26 Novembre 2025 - 09:45:41
di Redazione
«Il riconoscimento di L’Aquila Capitale italiana della cultura 2026 può rappresentare un’importante opportunità per la nostra terra. Riteniamo che tutti dovrebbero poter dare il proprio contributo con l’obiettivo di arricchire la manifestazione e rafforzarla nell’interesse culturale, sociale ed economico della città, mentre crediamo che sbagli chi si contrappone a prescindere all’evento».
Lo scrive in una nota il Partito democratico cittadino che sottolinea come l’amministrazione sia «indietro con la programmazione difetta di trasparenza e coinvolgimento. Così si rischia di gettare un’occasione per la città».
Il Pd parla quindi di nessuna concertazione sul programma: «Il prossimo 3 dicembre, da Roma, il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi, auto delegato alla cultura, ci rivelerà finalmente qualcosa sul programma di L’Aquila Capitale italiana della cultura 2026 che, fino ad oggi, è stato tenuto nascosto, quasi segreto. Prova ne è che in città nessuno conosce i contenuti e i contorni di questo programma, nemmeno gli operatori culturali. Attualmente infatti l’amministrazione, senza chiarire i criteri di selezione, ha scelto di finanziare solo una parte dei progetti finiti nel dossier che ha permesso al capoluogo abruzzese di vincere il titolo di Capitale italiana della cultura. A fronte di un finanziamento da milioni di euro, a decidere sono in pochi, i soliti noti, chiusi nelle stanze di Palazzo Margherita come d’abitudine».
«Più volte – sottolineano i dem – l‘amministrazione ha annunciato bandi per raccogliere contributi e proposte dal territorio. Solitamente infatti, quando si è in presenza di kermesse di livello nazionale o internazionale, la prassi è quella di coinvolgere la società locale con l’obiettivo, semplice ma molto efficace, di moltiplicare le intelligenze. Tuttavia Biondi ha annunciato qualche giorno fa lo sblocco di risorse Restart destinate alla Capitale ma, a un mese dall’inizio della manifestazione, non c’è ancora nessun bando che permetta a tutte le alte associazioni che lo volessero di partecipare e che – soprattutto se piccole – a questo punto farebbero fatica a programmare, senza certezze e in poco tempo, un loro intervento. Il centrodestra parla di coinvolgimenti che arriveranno in corso e di un programma che potrà essere implementato, ma in realtà non sembrano essere garantite le condizioni necessarie per una partecipazione davvero aperta che permetta alle migliori idee progettuali, al di là di chi le propone, di poter essere sviluppate. Del resto nessun altra Capitale della Cultura ha avviato il proprio anno di iniziative con un programma monco, ancora da definire e allargare alle proposte dal basso. La sensazione è che intorno a questa capitale della cultura regni una gran confusione, ammantata solo da una sfarzosa, quanto inconsistente, dimensione comunicativa che gode però di ingentissime risorse che non vorremmo trasformassero il riconoscimento di Capitale italiana della cultura nell’ennesima macchina di propaganda di Biondi e della sua Giunta, con la città priva di voce in capitolo».
Il Partito democratico pertanto chiede all’amministrazione quale sia il progetto: «La domanda più importante da fare attorno al programma è tuttavia un’altra: che cosa produrrà? La ratio infatti con cui sono state istituite simili manifestazioni è quella di investire risorse e proposte che possano generare nel tempo al territorio un ritorno economico e culturale, nel quadro di un progetto e quindi di una visione della città che vada ben oltre il solo 2026. Eppure proprio su questo troviamo le maggiori lacune. Come verranno spesi gli ingenti fondi investiti? L’obiettivo dovrebbe essere quello di fare della cultura una vera e propria industria, capace quindi di creare nuovi posti di lavoro e dare impulso all’economia, cosa possibile soprattutto in una città che gode di un’attrezzatura culturale di livello metropolitano. Ecco perché quindi sarebbe necessario coinvolgere direttamente chi ha le competenze, associazioni ed istituzioni culturali, operatori, atenei e realtà della formazione e della conoscenza. Un chiaro esempio di industria culturale è ad esempio quello della Film Commission, strumento di cui gli enti locali possono dotarsi per attrarre produzioni di film e fiction. Pensiamo all’Umbria, che da ormai due decenni si è specializzata nelle fiction, con prodotti di notevole fama quali “Carabinieri” piuttosto che il celebre “Don Matteo” diventati tutt’uno con la realtà locale, dove i dati di incremento turistico, economico e perfino immobiliare sono impressionanti. Guardiamo al Piemonte, dove la torinese Film Commission investe nelle produzioni che attrae, generando entrate che reinveste su tutto il comparto culturale, restituendo nuova linfa a molteplici realtà, dal circuito teatrale a quello della sinfonica fino al sostegno alla rete di giovani associazioni presenti sul territorio. Si tratta di un esempio concreto che citiamo per spiegare cosa intendiamo con industria culturale e quali potrebbero essere le straordinarie ricadute per la città».
«In assenza di una chiara rotta di marcia il rischio che tutta questa operazione si riduca ad essere soltanto l’ennesimo bancomat elettorale della giunta Biondi è quindi molto alto, sprecando questa grande occasione finanziando una costellazione di eventi, alcuni dei quali senza dubbio di grande pregio, ma i cui effetti non supereranno i confini del 2026», aggiungono i dem.
«Parlando con le cittadine e i cittadini avvertiamo che c’è grande aspettativa attorno alla Capitale della Cultura, sentimento che condividiamo e che è senz’altro frutto della speranza che tale manifestazione possa imprimere una svolta, un cambiamento vero – prosegue la nota – Ragionare in termini progettuali infatti impone di guardare non soltanto alla fase preparatoria del grande evento, ma a ciò che ne seguirà. Sarà quindi necessario rendere misurabile questa operazione rispetto a ciò che effettivamente produrrà, soprattutto alla luce delle ingenti risorse pubbliche investite, analizzando per il 2026 e soprattutto per gli anni a venire i numeri relativi alle presenze turistiche, alle nuove iniziative culturali e alle nuove iniziative imprenditoriali legate al settore culturale, ai nuovi posti di lavoro, ai progetti e spin off in collaborazione con i due atenei ecc. Al momento questo genera la maggiore preoccupazione, soprattutto se ci accorgiamo che non sono stati attivati processi virtuosi capaci di stimolare il tessuto culturale in una città ancora priva del Teatro comunale, di una sala cinema in centro, della Biblioteca regionale e di luoghi della cultura».
Il Pd invita pertanto l’amministrazione a una maggiore trasparenza: «A informare e coinvolgere la città, mancando poche settimane all’inizio dell’anno che ci vedrà Capitale italiana della cultura, a pubblicare nuovi bandi rivolti alle associazioni culturali e a fare in modo che l’evento sia davvero partecipato e condiviso su tutto il territorio, con momenti di confronto che possano trasformare il riconoscimento ricevuto in un patrimonio davvero collettivo e comunitario. E’ soltanto così che riusciremo ad organizzare un evento che arricchisca davvero il tessuto culturale, sociale ed economico cittadino».
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