In occasione della  presentazione del programma dell’Aquila Capitale della cultura 2026, una breve riflessione del sindaco Pierluigi Biondi.

26 Novembre 2025 - 17:05:56

Il mondo del futuro è aperto all’immaginazione, il mondo del passato è
quello che ricostruisce l’identità, soprattutto se perduta. Nella scena
finale di “Professione reporter” di Antonioni, si vede la camera che si
avvicina lentamente verso un punto nero, quasi come se stesse osservando
una fotografia in fase di sviluppo, un’immagine che emerge dal bianco e
nero. L’Aquila capitale della cultura 2026 è come un’immagine che emerge
dal bianco e dal nero e sarà lo sguardo dei cittadini e del pubblico che
ne farà l’evento culminante della comunità rinata. La cultura
rappresenta tutto ciò che le facoltà creatrici dell’uomo esprimono al
massimo grado. L’Aquila capitale della cultura rappresenterà tutta la
forza, la determinazione, la potenza progettuale e fattuale di una
comunità che ha saputo interpretare il dolore attraverso la vita che non
può che essere vissuta, tanto da tramutarsi in modello, etico e
architettonico, di speranza e rinascita. L’Aquila, in questi anni, ha
posto in essere un’azione di tutela e di rivendicazione della centralità
della conoscenza, della scienza, della ricerca, dell’arte nelle sue
molteplici manifestazioni, della storia, del pensiero filosofico e
politico. Ha continuato a produrre – insieme ad altri piccoli e medi
comuni come quelli dell’Appennino – attraverso la cultura e il
sentimento di umanità, gli anticorpi per vivificare la speranza di un
mondo in grado di perdonare e pacificare, come San Pietro Celestino ci
insegna. “Era l’aprile del 1920, ed io, nato a Paganica, ma milanese
allora di adozione e consuetudine di vita, tornai a rivedere il natio
Abruzzo. Mi fermai due giorni all’Aquila; e, in quei giorni, battei in
lungo e in largo la bella, ariosa e luminosa città, che alta sopra il
suo poggio, ad oltre 700 metri sul mare, vede alle sue spalle e davanti
levarsi i due giganti dell’Appennino, Gran Sasso e Majella, ed ai suoi
piedi scorrere fra alti pioppi e salici l’Aterno, poi Pescara. Volevo,
non tanto vedere le cose nuove, su pur ve ne erano, quanto rivedere le
cose vecchie, rivederle con occhi di 40 o 45 anni, dopo che le avevo
viste, spesso senza guardarle, con occhi di 8, di 10, di 12 anni. I
ricordi dell’infanzia mi riportarono, prima che ad ogni altro luogo,
alla mia impareggiabile S. Maria di Collemaggio […]. Assai familiare
era a me quella chiesa, che si leva in solitudine fuori della città”.
Come ci ricorda lo storico Gioacchino Volpe, L’Aquila è città di cultura
anche perché bella, ariosa e luminosa. Maestosa per le sue montagne e
magnifica per la sua storia e per l’incanto che raccontano la basilica
di Collemaggio e la Perdonanza celestiniana.