03 Novembre 2025 - 11:15:53
di Vanni Biordi
«Il Papa all’Aquila? Non lo so, spero di sì, me lo auguro per voi».
Così il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha risposto, arrivando all’Aquila per partecipare all’incontro ‘Artigiani di Pace, la via del dialogo’, alla domanda se giudica possibile che Papa Leone possa tornare nel capoluogo.
L’incontro, promosso dall’assessore alla Cultura Roberto Santangelo e organizzato dal Teatro Stabile d’Abruzzo, è stato organizzato nell’Auditorium del Parco, a pochi passi dal monastero agostiniano di Sant’Amico, che l’attuale pontefice visitò qualche tempo dopo il terremoto del 2009 da Priore generale degli Agostiniani.
«Lui è stato per tanti anni il padre generale degli Agostiniani – conferma Zuppi, sottolineando i legami storici e spirituali tra la città e l’ordine – Conosce tutti, li porta nel cuore, è molto agostiniano, si sente nella comunità agostiniana»
«Per cui lo spero e lo auguro per loro e per tutti – aggiunge – perché vorrebbe dire che la propria storia resta, che i legami restano. Questa è sempre chiesa e comunità, e che anche il Papa continui ad avere i legami che l’hanno accompagnato per tanti anni, da figlio di Sant’Agostino. Penso che sia importante».
In un mondo sempre più frammentato, dove il rumore delle armi sovrasta quello delle parole, parlare di pace sembra quasi un atto di resistenza.
Eppure, questa mattina, la parola pace ha ripreso corpo e voce, tornando a essere non un sogno lontano, ma un impegno quotidiano. L’occasione è stata l’incontro “Artigiani di Pace, la via del dialogo”, promosso dal Teatro Stabile d’Abruzzo, che ha visto confrontarsi il Cardinale Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, e lo scrittore Riccardo Pedicone, uno dei volti nuovi della letteratura italiana.
Un dialogo, quello tra fede e cultura, che oggi appare quanto mai necessario. L’Aquila, città simbolo della ricostruzione materiale e morale dopo il terremoto del 2009, si è fatta ancora una volta laboratorio di rinascita civile e spirituale. A fare gli onori di casa il sindaco Pierluigi Biondi e Santangelo, che hanno salutato l’iniziativa sottolineando come la cultura, se nutrita di confronto e solidarietà, possa farsi argine contro le derive dell’odio e della disgregazione sociale.

Il Cardinale Zuppi, con la sua consueta chiarezza, ha ricordato che «la guerra è sempre una sconfitta per tutti, e la pace deve essere una vittoria per tutti». Una frase che suona come un monito, ma anche come una chiamata alla responsabilità collettiva. «Il vero pacifista, ha aggiunto, non è chi si rifugia in uno spazio individuale o in un’ideologia, ma chi costruisce la pace nei fatti, giorno per giorno». Parole che risuonano forti in un tempo attraversato da conflitti che sembrano non avere fine: dall’Ucraina al Medio Oriente, fino ai fronti dimenticati dell’Africa, la cronaca internazionale racconta una nuova era di contrapposizioni, in cui la diplomazia fatica a farsi ascoltare.
Eppure, è proprio qui che il messaggio di Zuppi trova la sua urgenza. Parlare di pace non è un esercizio retorico, ma un atto politico, culturale e umano. Essere “artigiani di pace” significa assumersi la fatica del dialogo, rinunciare alla semplificazione e alla rabbia, scegliere la via più difficile ma anche l’unica feconda: quella dell’incontro. In questo senso, l’incontro di oggi non è stato soltanto un evento culturale, ma un segno concreto di speranza.
Accanto al Cardinale, Riccardo Pedicone ha portato la prospettiva di chi vive la parola come strumento di relazione e di costruzione di senso. Nelle sue opere e nei suoi interventi pubblici, Pedicone ha spesso sottolineato come la letteratura, se autentica, non debba chiudersi nella torre d’avorio dell’estetica, ma aprirsi al mondo, farsi voce delle fragilità e delle possibilità dell’uomo contemporaneo. «Scrivere oggi – ha ricordato – significa scegliere di non essere indifferenti. La parola è il primo gesto di pace».

È questo forse il cuore del messaggio lanciato dall’Aquila: la pace non è un concetto astratto, ma un’arte quotidiana, un’opera collettiva. Non è un privilegio per pochi, ma un diritto e un dovere di tutti. E per questo deve essere appresa, praticata, custodita.
Nel silenzio raccolto dell’Auditorium del Parco, tra studenti, insegnanti, religiosi, cittadini e rappresentanti delle istituzioni, la parola dialogo ha assunto il suo significato più profondo: non solo scambio di idee, ma costruzione di legami. Perché la pace, come ricordava don Tonino Bello, è «convivialità delle differenze», non cancellazione delle diversità.

In un’epoca in cui la comunicazione globale moltiplica le distanze invece di ridurle, iniziative come questa assumono un valore simbolico e concreto insieme. Il messaggio che parte dall’Aquila, città ferita ma viva, che sa cosa significhi rialzarsi, è chiaro: la pace non si invoca, si costruisce. E ogni gesto di dialogo, ogni parola pronunciata contro l’indifferenza, è un mattone in più su questa strada difficile ma necessaria.
Essere “artigiani di pace” significa allora imparare un mestiere antico e sempre nuovo: quello di restituire umanità al mondo. Un compito che oggi, più che mai, riguarda ciascuno di noi.
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