16 Febbraio 2024 - 18:04:36

di Martina Colabianchi

Si è concluso oggi, con la conferma della sentenza di primo grado, il processo in Corte d’Assise di Appello dell’Aquila sull’omicidio di Barisciano, avvenuto a fine novembre del 2019.

Condannato a 15 anni di reclusione è Gianmarco Paolucci, 29enne di Bagno, con l’accusa di aver ucciso con 22 fendenti Paolo D’Amico, 55enne dipendente dell’Asm, all’interno della sua abitazione.

Ad inchiodare Paolucci, nel processo di primo grado, fu la prova del DNA sui cui esiti la Procura generale fondò la richiesta di ergastolo per il 29enne ma, non venendo riconosciute le aggravanti di crudeltà e futili motivi, fu concesso all’imputato di accedere al rito abbreviato. Le due aggravanti furono contestate in quanto non è stato possibile, secondo quanto si legge nelle motivazioni, ricostruire le esatte dinamiche dell’accaduto.

Parziale soddisfazione è stata espressa da uno dei due legali di Paolucci, Mauro Ceci, che pure puntava sull’assoluzione:

“I pensieri relativi all’ipotesi di spaccio di sostanza stupefacente o di debiti non onorati non hanno avuto conferma né in primo grado, né tantomeno in secondo. Questo ci fa capire che non c’è la ricostruzione del movente: non si sa se era una persona o due, quindi ci sono dei dubbi proprio sull’attribuzione al Paolucci della responsabilità”.

Ricordiamoci che ci sono delle prove importanti che sono negative per l’accusa – prosegue Ceci -: le impronte delle scarpe rilevate sul pavimento del luogo dove è stato rinvenuto il cadavere che appartengono a una scarpa non sua, oppure il reperto di sangue rinvenuto nella maniglia esterna di accesso all’immobile che ha un profilo maschile rimasto ignoto“.

Ciò su cui noi non siamo d’accordo – conclude il legale – è la valutazione del DNA quale prova e non quale indizio, noi riteniamo che si tratti di un indizio in quanto è un DNA da contatto che indica, quindi, che c’è stato un trasferimento del DNA“.

Per le motivazioni della sentenza odierna bisognerà attendere il 15 maggio.