30 Maggio 2023 - 15:47:07

di Marco Giancarli

L’incidente mortale sul Corno Piccolo del Gran Sasso d’Italia costato la vita a due esperti alpinisti, ha riacceso ancora una volta numerose e spesso stucchevoli polemiche sulla sicurezza in montagna.

Polemiche spesso innescate da persone che nella stragrande maggioranza dei casi, hanno raggiunto il loro massimo di frequentazione della montagna sorseggiando uno spritz in qualche baita o rifugio raggiunto ancor più spesso, comodamente seduti in seggiovia o su un suv e che evidentemente poco o nulla sanno sul cosa sia affrontare la montagna da quella baita a salire.

Nonostante ciò si assiste costantemente a commenti esternati senza contezza su incidenti come quest’ultimo, costati la vita a due alpinisti preparati Raffaello e Gianluca, una vita passata in montagna, il primo guida alpina, il secondo alpinista d’esperienza.

Nonostante in certi momenti, dove le lacrime ed il dolore trafiggono come schegge di una granata i cuori e le vite di chi rimane, sarebbe buona norma rimanere in silenzio per rispetto e per intelligenza, troppo spesso le pagine social vengono letteralmente inondate da commenti fuori luoghi inneggianti la sicurezza in montagna. Spesso farneticazioni da “gente di città” con il rappresentativo “Moon Boot” anni ’80 da indossare al primo fiocco di neve per arrivare in ufficio.

“Potevano stare a casa”, “Potevano salire prima”, “Potevano non legarsi”, “Non si va in montagna di questo periodo”. Tutte considerazioni oramai diventate cliché in queste situazioni e che stanno a zero di fronte a drammi come quelli che si sono consumati sabato sul Corno Piccolo. A zero come è lo stesso rischio insito in qualsiasi impresa alpinistica. Rischio che in montagna è sempre presente ma che per persone come Raffaello Toro e Gianluca Camplone era, sempre e solo, un rischio ponderato così come succede quando la montagna viene affrontata da persone esperte e preparate che riescono a valutare ogni aspetto dell’impresa da realizzare.

Poi c’è l’inponderabile, l’imprevisto, l’incidente che, a “quota spritz”, forse può tradursi in una scivolata su neve soffice ma che in alta quota può costare la vita anche al migliore degli esperti. Ma una cosa è certa.

Nessun alpinista, degno di questo nome, criticherà mai i montanari di città per esser rimasti in baita perché, citando il celebre alpinista Johann Wolfgang von Goethe, “i monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosi”.