04 Luglio 2025 - 17:05:59
di Martina Colabianchi
Anche L’Aquila, percepita da sempre come una città al riparo dal caldo estremo, sta sperimentando in questi giorni il fenomeno delle cosiddette “isole di calore urbane”, con temperature in città fino a 7.8 gradi più alte rispetto alle aree rurali intorno.
A dirlo è il segretario del Circolo del Partito Democratico “L’Aquila Centro”, Alessandro Tettamanti, che non si limita a denunciare il fenomeno, attribuendone le responsabilità alla «cultura negazionista della destra» che amministra la città.
«In questo modo si sta perdendo l’occasione di assolvere a un compito storico come quello di una ricostruzione a prova di cambiamento climatico – dichiara Tettamanti -. E mentre le altre città corrono ai ripari, nel capoluogo di Regione non sono state prese misure di mitigazione dei fenomeni estremi e quello delle isole di calore non è che una delle conseguenze Una buona parte di responsabilità di questo fenomeno infatti è dovuta alla pavimentazione scelta dall’Amministrazione che è particolarmente impermeabile e dunque non consente al terreno di traspirare generando l’evaporazione che assorbirebbe il calore».
«Non solo, sostituendo il sanpietrino e il selciato con una superficie impermeabile e liscia, l’acqua viene ancor meno assorbita e lasciata così maggiormente libera di scorrere con possibili fenomeni di allagamento. Questo provocherà non pochi problemi rispetto a un altro fenomeno caratteristico dei cambiamenti climatici come i fenomeni estremi di cui fanno parte le cosiddette bombe d’acqua. Acqua che invece in quest’epoca di siccità andrebbe irregimentata e conservata per poi essere riutilizzata».
«Inoltre, – prosegue – mentre altre città si adoperano per correre ai ripari creando, tra le distese di cemento, aree verdi urbane che fungano da polmoni della città che permettano quindi di respirare ed abbassare le temperature, all’Aquila, nel centro storico – li’ dove c’è più densità di edifici – gli alberi sono addirittura diminuiti. In conseguenza del cambiamento climatico sarebbe invece servito pensare di ampliare queste aree verdi, progettando un vero e proprio sistema di piante che prevedesse collegamenti con le aree rurali esterne, in modo da mettere gli alberi nelle migliori condizioni possibili».
«Insomma la ricostruzione sarebbe potuta essere una grande occasione per adattare la nostra città al futuro e quindi ai cambiamenti climatici rendendola così così ancor più vivibile ed attrattiva. Non fare niente a riguardo a causa dell’ideologia che nega il cambiamento climatico, sta portando danni oggettivi che si ripercuoteranno nel prossimo futuro e sulle generazioni a venire. Mentre si pensa a lasciare il segno con una pavimentazione bianca, tra le alte cose, fastidiosamente riflettente, stravolgendo la città e a volte deturpandola – senza la dovuta partecipazione con tecnici e associazioni di settore – si fanno invece sempre più urgenti interventi architettonici che contemplino il cambiamento climatico e la mitigazione dei fenomeni estremi. E’ necessario – conclude – invertire la rotta subito, prima che sia troppo tardi».