29 Dicembre 2025 - 19:27:30

di Vanni Biordi

Questi giorni dedicati al Santo Natale, nel distretto industriale della Marsica, portano con sé amarezza, incertezza e disparità. Al centro della questione c’è la LFoundry di Avezzano, colosso dei semiconduttori, dove il clima sindacale si è scaldato drasticamente dopo l’ultimo ordine di servizio datato 23 dicembre.

Un documento che, secondo le segreterie territoriali di Nidil Cgil, Felsa Cisl e Uiltemp Uil, sancirebbe una frattura insanabile tra i lavoratori di serie A e quelli di serie B.

La questione ruota attorno alla gestione degli ammortizzatori sociali: mentre per la platea dei dipendenti diretti l’accordo siglato a novembre 2024 prevede una riduzione dell’orario lavorativo pari al 30%, il destino riservato ai lavoratori in somministrazione, molti dei quali prestano servizio nello stabilimento da oltre un decennio, appare radicalmente diverso. Per loro, dal 1° gennaio 2026, la scure si abbatterebbe con una ferocia inaudita con un taglio del 100% delle ore, senza alcuna previsione di rotazione. Non prendiamoci in giro, in termini brutali si tratta di un’esclusione totale dal ciclo produttivo.
«Siamo di fronte a una grave discriminazione», dicono i rappresentanti dei lavoratori. Il punto nodale della contesa non è solo economico, ma giuridico e morale. Il sindacato evoca con forza il Decreto Legislativo 81/2015, il testo sacro che dovrebbe garantire il principio di parità di trattamento. La norma parla chiaro: a parità di mansioni, chi opera in somministrazione deve godere di condizioni non inferiori a quelle dei colleghi assunti dall’utilizzatore. Qui, invece, il divario tra il 30% e il 100% della decurtazione oraria disegna un solco che trasforma la flessibilità in un castigo.
Quello descritto dalle sigle sindacali è un «utilizzo distorto» dello strumento contrattuale, una sorta di “ammortizzatore selettivo” che colpisce l’anello più debole della catena produttiva. La richiesta è perentoria, il ripristino immediato dell’equità e l’estensione della clausola del 30% anche ai lavoratori esterni. Se non arriveranno risposte concrete, il territorio è pronto alla mobilitazione.

Il caso LFoundry solleva un bel po’ di domande che travalicano i confini di Avezzano per investire l’intero modello industriale italiano. Secondo te, può una flessibilità che dura dieci anni definirsi ancora tale? Quando un lavoratore opera per dieci anni all’interno della stessa struttura, pur sotto l’egida di un’agenzia, cessa di essere un rinforzo temporaneo per diventare parte integrante del capitale umano dell’azienda.

Escluderlo dagli ammortizzatori sociali collettivi, o applicargli condizioni drasticamente peggiorative, non è solo un atto di malagestione, ma uno schiaffo a mano aperta al patto sociale. La legge 81/2015 è stata pensata proprio per evitare che la somministrazione diventasse una zona franca del diritto. Se il principio della parità di trattamento viene meno, crolla l’intera impalcatura etica del mercato del lavoro moderno.
L’azienda ha il dovere di rispondere non solo ai mercati, ma anche alla propria responsabilità sociale. Gestire una crisi produttiva scaricandone il peso quasi per intero sulle spalle dei lavoratori esterni non è una strategia di efficientamento, è un segnale di incapacità relazionale. È necessario che il tavolo negoziale riapra con una visione inclusiva e la dignità del lavoro non può essere pesata in base alla natura del contratto, specialmente quando la dedizione dimostrata è misurabile in lustri di attività costante.