17 Ottobre 2023 - 21:12:06

di Vanni Biordi

Al di la della solita contrapposizione tra opposte fazioni, che ricalca il conflitto tra Israele e Hamas si deve considerare che il conflitto apre una crisi importante, sanitaria, bellica, ambientale e umanitaria e le immagini che arrivano oggi da quella parte di mondo testimoniano l’evidenza, gli abitanti della Striscia di Gaza sono abbandonati a se stessi dal punto di vista politico, ma soprattutto umanitario. Ne abbiamo voluto parlare con Simona Giannangeli, consigliere comunale dell’Aquila che ha vissuto in prima persona la questione israelo-palestinese.

E’ stata in Palestina, nella striscia di Gaza, per ben tre volte. Come donna in nero e come componente di un movimento internazionale che da sempre si oppone alla guerra di occupazione che Israele ha realizzato dal 1948, “siamo a 75 anni di occupazione militare da parte di Israele nei confronti della Terra di Palestina che comprende anche la striscia di Gaza, quello che ho visto in questi tre viaggi drammatici è stato il dolore e l’annientamento di un popolo, il popolo palestinese. Un popolo chiuso in una terra chiamata Palestina”

La striscia di Gaza è giustamente chiamata a striscia”, ci racconta la Giannangeli, “perché è larga soltanto 9 km per 40 km di lunghezza e vivono all’interno della striscia circa 2 milioni e 400 mila abitanti. Oggi di nuovo, Israele occupa, bombarda e distrugge da un punto di vista umanitario un popolo, quindi ancora una volta si compie un genocidio sotto gli occhi indifferenti della comunità internazionale, una comunità indifferente perché se c’è attenzione a quelle che sono state le vittime israeliane di Hamas ci si aspetta la stessa attenzione, lo stesso rispetto, la stessa cautela nei confronti della popolazione civile della Palestina. In questo momento ricordo di essere stata nella striscia di Gaza, di essere stata nelle case di quel popolo, aver passato i valichi di Jerez e di Rafha, essere stata in fila per ore e ore insieme con i palestinesi, con le palestinesi che non riuscivano a uscire neanche per portare i bambini e le bambine a fare la chemio, non bambine e bambini a far festa da qualche parte

Simona Giannangeli ci racconta di aver girato per tutta la Palestina insieme con le donne palestinesi che l’hanno accolta e messa in relazione con tutte le associazioni pacifiste. Associazioni che cercano veramente di tessere i fili di un discorso di pace in terra di Palestina e di Israele permettendole di toccare con mano la situazione. Oggi stiamo di nuovo vivendo ore gravissime, “ore in cui uno Stato in maniera criminale ha deciso di tornare ad annientare un popolo. Il fatto di togliere cibo, elettricità, acqua a 2 milioni e oltre di persone può essere, deve essere considerato un crimine di guerra. Le è secondo i principi fondamentali del diritto internazionale perché mentre laddove si riconosce ad ogni Stato il diritto di difendersi in questo caso noi non stiamo assistendo ad una dinamica di guerra che vede due paesi, due eserciti belligeranti con armi alla pari, abbiamo uno dei più grandi eserciti del mondo, sostenuto peraltro da tanti paesi occidentali, in primis gli Stati Uniti, e dall’altra parte abbiamo un Paese privo di un esercito, privo di armamenti significativi che viene ancora una volta aggredito, assediato. Privare la popolazione civile di acqua, di luce, di ospedali, perché ricordiamo che Israele ha intimato agli ospedali presenti nel nord della striscia di evacuare i propri ricoverati, sono tutti atti sanzionati come crimini contro l’umanità dal diritto internazionale” dice la Giannangeli.

Tutto questo ci porta ad una considerazione importante. Non esiste sicurezza se si negano i diritti, non può esistere sicurezza, non può esistere neanche un disegno lontano di orizzonte di pace se si continuano a negare, a violare, in maniera così massiccia le più elementari regole dei diritti umani