14 Novembre 2023 - 08:21:15

di Marco Giancarli

Oggi sono 4 anni dal giorno in cui L’Aquila e l’Abruzzo hanno perso una delle sue penne più illustri, il giornalista e studioso Amedeo Esposito. Quattro anni in cui la città e la sua regione ha combattuto tante battaglie per le quali, la sua intelligenza ed il suo acume di fine conoscitore di questa realtà, avrebbero di certo aiutato a spiegare ed analizzare tutti i cambiamenti a cui è stata esposta.

Un uomo d’altri tempi Esposito che con la sua dipartita ha lasciato un vuoto incolmabile nella classe giornalistica della sua città e del suo Abruzzo. Fondatore negli anni 70 dell’agenzia regionale Ansa, aveva profondamento sofferto del suo trasferimento fuori città.

Poi il terremoto del 2009 che lo aveva costretto ad un lungo e forzato allontanamento dall’Aquila, che però non lo aveva tenuto lontano dal suo amore per la città né tantomeno dal suo volerla difendere dagli attacchi esterni e dal suo voler rappresentare quella “aquilanitas” di cui si è sempre dimostrato fiero ed orgoglioso.

Giacca, camicia e quel farfallino al posto della cravatta che faceva solo da presentazione a quel sorriso fiero e genuino che solo chi ha avuto l’onore di conoscerlo sapeva descrivere. E proprio con quel sorriso e con quella gentilezza, nei modi ma ancor più nell’animo, che Esposito si è sempre avvicinato alla professione, consigliando generazioni di giornalisti.

Un rispetto per la deontologia professionale maniacale, d’altri tempi, come nella circostanza di una conferenza stampa di un politico nel corso della quale, ad un giovane giornalista che aveva applaudito l’intervento, si rivolse dinnanzi a tutti con un perentorio: “un giornalista non applaude mai”. Era questo e molto altro Amedeo Esposito, schiena dritta e sguardo proiettato in avanti di diversi anni, anticipatore dei processi sociali di cui la sua terra è stata protagonista.

Sono passati quattro anni da quel 14 novembre 2019 ma i suoi insegnamenti non sono andati perduti, tra le righe di un giornale, nella traccia di un servizio televisivo, piuttosto che in un lancio di agenzia la sua presenza è viva e si fa sentire e rappresenta il suo lascito più profondo di professionista e di uomo libero.