22 Aprile 2025 - 08:48:20
di Tommaso Cotellessa
La morte di Papa Francesco è giunta come un pugno, inaspettata e sorprendente.
Superati i giorni più duri, quelli della grande sofferenza in cui la drammatica notizia sembrava potesse giungere da un momento all’altro, la prodigiosa ripresa del Santo Padre aveva allontanato i timori di un possibile improvviso peggioramento, nonostante le sue condizioni restassero evidentemente critiche. Papa Francesco è stato, senza alcun dubbio, come sostengono molti opinionisti, il Papa delle sorprese.
Quel Papa giunto dalle periferie del mondo ha, sin dall’inizio del suo pontificato, destato meraviglia e stupore per i suoi modi non convenzionali, per la sua capacità di rompere protocolli e disposizioni pur di dare spazio a quell’anelito che sempre lo ha spinto ad andare verso il prossimo, a mostrarsi vicino a ogni uomo e donna desiderosi di incontrare la misericordia.
Il suo continuo desiderio di incontrare gli ultimi, gli emarginati, i fragili, lo ha spinto a mostrarsi in ogni condizione – anche le più critiche – pur di non far mancare la sua voce di padre, pronto a sostenere nel solo modo che può un uomo saggio: essendoci, partecipando alle sofferenze e alle gioie degli altri, mettendo in comune le proprie.
In linea con il suo sorprendente pontificato, Papa Francesco ci ha stupiti ancora una volta varcando la soglia più alta, quella che dalla terra conduce al cielo, consegnando la sua vita solo dopo aver vissuto la Pasqua. I suoi auguri e il suo abbraccio alla folla in Piazza San Pietro nella Domenica di Pasqua suonano come le parole pronunciate dal legno della croce: tutto è compiuto. Ma queste parole, Francesco – come spesso ha fatto – più che proclamarle, le ha vissute, compiendo la sua vita proprio con il suo sorriso, il suo affetto e la sua capacità di farsi interprete e guida in un mondo sempre più immerso nel caos e nella confusione.
Nel lunedì dell’angelo, Francesco si è fatto apripista di quella strada di cui aveva parlato sin dall’inizio del suo pontificato: la strada della misericordia e della gioia, ma soprattutto quella della speranza, alla quale ha deciso di dedicare proprio il Giubileo in corso in questo Anno Santo.
Questo Anno Giubilare si arricchisce così dell’apertura di una nuova porta, che si aggiunge alle tante Porte Sante sparse in tutto il mondo. Francesco, morendo, apre una porta: quella “stretta” per cui entrano i giusti, di cui parlano i Vangeli. La porta che dal cielo accoglie il gregge guidato dal suo Buon Pastore.
Questa speranza è quella che non confonde, quella che non possiamo perdere di vista, altrimenti verremmo meno a Francesco stesso, il quale è stato in grado di piangere con chi era nel pianto e gioire con era nella gioia, senza mai perdere quella visione esistenziale che spinge ad avere la certezza che tutto concorra al bene.
In questi anni Francesco ci ha abituati a gesti straordinari. La sua idea di chiesa “Ospedale da Campo” ha attraversato il mondo per mezzo della sua voce che incessantemente si è spesa per promuovere una società giusta, capace di costruire relazioni fondate sulla cura, sul perdono e sulla riconciliazione. Il suo grido di pace ha raggiunto ogni angolo della terra, fino alla piccola parrocchia di Gaza, ai fedeli dell’Ucraina, ai sacerdoti della Terra Santa.
Il suo desiderio di pace ha reso possibili missioni diplomatiche in Russia e richieste concrete per la tutela dei diritti umani nei luoghi in cui le atrocità si fanno più vere e dolorose. Ma soprattutto, ciò che Papa Francesco è riuscito a fare – nonostante le molte calunnie attirate – è stato tentare di portare la pace nelle nostre case. La sua non è mai stata una presenza ingombrante, ma familiare. Dalle telefonate ai fedeli alle sue fughe improvvise per le strade di Roma, Francesco è stato davvero il papa missionario della modernità.
L’Abruzzo ne è stato testimone in quel 28 agosto 2022, quando, nel presiedere il rito di apertura della Porta Santa durante la Perdonanza Celestiniana, si è mostrato guida vicina e pastore amorevole della nostra terra. Una vicinanza concreta, tangibile. Tanti piangono Papa Francesco in tutto il mondo, ma il modo migliore per omaggiarlo e ricordarlo è gioire con lui, perché siamo certi che quest’uomo ha combattuto la buona battaglia, ha terminato la corsa e ha conservato la fede fino a conquistare la corona di giustizia.
Ora è il tempo della sequela. La porta da varcare è quella della speranza, quella che non confonde.