25 Novembre 2025 - 09:18:32

di Tommaso Cotellessa

Troppo spesso, di questi tempi, l’informazione si trasforma in una fitta foresta in cui fronde e cespugli rendono impossibile scorgere la realtà. Per tentare di orientarsi è necessario aprirsi un varco, scansando rami e fogliame, così da poter restare su un sentiero chiaro e distinto. Siamo sommersi dalle notizie, questo ormai lo sappiamo bene: ne siamo accerchiati fino alla nausea, tanto da ritrovarci spesso costretti a una lettura superficiale e episodica degli avvenimenti.

Un approccio del genere rende pressoché impossibile cogliere ciò che va oltre il gossip o il feticismo, soprattutto quando si affrontano argomenti che diventano “caldi” e quindi particolarmente esposti a interpretazioni partigiane.

La vicenda di Palmoli, della cosiddetta “famiglia nel bosco” — espressione che già di per sé favorisce un approccio sensazionalistico — è un esempio ideale di storia capace di attirare l’attenzione e, allo stesso tempo, di far filtrare in modo sottile convinzioni o credenze preconfezionate. È una storia complessa e dolorosa, come lo è ogni fatto di cronaca che coinvolge dei minori: dolorosa per i genitori e dolorosa per i tre bambini.

Ed è necessario partire da un presupposto: ogni genitore desidera il bene dei propri figli. “Quale uomo, se un figlio gli chiede del pane, gli dà una pietra?”. Ognuno educa secondo il proprio stile di vita e la propria forma mentis, nella convinzione che sia la più giusta e la più eticamente corretta. Il ruolo del genitore è tra i più nobili e necessari, e proprio per questo merita rispetto.

Al contempo, però, è sempre il minore che deve restare al centro: il suo presente e il suo futuro sono i beni più preziosi da custodire.

In questa sede, tuttavia, non si vogliono formulare sentenze. Tutt’altro.

Il motivo di questo scritto non è affermare certezze, ma piuttosto esprimere interrogativi e dubbi. Mi stupisce, e un po’ mi preoccupa, la sicurezza granitica con cui alcuni indossano subito la casacca del giudice, pronunciando verità che nessun dubbio sembra riuscire a scalfire. Da parte mia, di fronte a vicende come questa, mi sento sommerso dalle domande. So bene quanto la situazione sia complessa, e la sicurezza altrui finisce addirittura per far sorgere un dubbio ulteriore, un interrogativo che quasi mi vergogno a formulare per la sua miseria.

E se al centro di tutto questo clamore non ci fossero davvero i bambini?

Se il fine ultimo fosse un altro?

La mia diffidenza verso i complottismi mi porta a scacciare subito simili pensieri. Ma per un attimo indugio nella domanda.

E se questa vicenda fosse diventata l’occasione per delegittimare la magistratura?

E se gli attacchi alle toghe non nascessero da autentica solidarietà, ma da altro?

E se non fosse un caso che proprio in queste settimane si discute del referendum sulla giustizia?

E se non fosse un caso nemmeno che l’avvocato che difende la coppia sia un esponente politico, Giovanni Angelucci, segretario della Lega di Francavilla al Mare?

E se questa storia fosse stata scelta come terreno ideale per scagliare l’opinione pubblica contro la magistratura, facendo leva sulla pietas verso i bambini e sulla libertà dei genitori

A queste domande una risposta c’è: se così fosse, sarebbe ignobile.

Ma, per fortuna — a differenza di quanto scrisse Pasolini — io non solo non ho le prove, ma nemmeno so.

E, in fondo, mi sta bene così.

Confidiamo nella migliore crescita possibile per quei bambini, ma anche per il nostro Paese e per la nostra democrazia.