08 Novembre 2025 - 18:36:02
di Vanni Biordi
L’Abruzzo si trova al centro di una dinamica demografica che caratterizza in modo sempre più critico il Mezzogiorno italiano: lo squilibrio tra il numero di pensioni erogate e gli occupati attivi. Come evidenziato dai recenti studi dell’Ufficio Studi della CGIA, la Regione Abruzzo rientra nel quadro meridionale con un saldo negativo tra occupati e pensionati, registrando -9.543 unità, 507.890 occupati contro 517.433 pensioni nel 2024. Non solo, la regione si posiziona al quarto posto in Italia per indice di anzianità dei dipendenti privati con il 77,5%, ben al di sopra della media nazionale del 65,2%. Questo rapporto, calcolato tra gli over 55 e gli under 35, suona come un campanello d’allarme per la tenuta del sistema produttivo e la trasmissione del know-how.
L’alto indice di anzianità del lavoro privato in Abruzzo non si distribuisce in modo omogeneo, ma colpisce con maggiore intensità alcuni settori produttivi vitali per l’economia regionale. Storicamente, l’invecchiamento della forza lavoro è un fenomeno più accentuato in comparti tradizionali o dove l’innovazione e la riqualificazione sono state più lente.
L’agricoltura è uno dei settori più esposti. Il lavoro in agricoltura è spesso legato a un modello di impresa familiare e a competenze tramandate che faticano ad attrarre le nuove generazioni. L’età media elevata degli agricoltori (tendenza comune in Italia) rende il ricambio generazionale una priorità assoluta per l’ammodernamento delle tecniche e la sostenibilità del comparto.
Nelle province abruzzesi come Chieti e L’Aquila, dove la tradizione artigiana è forte, la popolazione attiva è invecchiata. La difficoltà nel trovare apprendisti e giovani disposti a imparare mestieri spesso faticosi e che richiedono una lunga gavetta mette a rischio la sopravvivenza di conoscenze e competenze altamente specializzate.
Anche se una parte dell’industria abruzzese, come la farmaceutica, mostri dinamismo, l’anzianità è critica nei ruoli operativi e nelle funzioni legate a tecnologie meno recenti, dove il pensionamento di massa dei baby-boomer rischia di creare un vuoto di esperienza non colmabile nel breve periodo.
La Regione Abruzzo ha riconosciuto la gravità del fenomeno, in particolare nel settore primario, e ha attivato politiche mirate per incentivare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, con particolare attenzione al ricambio generazionale in agricoltura.
La strategia regionale si concentra principalmente sugli aiuti all’avviamento di attività imprenditoriali per i giovani agricoltori, questo capita spesso nell’ambito delle Misure del Programma di Sviluppo Rurale, con l’obiettivo di incentivare la costituzione di nuove imprese, offrendo un sostegno economico significativo, fino a 60/70.000 euro, per i giovani tra i 18 e i 41 anni non compiuti che si insediano per la prima volta in un’azienda agricola come capo dell’impresa. Questi bandi richiedono spesso la presentazione di un Piano di sviluppo aziendale, spingendo all’adozione di approcci produttivi innovativi e sostenibili.
Non mancano, inoltre, iniziative più ampie a sostegno dell’innovazione delle PMI attraverso bandi regionali per gli investimenti produttivi (FESR), che pur non essendo esclusivamente dedicate al ricambio generazionale, favoriscono l’ingresso di nuove tecnologie e l’alta formazione, elementi cruciali per l’assunzione di personale più giovane e qualificato.
Nonostante Pescara riesca a mantenere, per ora, un leggero saldo positivo tra occupati e pensionati, l’indice di anzianità regionale del 77,5% sottolinea che il problema è strutturale e diffuso.
Nota a margine: il caso Abruzzo è un monito per l’intero sistema Paese. L’alto indice di anzianità dei dipendenti privati, tra i più elevati del Mezzogiorno, non è solo una cifra: è un indicatore di un drenaggio inesorabile di esperienza e competenze che rischia di bloccare la competitività. Le politiche regionali, sebbene encomiabili nel settore agricolo, devono essere estese e rafforzate per incidere anche nel manifatturiero avanzato e nel terziario specializzato, dove l’uscita dei baby-boomer è imminente.
È fondamentale che la Regione Abruzzo intensifichi i programmi di staffetta generazionale, magari incentivando formule di lavoro part-time combinato tra i pensionandi e i neoassunti, al fine di garantire un’efficace trasmissione del saper fare. La sfida non è solo demografica, ma di politica industriale e formativa. Senza un massiccio e rapido innesto di giovani qualificati, l’Abruzzo rischia di perdere non solo lavoratori, ma la sua stessa memoria produttiva. Quello che consiglio, leggendo i dati, è quello di mettere subito a terra un’azione sinergica che combini la lotta al lavoro nero con l’attrazione dei talenti giovanili e femminili, altrimenti si compromette la stabilità economica e sociale futura.
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