Demografia Provinciale 2023, CGIL: "10 anni di desertificazione!"

01 Agosto 2023 - 09:55:44

Demografia provinciale: 10 anni di desertificazione !

Il dato non è certamente una novità, ma la condizione si aggrava
ulteriormente se andiamo a confrontare la popolazione residente nella
nostra provincia tra il 2012 ed il 2022. In dieci anni, infatti,
passiamo dai 306.279 residenti del 2012, ben oltre la soglia psicologica
dei trecentomila abitanti, ai 287.151 del 2022, con una perdita netta di
19.128 residenti che, in valori percentuali, rappresenta un -6,2%. Solo
nell’ultimo anno nel raffronto tra il 2021 ed il 2022 la perdita è stata
pari a 1.805 residenti. Volendo fare un paragone è come se in 10 anni
avessimo perso una città che conta all’incirca la popolazione di
Sulmona, oppure all’incirca due volte la popolazione di Celano.

Analizzando la composizione della struttura della popolazione residente
per fasce di età emerge un dato estremamente preoccupante. Nel 2012 i
residenti nella provincia dell’Aquila appartenenti alla classe di età
compresa tra i 14 anni ed i 35 anni erano 75.172, questo dato crolla
drasticamente nel 2022, quando si scende a 61.018, quindi una perdita
netta di 14.154 giovani residenti che, conta in valore percentuale un
-18,82%. Confrontando questo ultimo dato con lo stesso delle altre
provincie, sempre per il medesimo periodo di riferimento 2012-2022,
emerge che la provincia che perde maggiormente è L’Aquila, contro una
perdita della provincia di Pescara del -10,01%, di Chieti del -15,7% e
di Teramo del -14,6%. Allargando la comparazione con il dato nazionale,
in Italia tra il 2012 ed il 2022 nella fascia di età 14-35 anni la
percentuale di riduzione si attesta a -7,9%. Continuando, sempre per il
periodo di riferimento 2012-2022, nella classe di età compresa tra 0
anni ed i 13 anni la perdita di popolazione residente nella provincia
aquilana in percentuale si attesta ad un -12,61%; tra i 36 ed i 50 anni
ad un -7,9%. E’ significativo, invece, che tra i 51 ed i 64 anni ci sia
una crescita che rende il dato positivo per un +5,2% e che, infine, tra
i 65 anni ed oltre la crescita arrivi a raggiungere la doppia cifra con
un + 10,73%. I dati sin qui esposti risentono certamente del basso tasso
di natalità degli ultimi decenni. Vi è però di più.

Il flusso migratorio di cui occuparsi e con urgenza al di là della
propaganda oramai consolidata è quello dei nostri giovani che scelgono
altri territori per il loro progetto di vita. La carenza di giovani fa
sì che una ampia fascia del territorio regionale che ricade in
prevalenza nella nostra provincia risulti sempre meno attrattivo e
difficilmente recuperabile se non si creano diverse condizioni sia
occupazionali che di servizi, sia in termini di stabilità e qualità del
lavoro, che di servizi dedicati alle persone.

Le dinamiche dell’invecchiamento come rilevato dai dati ISTAT e
l’evoluzione dei bisogni prodotti dalla crescente frequenza di patologie
croniche sono fenomeni che interessano principalmente i territori con
forte spopolamento e che, pertanto, richiedono un ripensamento dei
servizi sanitari sempre più orientati verso la presa in carico del
paziente. Per questa ragione abbiamo la necessità di un vero progetto di
sanità di prossimità che possa rifondare un patto fiduciario tra il
sistema di welfare e le comunità locali che dovranno essere coinvolte
nelle scelte strategiche delle funzioni sanitarie.

Lo spopolamento colpisce prevalentemente le aree montane e più marginali
rispetto ai centri urbani, scontando uno svantaggio in termini di
servizi essenziali, quali il trasporto pubblico locale, la restrizione
dei servizi sanitari, ormai non più diffusi, universali e di prossimità,
la difficoltà di accesso alle scuole ed ai servizi per l’infanzia, i
continui disagi dovuti a riduzione di sportelli bancari e postali.
Insomma l’assenza o l’evanescenza dello stato. Se la politica che compie
le scelte non supera il concetto di sostenibilità economica come unico
mantra utile a determinare la sopravvivenza della presenza territoriale
dei presidi pubblici, nessuna scelta potrà dirsi efficace. C’è bisogno
insomma di visione. C’è bisogno di un progetto di lungo periodo se si
vuole invertire la tendenza. La sanità, il trasporto pubblico e la
scuola continuano a subire scelte di programmazione politica ed
economica tutte a svantaggio delle aree interne, prive di qualsiasi
analisi di contesto e di sistema, umiliando la popolazione e riducendo
il diritto di vivere pienamente il nostro territorio. Le iniziative sino
ad ora intraprese per contrastare l’incessante dinamica dello
spopolamento sono risultate del tutto insufficienti, sporadiche e che
guardano al breve periodo o alla prossima scadenza elettorale. Se come
tutti crediamo, la salute, la mobilità, la scuola e i servizi
all’infanzia rappresentano presidi fondamentali, è dal potenziamento
degli stessi che ogni progettualità deve partire. I nostri paesi montani
hanno bisogno di sostegno, di aiuto, di pianificazione e programmazione
che riconoscano la loro unicità e le singole vocazioni di cui sono
portatori, non hanno certamente bisogno di interventi sporadici e mal
coordinati. Ogni abbandono ha bisogno di essere studiato, compreso nelle
sue peculiarità, allo stesso modo ogni iniziativa intrapresa di ritorno,
di rinascita dovrebbe avvenire partendo da esigenze locali, dalle
risorse presenti sul territorio, da politiche e scelte istituzionali
mirate, diverse a seconda delle caratteristiche e dalle vocazioni dei
luoghi.

Perseguire il concetto della buona qualità della vita, vuol significare
avviare un processo di rinnovamento delle aree più periferiche e
marginali con una progettualità volta a ricomporre il territorio,
restituendo identità ai luoghi e senso di appartenenza a chi li abita e
li frequenta, e forse l’occasione perché quei luoghi divengano
attrattivi nell’economia di domani connessa, partecipata e democratica,
quale noi immaginiamo.

Il Segretario Generale CGIL della Provincia dell’Aquila

Francesco Marrelli