26 Luglio 2025 - 09:51:00
di Vanni Biordi
La questione fiscale è da sempre un tema caldo, ma un recente studio dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre getta nuova luce su un aspetto spesso sottovalutato: la quasi totale “invisibilità” della maggior parte delle imposte che gravano sulle famiglie. Secondo l’analisi, infatti, circa il 97% delle tasse e dei contributi è prelevato “alla fonte” o “nascosto” negli acquisti quotidiani, rendendo il contribuente medio poco consapevole dell’ingente somma che ogni anno finisce nelle casse dello Stato.
Per una famiglia “tipo”, composta da due lavoratori dipendenti e un figlio a carico, il peso fiscale complessivo per l’anno in corso è stimato in 20.231 euro. Una cifra considerevole, di cui ben 12.504 euro, e cioè il 61,8%, provengono direttamente dalla busta paga sotto forma di ritenute IRPEF, contributi previdenziali e addizionali. A questi si aggiungono altri 7.087 euro, il 35%, di tasse “nascoste”, come l’IVA sugli acquisti, le accise, il canone Rai e il contributo al Servizio Sanitario Nazionale dall’RC auto. Solo una minima parte, circa 640 euro, il 3,2%, viene pagata in modo “consapevole”, ad esempio tramite bollo auto e TARI.
Questa modalità di prelievo ha un impatto significativo sulla percezione del carico fiscale da parte dei cittadini. Come sottolinea la CGIA, il fatto che la stragrande maggioranza delle imposte sia detratta automaticamente rende l’operazione “astrattamente” meno dolorosa per i lavoratori dipendenti. Al contrario, i lavoratori autonomi, che sono chiamati a pagare in modo più diretto la gran parte del loro carico fiscale, manifestano una maggiore insofferenza nei confronti delle tasse. Questa differenza psicologica, però, non implica una maggiore propensione all’evasione solo per gli autonomi: l’IRPEF, pur essendo l’imposta che genera il maggior gettito, rappresenta solo il 30% delle entrate fiscali complessive, lasciando ampi margini di evasione per tutti i contribuenti sul restante 70%.
Con 42,5 milioni di contribuenti IRPEF, di cui 23,8 milioni dipendenti, 14,5 milioni pensionati e 1,6 milioni autonomi, l’Italia si conferma un paese con un’elevata pressione fiscale. Nel 2024, il nostro paese si è posizionato al sesto posto nell’UE per pressione fiscale, con il 42,6% del PIL, superato solo da Danimarca, Francia, Belgio, Austria e Lussemburgo. Un dato che evidenzia come, nonostante le tasse siano spesso invisibili, il loro peso sull’economia reale e sulle tasche dei cittadini sia tutt’altro che trascurabile.
Anche per le quattro province abruzzesi, Chieti, L’Aquila, Pescara e Teramo, il fenomeno delle tasse “nascoste” rappresenta un punto critico significativo. Anche se l’analisi della CGIA non fornisce dati specifici a livello regionale o provinciale sul prelievo pro capite, la distribuzione dei contribuenti IRPEF offre uno spaccato interessante sulla consistenza della base imponibile e, di riflesso, sull’impatto di queste dinamiche.
La provincia di Chieti, con 274.694 contribuenti IRPEF, di cui 144.939 lavoratori dipendenti e 10.703 autonomi, si colloca in una posizione intermedia, 50ª a livello nazionale. La forte presenza di lavoratori dipendenti suggerisce che anche qui la stragrande maggioranza delle tasse viene prelevata “alla fonte”, rendendo meno percepibile il carico fiscale complessivo per la cittadinanza.
La provincia dell’Aquila, con 211.685 contribuenti, di cui 112.544 dipendenti e 7.930 autonomi, è in 74ª posizione, presenta una situazione analoga, con un’ampia porzione della popolazione che subisce un prelievo fiscale per lo più invisibile.
La provincia di Pescara, con 225.128 contribuenti IRPEF è in 68ª posizione, di cui 120.969 dipendenti e 9.960 autonomi, non fa eccezione. Anche qui, la preponderanza dei redditi da lavoro dipendente implica che la maggior parte delle imposte viene incassata prima ancora che il contribuente ne abbia piena consapevolezza.
Similmente, la provincia di Teramo, con 224.904 contribuenti, si piazza in 69ª posizione, con 126.572 dipendenti e 9.359 autonomi, mostra un quadro dove l’effetto delle tasse “nascoste” è dominante.
Per queste province, i punti critici risiedono nella scarsa consapevolezza fiscale dei cittadini, che può portare a una minore partecipazione al dibattito pubblico sulle politiche tributarie. Inoltre, la natura “indolore” del prelievo “alla fonte” rischia di mascherare l’eccessiva pressione fiscale complessiva, contribuendo a una minore richiesta di riforme strutturali e di una più equa distribuzione del carico. È fondamentale che i cittadini siano pienamente consapevoli di quanto versano allo Stato, non solo per una questione di trasparenza, ma anche per stimolare un maggiore senso di responsabilità e partecipazione civica nella gestione della cosa pubblica.