14 Settembre 2025 - 09:52:00

di Tommaso Cotellessa

L’Abruzzo si conferma tra le regioni italiane più a rischio infortuni mortali sul lavoro. Secondo l’ultima indagine dell’Osservatorio Sicurezza e Ambiente Vega, guidato dall’ingegnere Mauro Rossato, il territorio abruzzese è entrato per due anni su quattro in zona rossa, la fascia più critica della mappatura nazionale.

La classificazione si basa sull’indice di incidenza della mortalità rapportato alla popolazione lavorativa: un parametro che, sottolinea Rossato, «è l’unico capace di restituire un quadro realistico del fenomeno, andando oltre i numeri assoluti delle vittime».

Nel primo semestre 2025, l’indice medio nazionale si è attestato a 15,1 morti ogni milione di occupati. In Abruzzo, il dato è risultato superiore del 25% rispetto a questa media, collocando la regione nella fascia di emergenza assieme a Basilicata, Umbria, Trentino-Alto Adige, Sicilia, Puglia e Campania.

L’Abruzzo, dunque, non è un caso isolato, ma fa parte di un gruppo di territori con caratteristiche simili: popolazioni lavorative meno numerose e un tessuto produttivo in cui i settori tradizionalmente più esposti – come costruzioni, manifattura e trasporti – hanno ancora un peso rilevante.

Il rapporto Vega mette in luce anche le categorie più vulnerabili: gli stranieri, che in Italia hanno fatto registrare un’incidenza di 29,8 morti per milione di occupati (contro i 13,4 degli italiani), e gli ultrasessantacinquenni, che in Abruzzo – come nel resto del Paese – risultano i più colpiti, con tassi quasi doppi rispetto alla fascia 55-64 anni.

Il quadro abruzzese, in linea con quello delle altre regioni rosse, conferma come la questione sicurezza sul lavoro resti una vera emergenza. «La mortalità – spiega Rossato – non accenna a diminuire. Anzi, il passaggio da 14,8 morti per milione di occupati nel 2022 a 15,1 nel 2025 mostra una stabilità pericolosa che non possiamo accettare».

Un appello che riguarda da vicino anche l’Abruzzo, chiamato a rafforzare i controlli e investire nella cultura della prevenzione, affinché le statistiche non continuino a tradursi in vite spezzate.