07 Settembre 2024 - 18:05:24
di Vanni Biordi
Le differenze retributive tra il Nord e il Sud Italia sono una realtà consolidata, con salari nel Settentrione mediamente superiori del 35% rispetto a quelli del Meridione. Questo squilibrio è strettamente legato a una maggiore produttività del lavoro nelle regioni settentrionali, che risulta essere del 34% superiore rispetto al Sud. Ma come si colloca l’Abruzzo in questo contesto?
Andiamo ad analizzare il fenomeno, considerando anche le specificità di questa regione centrale. Un divario evidente: i numeri dello squilibrio In Italia, la retribuzione media giornaliera lorda dei lavoratori nel Nord ammonta a 101 euro, contro i 75 euro dei colleghi del Sud. Questa disparità salariale, come evidenziato dall’elaborazione dell’Ufficio studi della CGIA su dati INPS e ISTAT, non riguarda solo i livelli retributivi ma anche la produttività: se in Lombardia la produttività è di 45,7 euro per ora lavorata, in Calabria si scende a 29,7 euro.
Un gap significativo che incide profondamente sul benessere economico delle famiglie del Sud. L’Abruzzo: un caso a parte? L’Abruzzo, non è esente da queste dinamiche, sebbene si collochi in una posizione intermedia tra Nord e Sud. Pur non appartenendo geograficamente al Nord industrializzato, l’Abruzzo presenta una maggiore dinamicità economica rispetto alle regioni del Mezzogiorno.
Le sue province, in particolare L’Aquila e Pescara, hanno un tasso di produttività e di occupazione più elevato rispetto a molte altre zone del Sud Italia, anche se inferiori a quelli delle regioni settentrionali. Tuttavia, lo stipendio medio in Abruzzo si attesta ben al di sotto della media nazionale, evidenziando le difficoltà tipiche delle aree meno industrializzate del Paese.
Il problema della produttività e della struttura economica. Uno dei fattori determinanti delle differenze salariali tra Nord e Sud, e di conseguenza anche per l’Abruzzo, è la produttività del lavoro. Nelle aree settentrionali, la presenza di settori ad alto valore aggiunto, come l’industria automobilistica, la meccanica e il biomedicale, consente di erogare stipendi più alti.
Al contrario, nel Sud e nelle aree più rurali, l’economia si basa maggiormente su attività a bassa produttività come l’agricoltura e i servizi. In Abruzzo, nonostante la presenza di importanti poli industriali e tecnologici, soprattutto nella provincia di Chieti, molti lavoratori sono impiegati in settori tradizionali come l’agricoltura e il turismo, che non consentono un’elevata remunerazione. Il peso del lavoro irregolare
Un altro aspetto rilevante è la diffusione del lavoro irregolare, particolarmente acuta nel Mezzogiorno. L’Abruzzo, pur essendo meno colpito rispetto alle regioni del Sud, registra ancora un significativo tasso di lavoro sommerso. Questo fenomeno contribuisce a deprimere ulteriormente i salari contrattuali, soprattutto nei settori come l’agricoltura e i servizi alla persona. Contrattazione decentrata: una soluzione per l’Abruzzo?
Una possibile soluzione per ridurre il divario retributivo e migliorare le condizioni economiche dei lavoratori è l’adozione di una maggiore contrattazione decentrata. Come suggerito dall’Ufficio studi della CGIA, questa misura potrebbe aiutare a legare i salari alla produttività locale e all’inflazione, contribuendo a migliorare il potere d’acquisto dei lavoratori, in particolare nelle regioni come l’Abruzzo. Attualmente, solo il 23,1% delle imprese con almeno 10 dipendenti applica un contratto decentrato, coinvolgendo circa 5,6 milioni di lavoratori. Estendere questa pratica potrebbe rappresentare un importante passo avanti per le province abruzzesi.
Analizzando le retribuzioni medie nelle province italiane, emerge che le città più ricche sono tutte concentrate nel Nord: Milano, Parma, Modena e Bologna guidano la classifica con stipendi superiori ai 26.000 euro lordi annui. In Abruzzo, la situazione è ben diversa. Le retribuzioni medie annue si collocano attorno ai 20.000 euro, con Pescara e L’Aquila che offrono salari leggermente più elevati rispetto a Chieti e Teramo. Tuttavia, la distanza con le province settentrionali resta evidente. Un altro dato interessante è il numero di giornate retribuite, al Nord si registrano mediamente 253 giornate lavorative all’anno, mentre al Sud solo 225.
Questa differenza, pari a 28 giorni, è spiegabile anche con la maggiore diffusione del lavoro precario e stagionale nel Mezzogiorno. Anche in Abruzzo, soprattutto nelle zone costiere, il settore turistico stagionale rappresenta una fonte importante di occupazione, ma contribuisce a mantenere il numero di giornate lavorative sotto la media nazionale. Le differenze salariali tra Nord e Sud Italia sono radicate in dinamiche economiche e produttive complesse.
L’Abruzzo, pur non essendo tra le regioni più penalizzate, subisce comunque gli effetti di questo squilibrio. Per migliorare le condizioni retributive dei lavoratori abruzzesi, è necessario incentivare la produttività e promuovere una maggiore contrattazione decentrata, che permetta di adeguare i salari alle reali esigenze del territorio. Solo così sarà possibile ridurre il divario tra le regioni italiane e garantire una crescita economica sostenibile e inclusiva anche per le province abruzzesi.