Aree protette, (Fina Pd): "Bene comune, no scelte verticistiche, riforma recuperi spirito unitario del ’91"
05 Dicembre 2024 - 13:40:45
Serve un confronto serio e senza pregiudizi sulla riforma della legge
394 del 1991 che disciplina la governance delle aree protette. A 33 anni
dall’approvazione della norma è necessario aprire una discussione nel
Paese, innanzitutto con Regioni ed enti locali, per cercare, come
avvenne nel 1991, quel consenso che permetta poi al Parlamento di
giungere alla sua modifica nella piena e generale condivisione. La legge
pur risentendo del tempo trascorso, conserva tutt’ora piena validità nei
principi ispirativi che hanno consentito all’Italia di proteggere quasi
l’11% del proprio territorio e il 7% del proprio mare attraverso i
Parchi sia nazionali che regionali e le Aree marine protette. L’UE ha
posto agli stati membri l’obiettivo, entro il 2030, di tutelare il 30%
del territorio e del mare. Siamo lontani da quegli obiettivi, ambiziosi
ma raggiungibili, che nascono dall’esigenza di contrastare la perdita di
biodiversità in atto e di contribuire anche ad attenuare il
riscaldamento climatico. Anche per questo motivo il Pd ha presentato un
disegno di legge che valorizza una gestione plurale delle aree protette,
per riportarle al centro dei processi di transizione e delle politiche
di sostegno alle aree interne, anche affrontando il tema delle risorse
finanziarie e delle priorità di cui dovrebbero godere nell’utilizzo dei
fondi di investimento sia nazionali che comunitari. Le modifiche
apportate in questi anni alla legge sulla governance dei parchi non solo
non hanno prodotto miglioramenti ma con la soppressione della conferenza
permanente per le aree protette è stato quasi annullato il dialogo
istituzionale tra Stato centrale e Regioni. Di fatto è venuto meno
l’obiettivo di realizzare il sistema nazionale dei parchi, di ricomporre
la divaricazione tra parchi nazionali e parchi regionali, tra aree
marine protette e parchi costieri, tra parchi e siti della rete natura
esterni ai perimetri dei parchi stessi. E’ quindi necessario porre al
centro del confronto il rapporto tra parchi e comunità locali e tra
tutela e valorizzazione compatibile, a cominciare dalle aree protette
situate nelle aree montane delle alpi e degli appennini. Anche la
proposta riforma presentata nel novembre del 2023 dalla maggioranza, a
firma del Sen. Rosa è inadeguata perché centralizza ancora di più la
gestione dei parchi nazionali affidandola ad una sorta di Presidente
“Proconsole Ministeriale”. Scelta che mortifica la partecipazione
degli enti locali, dell’associazionismo ambientale, del mondo
scientifico, senza prevedere il necessario coinvolgimento dei portatori
di interesse (agricoltori, pescatori, forestali, operatori del turismo,
dell’artigianato ecc.) che operano all’interno delle aree protette. Ci
auguriamo quindi che in Parlamento si riescano a trovare le necessarie
convergenze, partendo da una piena questa disponibilità al confronto,
allargando la discussione al Paese e predisponendosi ad accogliere i
contributi che da ogni parte potranno arrivare. Così in una nota il
senatore del Pd Michele Fina.
394 del 1991 che disciplina la governance delle aree protette. A 33 anni
dall’approvazione della norma è necessario aprire una discussione nel
Paese, innanzitutto con Regioni ed enti locali, per cercare, come
avvenne nel 1991, quel consenso che permetta poi al Parlamento di
giungere alla sua modifica nella piena e generale condivisione. La legge
pur risentendo del tempo trascorso, conserva tutt’ora piena validità nei
principi ispirativi che hanno consentito all’Italia di proteggere quasi
l’11% del proprio territorio e il 7% del proprio mare attraverso i
Parchi sia nazionali che regionali e le Aree marine protette. L’UE ha
posto agli stati membri l’obiettivo, entro il 2030, di tutelare il 30%
del territorio e del mare. Siamo lontani da quegli obiettivi, ambiziosi
ma raggiungibili, che nascono dall’esigenza di contrastare la perdita di
biodiversità in atto e di contribuire anche ad attenuare il
riscaldamento climatico. Anche per questo motivo il Pd ha presentato un
disegno di legge che valorizza una gestione plurale delle aree protette,
per riportarle al centro dei processi di transizione e delle politiche
di sostegno alle aree interne, anche affrontando il tema delle risorse
finanziarie e delle priorità di cui dovrebbero godere nell’utilizzo dei
fondi di investimento sia nazionali che comunitari. Le modifiche
apportate in questi anni alla legge sulla governance dei parchi non solo
non hanno prodotto miglioramenti ma con la soppressione della conferenza
permanente per le aree protette è stato quasi annullato il dialogo
istituzionale tra Stato centrale e Regioni. Di fatto è venuto meno
l’obiettivo di realizzare il sistema nazionale dei parchi, di ricomporre
la divaricazione tra parchi nazionali e parchi regionali, tra aree
marine protette e parchi costieri, tra parchi e siti della rete natura
esterni ai perimetri dei parchi stessi. E’ quindi necessario porre al
centro del confronto il rapporto tra parchi e comunità locali e tra
tutela e valorizzazione compatibile, a cominciare dalle aree protette
situate nelle aree montane delle alpi e degli appennini. Anche la
proposta riforma presentata nel novembre del 2023 dalla maggioranza, a
firma del Sen. Rosa è inadeguata perché centralizza ancora di più la
gestione dei parchi nazionali affidandola ad una sorta di Presidente
“Proconsole Ministeriale”. Scelta che mortifica la partecipazione
degli enti locali, dell’associazionismo ambientale, del mondo
scientifico, senza prevedere il necessario coinvolgimento dei portatori
di interesse (agricoltori, pescatori, forestali, operatori del turismo,
dell’artigianato ecc.) che operano all’interno delle aree protette. Ci
auguriamo quindi che in Parlamento si riescano a trovare le necessarie
convergenze, partendo da una piena questa disponibilità al confronto,
allargando la discussione al Paese e predisponendosi ad accogliere i
contributi che da ogni parte potranno arrivare. Così in una nota il
senatore del Pd Michele Fina.