Abruzzo Insieme: “NO ai dazi, NO al riarmo: un doppio attacco ai diritti, all’economia e alla Costituzione ”

14 Luglio 2025 - 12:09:29

NO ai dazi, NO al riarmo: un doppio attacco ai diritti, all’economia e
alla Costituzione

L’aumento unilaterale dei dazi fino al 30% deciso da Donald Trump contro
l’Unione Europea rappresenta un colpo durissimo per l’economia
abruzzese, italiana ed europea. È una misura che colpisce in pieno le
esportazioni strategiche del nostro Paese — dall’agroalimentare,
farmaceutica alla meccanica — e rischia di mettere in ginocchio interi
settori produttivi, con ricadute drammatiche sul PIL, sull’occupazione e
sulla tenuta sociale.

A fronte di questa escalation commerciale, il governo italiano e la
presidentessa del Consiglio Giorgia Meloni restano in un silenzio
assordante nonostante la sua ventilata vicinanza al presidente Trump.
Nessuna presa di posizione forte in difesa dell’interesse nazionale,
nessuna richiesta di risposta unitaria da parte dell’Europa. Questo
silenzio politico è irresponsabile e incomprensibile, soprattutto in un
momento in cui l’Italia avrebbe bisogno di una voce chiara a tutela
della propria economia e dei propri lavoratori.

Ma non basta. A questa minaccia economica si aggiunge una seconda
pressione di natura militare: Donald Trump, nel contesto NATO, impone ai
Paesi membri un aumento drastico delle spese militari fino al 5% del
PIL. Per l’Italia, ciò significherebbe oltre 90 miliardi di euro
all’anno destinati ad armamenti e strutture militari, sottratti a
sanità, scuola, ricerca, protezione civile e giustizia sociale.

Mentre si destinano risorse crescenti agli armamenti, milioni di
italiani rinunciano alle cure per l’impossibilità di accedere al sistema
sanitario pubblico. Le liste d’attesa superano i 600 giorni, il
personale sanitario è insufficiente, e sempre più prestazioni essenziali
sono accessibili solo a pagamento. Le scuole faticano a garantire
strutture sicure e programmi inclusivi, mentre la ricerca scientifica è
sottofinanziata e perde costantemente capitale umano. I giovani laureati
continuano ad abbandonare il Paese in cerca di opportunità che l’Italia
non offre più, alimentando una fuga dei cervelli che impoverisce il
tessuto economico, culturale e produttivo del Paese.

Le forze dell’ordine, i Vigili del Fuoco, la polizia penitenziaria e il
personale della sicurezza civile operano con organici sotto il minimo,
infrastrutture obsolete e risorse insufficienti. Le carceri italiane
sono sovraffollate, con gravi conseguenze anche sul piano dei diritti
umani, della sicurezza e della funzione rieducativa della pena.

Una spesa di proporzioni così enormi dovrebbe essere utilizzata per
rafforzare il nostro Stato sociale: potenziare la sanità, garantire
scuole pubbliche di qualità, rilanciare l’università e la ricerca,
offrire ai giovani prospettive per restare in Italia, investire nella
sicurezza civile, nella prevenzione, nella giustizia sociale, nei
servizi di prossimità. Questo sarebbe l’investimento per un’Italia più
giusta, più sicura, più sana e più moderna.

Questa corsa al riarmo segna una rottura storica. Per oltre 70 anni, il
disarmo e la cooperazione internazionale hanno garantito la più lunga
stagione di pace in Europa. Si lavorava per la non proliferazione delle
armi nucleari, per la riduzione delle spese militari, per la prevenzione
dei conflitti. Oggi stiamo invertendo questa rotta: riarmiamo il mondo,
e tagliamo diritti.

È una scelta che contraddice apertamente i principi della nostra
Costituzione. L’articolo 11 afferma con chiarezza che “l’Italia ripudia
la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e
come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Eppure, si
spingono investimenti miliardari per armamenti da guerra, non per
missioni civili o umanitarie, né per la difesa del territorio in senso
sociale. La spesa militare non può essere usata come leva per garantire
la protezione civile o il soccorso pubblico. È spesa finalizzata al
conflitto, non alla cura.

In un Paese dove migliaia di persone attendono un letto in ospedale,
dove le scuole cadono a pezzi, dove i giovani ricercatori fuggono
all’estero, dove la sicurezza civile è lasciata senza mezzi, questa
escalation militare ed economica è inaccettabile.

Questa non è solo una scelta strategica: è una scelta etica. Siamo di
fronte a un bivio: decidere se vogliamo uno Stato che investe nella
cura, nella dignità e nella pace, o uno che preferisce un futuro sempre
più armato, diseguale e insicuro.

È urgente aprire un dibattito pubblico. Non possiamo permettere che, nel
silenzio, l’Italia cambi la propria identità.

La pace non è solo assenza di guerra: è ospedali aperti, scuole
accessibili, salari dignitosi, ricerca finanziata, giustizia garantita,
sicurezza costruita sul rispetto e sulla prevenzione.

È tempo di dirlo chiaramente:

NO al riarmo.

NO ai dazi.

SÌ a un’Italia che investe nelle persone, nella conoscenza, nella
giustizia e nella vita.