21 Novembre 2025 - 15:24:50

di Martina Colabianchi

La Corte d’Assise dell’Aquila ha ascoltato in videocollegamento un’addetta diplomatica dell’ambasciata israeliana a Parigi, chiamata dall’accusa a intervenire sulla natura dell’insediamento di Avnei Hefetz, elemento ritenuto centrale nel processo per terrorismo internazionale a carico dei cittadini palestinesi Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh.

I tre sono stati arrestati dalla Digos dell’Aquila nel marzo 2024 con l’accusa di associazione con finalità di terrorismo, ma Irar e Doghmosh erano stati scarcerati per insufficienza di prove.

I tre uomini, nello specifico, sarebbero accusati di far parte delle “Brigate Martiri di Al-Aqsa“, di averne costituito una sorta di costola (il “Gruppo di risposta rapida – Brigate Tulkarem“) e di aver pianificato attentati contro obiettivi militari e civili.

All’esterno del tribunale, in contemporanea, c’è stato un presidio convocato da collettivi e realtà solidali con gli imputati, con partecipanti arrivati anche da diverse città del Centro Italia.

Nel corso dell’iniziativa sono state contestate la scelta di sentire un rappresentante diplomatico israeliano come teste dell’accusa e, secondo gli organizzatori, l’utilizzo dell’articolo 270-bis per condotte legate al sostegno alla resistenza palestinese. In precedenza era stata ipotizzata la presenza all’Aquila di un rappresentante dell’ambasciata in Italia, o dell’ambasciatore stesso.

In aula il confronto si è concentrato su Avnei Hefetz, insediamento coloniale israeliano nei pressi di Tulkarem, in Cisgiordania, citato in alcune intercettazioni come possibile obiettivo di un’azione discussa nelle chat degli imputati. Per la Procura l’area è un insediamento civile e, in quanto tale, ogni riferimento a un’azione contro quel luogo rientrerebbe nella cornice del terrorismo internazionale, impostazione confermata dall’addetta dell’ambasciata ascoltata come teste.

La difesa sostiene invece che Avnei Hefetz comprenda anche una base militare e strutture di sicurezza, contestando quindi che possa essere qualificato come “obiettivo civile”. Su questo punto si gioca una parte decisiva del procedimento: la natura dell’insediamento incide direttamente sulla qualificazione giuridica delle condotte contestate ai tre palestinesi nel quadro dell’articolo 270-bis del codice penale.