomparsa, come in tante altre città?). Qualcuno ci accusa di essere
solo bravi a criticare senza avanzare proposte; a prescindere che oramai
è tardi per ripensare molte cose, qualche suggerimento, più di metodo
che di merito, sentiamo di avanzarlo. Per prima cosa comunicare meglio
cosa si sta facendo, evitando che all’improvviso appaiano arredi
disturbanti o, comunque, impattanti, senza che si abbia la percezione di
cosa siano ed a cosa servano; riprendere il modello
organizzativo/istituzionale Consigli Territoriali di Partecipazione,
luoghi di discussione e proposta in cui in cui si rappresentano meglio
le complessità delle specifiche territoriali; elaborare un sito internet
in cui riportare il “disegno” dell’aquila che verrà, compresi gli arredi
urbani, lasciando magari aperta ai cittadini la possibilità di
intervenire con proposte e contributi; organizzare iniziative di
discussione aperte alla cittadinanza, con esperti e decisori, in cui sia
possibile intervenire ed in cui si formi un pensiero di città compiuto e
condiviso. Capiamo l’esigenza “sociologica” che ha la Destra di lasciare
un segno, di scolpire la Storia dopo che, per anni, l’ha subita ma
attenzione perché, chiunque provi a fare la storia da solo, rischia poi
di venire archiviato nella parte buia della stessa. Ripetiamo: tante
scelte sono state fatte e sarà difficile tornare indietro ma, per quelle
che dovranno essere ancora prese, vi invitiamo ad uscire fuori dal
cerchio magico; la città è di tutti e siamo tutti cittadini e non
sudditi.
Fabrizio Giustizieri, Sinistra Italiana L’Aquila – Alleanza Verdi
Sinistra.