14 Dicembre 2024 - 10:59:36
di Tommaso Cotellessa
Il ruolo del corpo in quanto entità attraversabile e multiforme, è questo il tema posto al centro della mostra “Trattienimi Pure” organizzata da Spazio Genesi, l’associazione culturale che nasce come interfaccia tra gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di L’Aquila ed il contesto cittadino che li ospita.
L’esposizione, che sarà visitabile dal 19 dicembre fino all’11 gennaio presso la Galleria Commerciale di Via Roma a L’Aquila, proporrà la presentazione delle ricerche artistiche di Sabrina Iezzi e Marianna Mancini, artiste il cui fil rouge si basa sul continuo contrasto tra tentativi di distacco da una determinata condizione e il successivo mantenimento dello stato di fatto. Si tratta di un lasciare andare ed al tempo stesso trattenere, un vegliare con cura ad una solerte distanza, un tangere in maniere quasi impercettibili.
Nei loro lavori, la massa corporea diviene nascondiglio, spazio sicuro e legittimato, esso assurge a
dispositivo tramite cui varcare una soglia. In tale tentativo di attraversamento si palesa però una latente fenditura che eccede la superficie tangibile. Il corpo, sfidando se stesso e la propria immagine, diviene molteplice, in grado di fendersi e di lasciarsi attraversare. La figura femminile diviene verbo, fonema autonomo che cerca di porsi in dialogo con l’altro, raccontando il mondo intorno a sé, la propria vita ed i propri tentativi di sublimazione.
Nella costante stratificazione della memoria, uno spazio centrale è destinato alle reminiscenze del
passato familiare che con emotività temperata vengono riportate alla luce mediante la pratica del
narrare storie. I soggetti di Iezzi e Mancini danno vita ad un immaginario costituito per sovrapposizioni tenui e velature impalpabili, le artiste travalicano costantemente il proprio lembo emotivo trasformandolo
in entità visibile e quantificabile. Il loro è un lavoro di delimitazione, circoscrizione, capovolgimento, nella ricerca dell’esatta misura. Le artiste scelgono, predispongono e poi sostano. Ferme, ieratiche, soggiogate ed al contempo cullate dall’attesa, l’attesa di un ritorno, di un’utopica ricostruzione. Nella sospensione del movimento i loro corpi ipotizzano nuovi modi per dissolversi e al contempo sperimentano un altro linguaggio per non morire.
Le artiste, spaziando dalla fotografia alla performance fino all’installazione , rendono l’intimità ed il senso di cura elementi cardine all’interno della loro produzione artistica.