28 Luglio 2025 - 10:23:12

di Tommaso Cotellessa

Il bilaterale fra il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, si è chiuso con il compromesso di dazi al 15%.

Una vittoria per il tycoon, in grado ormai di dettare legge nello scenario internazionale facendo la voce grossa a suon di minacce, ma di certo una capitolazione per l’Europa, che presa dal timore ha preferito non contrattare ma cedere.

Un elemento che non è affatto passato inosservato agli occhi del mondo del commercio europeo. Se la Voon der Leyen descrive questo patto come un tentativo di garantire stabilità e prevedibilità in questi tempi incerti, per il mondo del commercio il passaggio da una media del 4,8% al 15% dei dazi sulle esportazioni europee verso gli stati uniti rappresentano, infatti, un durissimo colpo.

Per il presidente della Cna, Dario Costantini, l’accordo provocherà effetti molto pesanti sull’export italiano, andando ad aggravare la situazione di apprezzamento degli ultimi mesi dell’euro sul dollaro. Si tratta perciò di un risultato tutt’altro che soddisfacente

«Si scrive 15 ma si legge 30% – Costantini – ed è una tassa ingiusta e sproporzionata che penalizza il Made in Italy ma avrà riflessi negativi anche sull’economia americana. Sono necessari sostegni e compensazioni e ci attendiamo a breve la riattivazione del tavolo sull’export a Palazzo Chigi per un confronto su strumenti e criteri per mettere a disposizione del sistema delle imprese i 25 miliardi assicurati dal governo».

Estremamente critico anche il commento di Andrea Tiso, presidente nazionale di Confeuro, il quale descrive l’accordo come «un’amara vittoria del neo-protezionismo di marca Trumpiana». Una vittoria a cui corrisponde una dura sconfitta per un’Europa che – scrive ancora Tiso – «invece di rilanciare il proprio ruolo strategico, incassa il colpo e paga il prezzo di anni di inefficienza amministrativa e frammentarietà politica». Ma lo sguardo del presidente di Confeuro si sposta poi sul mondo delle piccole e medie imprese, quelle che rischiano di pagare in maniera più onerosa il risultato dello scenario internazionale.

«La nota positiva – prosegue Tiso – è che questo accordo dovrebbe porre fine a un lungo periodo di instabilità produttiva e incertezza commerciale a livello globale. Tuttavia, attendiamo di conoscere i dettagli dell’intesa per valutare con precisione le ripercussioni sul nostro settore primario e sui prodotti italiani, che già operano in un contesto economico difficile. Rimane però l’assioma principale: se l’Unione Europea non cambia rotta – rivedendo il proprio modello di sviluppo, recuperando competitività strategica e superando le divisioni e il nazionalismo interni – non potrà mai giocare un ruolo da protagonista nello scenario globale. Serve una scossa, prima che sia troppo tardi».

Una cosa è certa sul prato del resort di Golf a Turnberry, in Scozia, a metterla in buca è stato il presidente degli stati uniti, ma è ancor più certo che si è giocato un sport in cui la politica non ha voce, ma anzi risulta legata dai legacci della legge del più forte.

Sottanelli (Azione): «Accordo disastroso, anche l’Abruzzo paga il prezzo delle debolezze europee»

«Quello firmato in Scozia non è un accordo, è una resa. La Commissione Europea ha accettato dazi generalizzati del 15% su quasi tutto l’export europeo verso gli Stati Uniti e ha impegnato l’Europa in acquisti miliardari di energia e armamenti americani. E mentre von der Leyen stringe la mano a Trump, il Governo italiano applaude un’intesa che mette in ginocchio le nostre imprese. Altro che sovranismo».

Lo dichiara Giulio Sottanelli, deputato abruzzese di Azione.

«Per l’Abruzzo – prosegue Sottanelli – l’impatto sarà pesantissimo. Con 1,7 miliardi di esportazioni verso gli USA, siamo tra le regioni più esposte. Il nuovo dazio al 15% colpirà settori strategici come l’automotive e l’agroalimentare. Le perdite stimate per l’Abruzzo arrivano a 350 milioni di euro, tra effetti diretti e indotto».

«Questo accordo – incalza Sottanelli – certifica il fallimento di una leadership europea debole e priva di visione. Ha ragione Calenda: von der Leyen non ha avuto né forza né autorevolezza. Ma è ancor più grave l’atteggiamento del Governo italiano, che ha definito ‘positivo’ un accordo che danneggia l’Italia. Come Azione propone dal primo giorno di questa legislatura, servono misure concrete per aumentare la competitività della aziende italiane e sostegno ai settori più colpiti: credito agevolato, taglio dei costi energetici e logistici, una clausola di salvaguardia per il Made in Italy».

«Carlo Calenda, già da settimane, ha indicato con chiarezza la linea da seguire per evitare questo disastro – conclude Sottanelli –. Noi non avremmo mai accettato una resa unilaterale, ma costruito una risposta comune con gli altri Paesi colpiti, come Canada, Giappone e Corea del Sud, valutando contromisure concrete, incluso lo stop all’acquisto dei titoli del debito pubblico USA, una leva capace di mettere davvero sotto pressione l’economia americana. Oggi, le imprese italiane sono state lasciate sole dal Governo italiano e dalla governance europea».

Coldiretti: «Con il 15% servono compensazioni Ue per i settori più colpiti»

«L’accordo con tariffe al 15% è sicuramente migliorativo rispetto all’ipotesi iniziale del 30% che avrebbe causato danni fino a 2,3 miliardi di euro per i consumatori americani e per il Made in Italy agroalimentare. Tuttavia, il nuovo assetto tariffario, avrà impatti differenziati tra i settori e deve essere accompagnato da compensazioni europee per le filiere penalizzate anche considerando la svalutazione del dollaro. Dobbiamo aspettare di capire bene i termini dell’accordo e soprattutto di leggere la lista dei prodotti agroalimentari a dazio zero sui quali ci auguriamo che la Commissione Ue lavori per far rientrare, ad esempio, il vino che altrimenti sarebbe pesantemente penalizzato».

È quanto afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

Come già ribadito, Coldiretti sottolinea che non possono essere ammessi in Italia prodotti agroalimentari che non rispettano gli stessi standard sanitari, ambientali e sociali imposti alle imprese europee. È fondamentale che l’Unione Europea continui a difendere con fermezza il sistema delle Indicazioni Geografiche, che rappresentano una garanzia di qualità e origine, e un presidio culturale ed economico del nostro cibo.

«Abbiamo sempre spinto per un accordo e per superare l’incertezza che stava creando danni seri alle nostre imprese. Gli Stati Uniti restano un mercato fondamentale, dove dobbiamo proteggere i consumatori dalle imitazioni del falso made in Italy – dichiara il segretario generale della Coldiretti, Vincenzo Gesmundo –. In un mercato già invaso da prodotti come il parmesan o il romano cheese made in USA, dobbiamo portare avanti un’azione strutturale per promuovere il Made in Italy autentico e contrastare l’italian sounding, che negli Stati Uniti provoca ogni anno perdite stimate in oltre 40 miliardi di euro».