Pizzola "Tirabassi pensa a Sulmona mentre la storia della città va in frantumi"
14 Ottobre 2025 - 11:57:32
Quello che sta avvenendo a Cape Pente resterà negli annali come il
peggior crimine culturale ai danni della città di Sulmona. Esecutrice
del crimine è la Snam ma il mandante è il Ministero della Cultura che,
attraverso i suoi organi periferici, ha consentito e continua a
permettere la distruzione di un irripetibile patrimonio archeologico.
Mentre lo scempio della nostra storia si consuma sotto il frenetico
lavorìo delle ruspe il sindaco Luca Tirabassi è assorto nel sognare la
Sulmonaland del futuro, con uno stadio della musica, parcheggi e centri
commerciali. All’ingresso della città, anziché l’insegna “Sulmona città
d’arte”, andrebbe collocato un cartello con la scritta “Sulmona città
senza arte né parte”. Altrove amministratori attenti e responsabili si
adoperano per salvare, studiare e valorizzare il patrimonio storico. Da
noi una politica sonnambula assiste inerte alla sua distruzione.
Che quella di Case Pente fosse un’importante area archeologica era noto
da molto tempo. Già tra Settecento e Ottocento vi fu rinvenuto il
sarcofago di epoca romana con le spoglie di “Numisina”. Alla fine
dell’Ottocento lo studioso Antonio De Nino rinvenne altri reperti, tra
cui quattro dolia (grandi vasi interrati per la conservazione di cibo e
bevande). Nel corso del ‘900 vennero fatte diverse altre scoperte, tra
cui la scritta in pietra dei “Callitani” conservata al Museo di Sulmona.
Ma è attraverso gli scavi di archeologia preventiva per la costruzione
della centrale Snam che sono venute alla luce tante e tali testimonianze
che confermano la qualificazione di Case Pente come complesso
strutturale unitario. In primo luogo, l’eccezionale scoperta delle
tracce di oltre 40 capanne risalenti all’Età del Bronzo, ovvero a 4200
anni fa, che portano a retrodatare di almeno mille anni gli insediamenti
umani nel territorio di Sulmona. Sono state rinvenute inoltre: due
necropoli con più di 120 tombe, rispettivamente di epoca romana e
dell’Età del Bronzo; una strada glareata romana che andava in direzione
del tempio di Ocriticum a Cansano; una seconda strada parallela
all’attuale via per Campo di Giove; un edificio termale; una villa
romana di 15 stanze; una fornace per la produzione di tegole; un dolio e
altre antiche mura.
La normativa nazionale per la tutela dei beni culturali e la convenzione
europea per la protezione del patrimonio archeologico impongono la
tutela integrale di un’area così ricca di testimonianze. Infatti, nel
2008 l’allora Soprintendenza archeologica regionale bocciò il progetto
della Lafarge Cementi, che intendeva insediarsi nella stessa area, con
questa motivazione: “Case Pente è un complesso tra i più importanti e
inediti dell’area peligna, che cela i resti di un insediamento vasto e
articolato, con tracce della viabilità, dell’abitato, della necropoli.
La tutela di tale contesto storico impone la non alterabilità dello
stato di fatto”.
Altro che inalterabilità! La Snam non è la Lafarge. Alla multinazionale
del gas tutto è consentito. Avanti con il profitto, il bene comune può
soccombere. Case Pente aveva tutti i requisiti per diventare un museo
“open air”, come è stato fatto ad esempio a Montale (Modena) con la
creazione di un Parco archeologico e Museo all’aperto, dove è stato
ricostruita una parte del villaggio dell’Età del bronzo con spazi
laboratoriali e strumenti multimediali. Il Parco si è rivelato un
successo: in venti anni ha fatto registrare ben 300.000 visitatori.
Da noi, invece, una classe politica inetta ed irresponsabile ha
consentito, e continua a consentire, di trasformare un patrimonio
culturale di grande valore, e una potenziale risorsa economica, in un
“campo di sterminio” della nostra storia per far posto ad un ecomostro
di cemento inutile e dannoso.
Sindaco, scenda dalla luna e faccia un bagno di realtà. Veda cosa stanno
facendo a Case Pente e ci dica cosa ne pensa. Le “grandi opere” sono già
arrivate. Non sono però quelle che lei sogna, ma quelle che daranno il
colpo di grazia ad un territorio in coma.
Sulmona, 14 ottobre 2025.
Coordinamento Per il clima
Fuori dal fossile
peggior crimine culturale ai danni della città di Sulmona. Esecutrice
del crimine è la Snam ma il mandante è il Ministero della Cultura che,
attraverso i suoi organi periferici, ha consentito e continua a
permettere la distruzione di un irripetibile patrimonio archeologico.
Mentre lo scempio della nostra storia si consuma sotto il frenetico
lavorìo delle ruspe il sindaco Luca Tirabassi è assorto nel sognare la
Sulmonaland del futuro, con uno stadio della musica, parcheggi e centri
commerciali. All’ingresso della città, anziché l’insegna “Sulmona città
d’arte”, andrebbe collocato un cartello con la scritta “Sulmona città
senza arte né parte”. Altrove amministratori attenti e responsabili si
adoperano per salvare, studiare e valorizzare il patrimonio storico. Da
noi una politica sonnambula assiste inerte alla sua distruzione.
Che quella di Case Pente fosse un’importante area archeologica era noto
da molto tempo. Già tra Settecento e Ottocento vi fu rinvenuto il
sarcofago di epoca romana con le spoglie di “Numisina”. Alla fine
dell’Ottocento lo studioso Antonio De Nino rinvenne altri reperti, tra
cui quattro dolia (grandi vasi interrati per la conservazione di cibo e
bevande). Nel corso del ‘900 vennero fatte diverse altre scoperte, tra
cui la scritta in pietra dei “Callitani” conservata al Museo di Sulmona.
Ma è attraverso gli scavi di archeologia preventiva per la costruzione
della centrale Snam che sono venute alla luce tante e tali testimonianze
che confermano la qualificazione di Case Pente come complesso
strutturale unitario. In primo luogo, l’eccezionale scoperta delle
tracce di oltre 40 capanne risalenti all’Età del Bronzo, ovvero a 4200
anni fa, che portano a retrodatare di almeno mille anni gli insediamenti
umani nel territorio di Sulmona. Sono state rinvenute inoltre: due
necropoli con più di 120 tombe, rispettivamente di epoca romana e
dell’Età del Bronzo; una strada glareata romana che andava in direzione
del tempio di Ocriticum a Cansano; una seconda strada parallela
all’attuale via per Campo di Giove; un edificio termale; una villa
romana di 15 stanze; una fornace per la produzione di tegole; un dolio e
altre antiche mura.
La normativa nazionale per la tutela dei beni culturali e la convenzione
europea per la protezione del patrimonio archeologico impongono la
tutela integrale di un’area così ricca di testimonianze. Infatti, nel
2008 l’allora Soprintendenza archeologica regionale bocciò il progetto
della Lafarge Cementi, che intendeva insediarsi nella stessa area, con
questa motivazione: “Case Pente è un complesso tra i più importanti e
inediti dell’area peligna, che cela i resti di un insediamento vasto e
articolato, con tracce della viabilità, dell’abitato, della necropoli.
La tutela di tale contesto storico impone la non alterabilità dello
stato di fatto”.
Altro che inalterabilità! La Snam non è la Lafarge. Alla multinazionale
del gas tutto è consentito. Avanti con il profitto, il bene comune può
soccombere. Case Pente aveva tutti i requisiti per diventare un museo
“open air”, come è stato fatto ad esempio a Montale (Modena) con la
creazione di un Parco archeologico e Museo all’aperto, dove è stato
ricostruita una parte del villaggio dell’Età del bronzo con spazi
laboratoriali e strumenti multimediali. Il Parco si è rivelato un
successo: in venti anni ha fatto registrare ben 300.000 visitatori.
Da noi, invece, una classe politica inetta ed irresponsabile ha
consentito, e continua a consentire, di trasformare un patrimonio
culturale di grande valore, e una potenziale risorsa economica, in un
“campo di sterminio” della nostra storia per far posto ad un ecomostro
di cemento inutile e dannoso.
Sindaco, scenda dalla luna e faccia un bagno di realtà. Veda cosa stanno
facendo a Case Pente e ci dica cosa ne pensa. Le “grandi opere” sono già
arrivate. Non sono però quelle che lei sogna, ma quelle che daranno il
colpo di grazia ad un territorio in coma.
Sulmona, 14 ottobre 2025.
Coordinamento Per il clima
Fuori dal fossile