13 Novembre 2025 - 17:07:43

di Tommaso Cotellessa

L’argomento della condizione all’interno delle carceri italiane è da anni un grande elefante nella stanza del dibattito pubblico nazionale.

Nella patria che ha dato i natali a Cesare Beccaria di carcere si parla sempre meno, così come dei detenuti, dei loro diritti e della loro condizione. La funzione riabilitativa della pena sembra qualcosa di lontano per una società che si scopre sempre più giustizialista e vendicativa. La tensione che prevale sembra essere sempre la stessa: quella di veder pagare duramente colui che si ritiene colpevole, punirlo duramente o altrimenti sbarazzarsene.

Il detenuto è qualcuno che non si vuol vedere, un individuo da ridurre ai margini della società, in quanto non vi si trova del bene, non si crede in una reale riabilitazione e in un concreto reinserimento all’interno della società. Alla base di atteggiamenti del genere, tuttavia vi è sempre un sentimento recondito ma che condiziona in maniera assoluta, ovvero la paura del diverso e di aver vicino colui che si ritiene lontano da sé.

In questo scenario ogni tentativo di riabilitazione, ricostruzione della fiducia in un sistema penale che sin dà principio si identifica come rieducativo è un gesto nobile a cui dar credito.

In questo filone si inserisce l’impegno portato avanti dalla garante dei detenuti della Regione Abruzzo, Monia Scalera, la quale sta portando avanti un’iniziativa volta ad incrementare l’offerta di percorsi di formazione personalizzati per i minori detenuti nelle strutture abruzzesi, al fine di favorire l’integrazione la professionalizzazione di questi ultimi.

Il tema del reinserimento si fa, infatti, ancor più urgente quando si parla di detenuti minori, in quanto in tal caso non solo la prospettiva di una rinascita e di una nuova vita si manifesta in maniera più calzante ma anche perché la condizione di questi giovani detenuti richiama ad una responsabilità collettiva che vede coinvolte tutte le istituzioni e l’intera società civile.

L’intenzione della Scalera, come spiegato da lei stessa è quella di «garantire ai minori detenuti percorsi di formazione personalizzati, che tengano conto delle potenzialità e delle fragilità di ciascuno, con l’obiettivo del reinserimento sociale e lavorativo – ha spiegato Scalera – Vogliamo offrire un percorso professionalizzante certo, con attestazioni riconosciute e spendibili. Un modo per dare una seconda possibilità e costruire davvero un futuro diverso».

Il tema è stato al centro di un incontro con il Direttore del Centro per la Giustizia Minorile, Antonio Pappalardo, insieme all’assessore regionale alle politiche sociali, Roberto Santangelo, e alla direttrice del Dipartimento, Emanuela Grimaldi.

L’auspicio è quello di poter offrire una speranza a coloro che troppo spesso la società vuol vedere disperati.