31 Ottobre 2025 - 09:15:45
di Vanni Biordi
Tre anni di denunce, sopralluoghi e condizioni igienico-sanitarie precarie non sono bastati a sbloccare l’annoso problema della fuoriuscita di liquami nei pressi delle palazzine Ater di via Monte Salviano del quartiere di San Francesco. E adesso si alzano i toni, per chiedere una resa dei conti in una sede istituzionale.
Il capogruppo del Partito Democratico in Consiglio comunale, Stefano Albano, ha ottenuto la convocazione della Commissione Territorio per mercoledì 5 novembre, con l’obiettivo di mettere attorno allo stesso tavolo tutti i soggetti coinvolti: l’assessore Vito Colonna, il dirigente Vincenzo Tarquini, i residenti e i rappresentanti di Asl, Gran Sasso Acqua e Ater.
«Quando nel 2022 lo denunciavo per la prima volta, era già da più di un anno che i residenti facevano i conti con le precarie condizioni igienico-sanitarie che furono accertate anche dalla Asl», ricorda Albano. La causa è nota: il sistema fognario esistente risulta sottodimensionato rispetto agli allacci di acque chiare e scure. Nonostante ciò, e nonostante le palazzine Ater sorgano su terreni comunali, «gli interventi di ripristino ad oggi non sono stati ancora eseguiti».
Il problema, come accertato dai sopralluoghi, risiede nella capacità limitata della rete fognaria di Via Monte Salviano di gestire il volume complessivo degli scarichi. Il sottodimensionamento si manifesta con il riflusso e la fuoriuscita dei liquami, soprattutto in momenti di maggiore carico idrico, come ad esempio in caso di forti piogge, se le acque bianche finiscono impropriamente nella rete delle acque nere, esacerbando il problema.
Quali sono le possibili soluzioni tecniche per un sistema fognario sottodimensionato che potrebbero essere discusse al tavolo della Commissione Territorio?
Intanto possiamo consigliare un potenziamento della rete attraverso uno scavo tradizionale. La soluzione più diretta, ma, dobbiamo ammettere, anche la più invasiva e costosa, consiste nella sostituzione o nell’affiancamento della condotta esistente con tubazioni di diametro maggiore, per incrementare la portata massima. Questo richiede scavi estesi e tempi lunghi.
Per ridurre l’impatto ambientale e i disagi per i residenti, si può ricorrere al relining. Questa tecnica prevede l’inserimento di una speciale “calza” in feltro impregnata di resine epossidiche all’interno della condotta esistente. La guaina, una volta polimerizzata, spesso con acqua calda, vapore o raggi UV, crea un nuovo tubo strutturale, più resistente e con un coefficiente di scabrezza interno ridotto, aumentando così la capacità di deflusso e risolvendo problemi di infiltrazioni/perdite, pur mantenendo lo stesso diametro esterno. Possiamo considerarlo un intervento rapido e meno invasivo.
Se il problema è causato da un allaccio improprio delle acque chiare nella fognatura delle acque nere, la soluzione fondamentale è la separazione delle reti. Le acque piovane devono essere convogliate in un sistema dedicato o, dove possibile, in vasche di laminazione o dispersione nel terreno, per alleggerire il carico sulla fognatura delle acque scure.
Nel caso in cui il problema sia dovuto a dislivelli o contropendenze che ostacolano il deflusso per gravità, si può prevedere l’installazione di impianti di sollevamento, tipo pompe per liquami, che sollevino le acque reflue a un livello superiore per reintrodurle nella rete principale. In alternativa, in contesti particolari, si può valutare un sistema di fognatura in depressione.
Fermo restando che un programma di manutenzione straordinaria e ordinaria intensivo, con pulizia e spurgo periodico dei pozzetti e delle condotte, è indispensabile per prevenire ulteriori ostruzioni che peggiorerebbero il sottodimensionamento.
Stefano Albano, supportato dai colleghi Stefano Palumbo e Stefania Pezzopane, punta a fare chiarezza su un ritardo definito «clamoroso», mettendo di fronte alle loro responsabilità tutti i soggetti che, in questi anni, avrebbero dovuto trovare e implementare una soluzione. La presenza in Commissione di Ater che è proprietaria delle palazzine, del Comune, che è proprietario dei terreni e custode della rete fognaria pubblica, della Asl per la tutela igienico-sanitaria e della Gran Sasso Acqua come ente gestore, deve avere come obiettivo quello di stabilire con certezza le competenze e le risorse necessarie per avviare finalmente i lavori. Altrimenti i tavoli delle Commissioni consiliari sono inutili.
Quello che ci aspettiamo è che l’ufficialità e la verbalizzazione degli interventi in sede istituzionale possano finalmente indurre i responsabili a cominciare i lavori, garantendo ai residenti di via Monte Salviano il diritto a vivere in condizioni di dignità e sicurezza igienico-sanitaria.
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