La cultura non si compra – riflessione sulla perdonanza – Valter di Carlo.
28 Agosto 2025 - 09:44:50
La cultura non si compra.
Una riflessione da scultore e cittadino aquilano sulla Perdonanza
Celestiniana e sull’identità aquilana.
Sono nato a L’Aquila e porto questa città nella pelle, nel sangue e
nelle mani. L’ho scolpita nelle mie opere, l’ho attraversata da artista
e da uomo, l’ho vista piegarsi e rialzarsi.
Sò quanto valga la memoria qui, quanto la cultura non sia un ornamento,
ma una radice viva che ci tiene uniti.
È con questo spirito che sento oggi il bisogno di parlare della
Perdonanza Celestiniana, non per alimentare polemiche, ma per difendere
un’idea di cultura che sento minacciata.
La Perdonanza è sempre stata una festa del popolo,un simbolo di
apertura, di perdono, di spiritualità e condivisione,un momento in cui
la città si ritrovava unita, senza barriere.
Ma oggi, pur riconoscendo il valore artistico di molti eventi, non posso
ignorare una trasformazione che mi lascia perplesso.
Sempre più spettacoli ed eventi sono a pagamento o accessibili solo su
prenotazione, con posti riservati, spazi transennati, ingressi
contingentati. Comprendo le esigenze organizzative e di sicurezza, ma mi
chiedo: non stiamo forse allontanando le persone più fragili, quelle che
più avrebbero bisogno di cultura?
È giusto che in una città che ha sofferto tanto, che porta ancora ferite
profonde, la cultura diventi un bene riservato a chi può permetterselo?
La bellezza non dovrebbe essere filtrata da un biglietto.
La musica, il teatro, la poesia non dovrebbero conoscere confini
economici.
Negli ultimi anni si sono spesi milioni per la cultura e questo è un
segnale importante.
Ma ogni investimento pubblico, soprattutto in una città che si fregia
del titolo di Capitale Italiana della Cultura, dovrebbe portare benefici
concreti e diffusi: teatri riaperti, spazi di creazione, percorsi
formativi, opportunità per i giovani e per chi vive la cultura non come
un lusso, ma come una necessità vitale.
Invece, ci troviamo con eventi spettacolari ma temporanei, mentre il
Teatro Comunale resta ancora chiuso, molte realtà artistiche faticano a
trovare spazio e voce, e interi quartieri restano fuori dalla grande
narrazione culturale.
L’Aquila è molto più della sua piazza centrale.
Sono un artista, non un amministratore. Ma l’arte ha anche un dovere
civile: far riflettere, denunciare, proporre.
E io vorrei proporre un ritorno a una cultura accessibile, pensata per
tutti. Dove non serve un invito, una prenotazione o una conoscenza per
sentirsi parte.
Vorrei che la Perdonanza tornasse a essere dono, non spettacolo per
pochi.
Che le sue piazze tornassero a riempirsi di volti diversi, senza filtri.
Che anche un passante, un anziano, un bambino potesse ascoltare un
concerto o assistere a una performance senza sentirsi di troppo.
Non sto accusando nessuno.
So che organizzare è difficile, e che il lavoro culturale merita
rispetto e compenso.
Ma tra compenso e chiusura, c’è una via di mezzo: quella
dell’equilibrio, della visione, della cura per chi la cultura la vive ai
margini.
La vera rinascita culturale non è nei numeri, ma nei volti di chi
partecipa.
Lo so bene, perché ho donato opere a questa città senza chiedere nulla
in cambio.
Perché l’arte ha senso solo se restituisce.
E oggi vorrei che anche la Perdonanza restituisse qualcosa: non solo
spettacoli, ma un senso di comunità, un gesto gratuito, una carezza
collettiva.
La cultura è di tutti.
E se non è accessibile, non è cultura è solo intrattenimento.
Torniamo a scegliere la prima.
Valter Di Carlo
Una riflessione da scultore e cittadino aquilano sulla Perdonanza
Celestiniana e sull’identità aquilana.
Sono nato a L’Aquila e porto questa città nella pelle, nel sangue e
nelle mani. L’ho scolpita nelle mie opere, l’ho attraversata da artista
e da uomo, l’ho vista piegarsi e rialzarsi.
Sò quanto valga la memoria qui, quanto la cultura non sia un ornamento,
ma una radice viva che ci tiene uniti.
È con questo spirito che sento oggi il bisogno di parlare della
Perdonanza Celestiniana, non per alimentare polemiche, ma per difendere
un’idea di cultura che sento minacciata.
La Perdonanza è sempre stata una festa del popolo,un simbolo di
apertura, di perdono, di spiritualità e condivisione,un momento in cui
la città si ritrovava unita, senza barriere.
Ma oggi, pur riconoscendo il valore artistico di molti eventi, non posso
ignorare una trasformazione che mi lascia perplesso.
Sempre più spettacoli ed eventi sono a pagamento o accessibili solo su
prenotazione, con posti riservati, spazi transennati, ingressi
contingentati. Comprendo le esigenze organizzative e di sicurezza, ma mi
chiedo: non stiamo forse allontanando le persone più fragili, quelle che
più avrebbero bisogno di cultura?
È giusto che in una città che ha sofferto tanto, che porta ancora ferite
profonde, la cultura diventi un bene riservato a chi può permetterselo?
La bellezza non dovrebbe essere filtrata da un biglietto.
La musica, il teatro, la poesia non dovrebbero conoscere confini
economici.
Negli ultimi anni si sono spesi milioni per la cultura e questo è un
segnale importante.
Ma ogni investimento pubblico, soprattutto in una città che si fregia
del titolo di Capitale Italiana della Cultura, dovrebbe portare benefici
concreti e diffusi: teatri riaperti, spazi di creazione, percorsi
formativi, opportunità per i giovani e per chi vive la cultura non come
un lusso, ma come una necessità vitale.
Invece, ci troviamo con eventi spettacolari ma temporanei, mentre il
Teatro Comunale resta ancora chiuso, molte realtà artistiche faticano a
trovare spazio e voce, e interi quartieri restano fuori dalla grande
narrazione culturale.
L’Aquila è molto più della sua piazza centrale.
Sono un artista, non un amministratore. Ma l’arte ha anche un dovere
civile: far riflettere, denunciare, proporre.
E io vorrei proporre un ritorno a una cultura accessibile, pensata per
tutti. Dove non serve un invito, una prenotazione o una conoscenza per
sentirsi parte.
Vorrei che la Perdonanza tornasse a essere dono, non spettacolo per
pochi.
Che le sue piazze tornassero a riempirsi di volti diversi, senza filtri.
Che anche un passante, un anziano, un bambino potesse ascoltare un
concerto o assistere a una performance senza sentirsi di troppo.
Non sto accusando nessuno.
So che organizzare è difficile, e che il lavoro culturale merita
rispetto e compenso.
Ma tra compenso e chiusura, c’è una via di mezzo: quella
dell’equilibrio, della visione, della cura per chi la cultura la vive ai
margini.
La vera rinascita culturale non è nei numeri, ma nei volti di chi
partecipa.
Lo so bene, perché ho donato opere a questa città senza chiedere nulla
in cambio.
Perché l’arte ha senso solo se restituisce.
E oggi vorrei che anche la Perdonanza restituisse qualcosa: non solo
spettacoli, ma un senso di comunità, un gesto gratuito, una carezza
collettiva.
La cultura è di tutti.
E se non è accessibile, non è cultura è solo intrattenimento.
Torniamo a scegliere la prima.
Valter Di Carlo