24 Novembre 2025 - 09:53:36
di Tommaso Cotellessa
Tracimazione del ruolo della magistratura e ingerenza pericolosa nella sfera della vita familiare e dell’autonomia educativa dei genitori.
Con queste parole l’associazione Codici bolla il comportamento del Tribunale per i Minorenni dell’Aquila riguardo la vicenda dei tre minori residenti nei boschi di Palmoli. Il giudice ha infatti disposto l’allontanamento urgente per la bimba di 8 anni ed i due gemelli di 6 educati e cresciuti secondo un modello di vita dai tratti alternativi. Il provvedimento di allontanamento è inoltre accompagnato dalla sospensione della responsabilità genitoriale e il collocamento dei minori in una casa-famiglia.
La decisione, per il segretario nazionale di Codici, Ivano Giacomelli, si inserisce in un trend ormai consolidato: la progressiva erosione del principio di non interferenza dell’autorità giudiziaria nelle scelte esistenziali e educative operate nell’ambito della famiglia.
«Registriamo con preoccupazione – scrive Giacomelli – l’invasione di campo della magistratura su un tema, quello della famiglia, su cui le era precluso l’intervento, essendo il nucleo fondamentale di libertà personale. In passato entrava in situazioni di abusi e violenza, mentre in questa vicenda si sostituisce alle idee dei genitori, per quanto criticabili possano essere. La giurisprudenza costituzionale e convenzionale riconosce da decenni che la responsabilità genitoriale rientra nella sfera di libertà personale e familiare. Nel caso di Palmoli, invece, l’intervento giudiziario appare motivato da dichiarazioni di principio altisonanti, come la tutela generica del ‘diritto alla vita di relazione’, ma privo di un concreto accertamento di un pregiudizio attuale e irreparabile, trasformando un potere eccezionale in una sanzione verso uno stile di vita non conforme alla cultura dominante».
La critica mossa dal rappresentante dell’associazione è dunque rivolta ad un certo tipo di magistratura minorile caratterizzata da un comportamento dettato dalla volontà di imporre un modello educativo e culturale unico piuttosto che limitarsi a perseguire criteri giuridici, giudicando inadeguate tutte le scelte familiari che non coincidono con la mentalità ‘standardizzata’ della società urbana, tecnologica e iper-regolamentata.
Si tratterebbe per l’associazione di una deriva gravissima e incompatibile con lo Stato di diritto.
«L’esperienza giudiziaria mostra come la formula della ‘tutela del minore’ sia divenuta un contenitore elastico, impiegato per giustificare interventi punitivi, sproporzionati e privi di effettiva base probatoria. È sufficiente osservare l’andamento marcatamente punitivo di una parte della giurisprudenza verso i padri nelle controversie familiari, la persistente ottusità interpretativa con cui si presume, senza adeguata istruttoria, che uno stile educativo non conforme sia di per sé lesivo, ed il frequente uso delle misure limitative della responsabilità genitoriale come forme di pressione e adeguamento culturale. In questo contesto, il caso dei fratellini di Palmoli rappresenta l’ennesimo episodio in cui l’intervento giudiziario non serve a proteggere i minori, ma a normalizzare una famiglia che non accetta modelli educativi convenzionali. L’allontanamento, pur gestito in forma non traumatica, rimane un provvedimento invasivo, irreversibile nei suoi effetti psicologici, ammissibile solo come extrema ratio».
Per i rappresentanti di Codici è necessario limitare per legge la discrezionalità delle corti minorili, introdurre criteri stringenti di accertamento del pregiudizio, fondati su prove medico-psicologiche e non su opinioni, rafforzare i controlli sulle decisioni dei tribunali tramite sezioni specializzate di appello, garantire una reale applicazione del principio di sussidiarietà: prima di privare i genitori dei figli, si devono adottare misure meno invasive.
«La vicenda di Palmoli è l’emblema di un sistema che rischia di trasformare i giudici minorili in ingegneri sociali, pronti a sostituire la propria visione culturale a quella dei genitori. Ribadiamo che la famiglia è un luogo di libertà, non un settore da normalizzare tramite provvedimenti d’urgenza. La magistratura deve uscire dalle interferenze indebite, rispettare la Costituzione e limitare il proprio intervento ai soli casi in cui vi sia un danno reale, serio e comprovato per il minore. Continueremo a vigilare e a intervenire in tutte le sedi competenti affinché simili abusi non restino senza risposta».
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