02 Dicembre 2025 - 17:26:27
di Martina Colabianchi
Il Wwf Abruzzo ha effettuato un accesso agli atti per valutare quanta attenzione sia stata rivolta al contesto ambientale all’interno del progetto di ricostruzione del complesso industriale dell’ex Zecca dell’Aquila, lungo Strada Vicinale dell’Aterno, nei pressi della confluenza tra il fiume Vetoio e il fiume Aterno.
Il complesso è infatti posizionato in un contesto di notevole valore naturalistico, alla confluenza di due corsi d’acqua, incastonato tra la collina di Roio e gli orti storici del Borgo Rivera.
Dopo un’attenta visione degli elaborati progettuali, scrivono in una nota, «appare evidente che il progetto è stato concepito come un intervento di pura riqualificazione architettonica dell’immobile, con il merito quantomeno di prevedere l’installazione di pannelli fotovoltaici su larga parte delle superfici libere dei tetti dei singoli corpi dell’immobile. La ricostruzione manterrà sostanzialmente l’impianto originale del complesso in termini di estensione e collocazione degli edifici, mentre non è chiara la destinazione d’uso finale del complesso una volta ristrutturato».
Il Wwf, carte alla mano, sottolinea però come l’intero complesso si trovi all’interno della fascia di rispetto fluviale e lacuale, nonché in un’area a pericolosità elevata o molto elevata rispetto al rischio inondazioni, «come si evince chiaramente nella relazione geologica di accompagnamento al progetto, che riporta la zonizzazione del Piano Stralcio Difesa Alluvioni (PSDA) della Regione Abruzzo, viene da chiedersi se la scelta di mantenere intatta l’estensione e la localizzazione degli immobili del complesso sia ad oggi ragionevole».
«Nel contesto di un cambiamento climatico su scala globale di cui l’Italia sta già subendo effetti drammatici, con eventi meteorologici estremi sempre più frequenti che aumentano il rischio inondazioni, la città di L’Aquila e la Regione Abruzzo dovrebbero adattare le proprie politiche urbanistiche ad una situazione in rapida evoluzione. Continuare a cementificare lungo le sponde dei corpi idrici non fa altro che esporre ulteriormente la città al rischio», proseguono.
«Peraltro, considerando che il ripristino della naturalità delle sponde fluviali assicurando uno stato di scorrimento libero ad almeno 25000 km di fiumi entro il 2030 rappresenta uno degli obiettivi cardine del “Regolamento sul Ripristino della Natura” (Nature Restoration Regulation 2024/1991) approvato ad agosto 2024 dalla UE, una riduzione delle superfici edificate del complesso ex Zecca e delle aree prospicienti per far posto alla vegetazione ripariale, fondamentale per mitigare i danni in caso di alluvione, sarebbe stata a nostro avviso non solo una scelta sensata ma anche un’ottima occasione di inserire il progetto nel contesto dei Piani Nazionali di Ripristino che gli Stati Membri della UE, Italia inclusa, dovranno presentare alla Commissione entro settembre 2026».
«Inoltre, – continua la nota – non si può ignorare che nel Piano d’Azione del “Contratto di Fiume dell’Aterno”, a cui il Comune dell’Aquila ha aderito nel 2015, sono citati tra gli assi principali la “Cultura del fiume” (Asse 1), “con l’obiettivo di favorire una consapevole partecipazione dei cittadini, diffondere una maggiore sensibilità e una gestione condivisa fiume come risorsa.”, nonché la “Riqualificazione dell’ambiente fluviale e mitigazione della pericolosità e del rischio idraulico”».
«In questo contesto, riteniamo che sarebbe stata utile una fase preliminare di discussione del progetto con cittadini/e, Associazioni e professionalità in ambito ambientale, proprio per arrivare ad una gestione condivisa e responsabile della “risorsa fiume”. Anche quando si tratta di ricostruzione privata, la politica dovrebbe infatti assumersi la responsabilità di guidare il processo assicurandone la sostenibilità ambientale».
«Altri spiacevoli episodi legati al contesto fluviale nel Comune dell’Aquila, come il recente taglio di salici ed altri alberi di grandi dimensioni lungo il corso del Vetoio su via Mulino di Pile, giustificato da non meglio specificate “ragioni di sicurezza”, dimostrano chiaramente che, purtroppo, – conclude il Wwf Abruzzo – c’è ancora tanto lavoro da fare, al di là dei documenti e dei piani, per arrivare ad una gestione davvero sostenibile dell’ecosistema fluviale nella nostra Regione».
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