09 Settembre 2024 - 10:29:24

di Martina Colabianchi

In uno Stato democratico le sentenze si rispettano e noi rispettiamo la sentenza con cui il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso del Comune di Sulmona sul progetto Snam. Ma la Costituzione italiana (art.21) garantisce a tutti la libertà di pensiero, e in virtù di tale diritto riteniamo che questa sentenza è palesemente illogica e iniqua, e pertanto assolutamente non condivisibile. Essa, infatti, si pone in aperto contrasto con un’altra sentenza dello stesso Consiglio di Stato, e perfino della stessa sezione IV, che sullo stesso tema si è pronunciato in modo diametralmente opposto“.

Così, in una nota, Mario Pizzola del coordinamento Per il clima Fuori dal Fossile commenta la sentenza con cui il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato dal Comune di Sulmona contro l’autorizzazione unica rilasciata per la costruzione e l’esercizio del metanodotto Sulmona-Foligno.

Il Comune ovidiano, che si era affidato all’avvocato Paolo Colasante, aveva impugnato la sentenza del Tar dello scorso gennaio, ritenendo di “non condividere l’assunto secondo cui l’autorizzazione del metanodotto costituisca già cosa giudicata nell’ambito dei giudizi che hanno interessato la centrale di compressione gas di Sulmona, trattandosi di opere distinte“.

La Valutazione di Impatto Ambientale – scrive Pizzola – è stata introdotta nella legislazione italiana nel 1986, in applicazione di una direttiva europea dell’anno precedente. Nel 2006 è stato varato il codice dell’ambiente che però non conteneva un termine di validità della VIA. Nel 2008 una legge ha fissato in cinque anni la validità della VIA, trascorsi i quali essa va ripetuta. La stessa legge, però, ha stabilito che questo termine non si applica ai progetti presentati prima del 2008, ed è il caso della Snam il cui progetto “Metanodotto Linea Adriatica e centrale di compressione di Sulmona” è stato presentato nel gennaio 2005. Il decreto VIA relativo al progetto Snam è del 7 marzo 2011 e, in base alla legge del 2008, non contiene alcun termine di scadenza“.

Senonché il Consiglio di Stato nel 2020 ha innovato la giurisprudenza in materia con una importante sentenza, la n. 3937, la quale sancisce che dal corpus normativo “si ricava che il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale non può avere una durata indefinita e che, decorsa l’efficacia temporale, che è di almeno cinque anni, il procedimento di VIA deve essere reiterato (…). Si rivela del tutto illogico e contrario al sistema delineato negli anni dal legislatore, anche sulla base del principio di massima precauzione in materia ambientale, ritenere che i provvedimenti VIA antecedenti all’entrata in vigore del d.lgs. n.4 del 2008 possano avere efficacia sine die, sebbene i relativi progetti non siano stati ancora realizzati (ed è proprio il caso del progetto Snam, ndr), mentre provvedimenti molto più recenti abbiano una durata limitata nel tempo (…).  In altri termini il collegio ritiene che un provvedimento VIA – in qualunque momento adottato e, a maggior ragione, se adottato in epoca remota – debba ontologicamente avere una efficacia temporale limitata e non possa essere ritenuto avere efficacia sine die, per cui, non essendo l’efficacia temporale individuata nel decreto (…omissis) può presumersi che la stessa debba intendersi di cinque anni e che, in ogni caso, a distanza di molti anni, in un contesto fattuale e normativo necessariamente mutato, sia venuta meno”.

Come si può constatare, – prosegue – si tratta di una sentenza di una chiarezza cristallina, contraddetta, però, dallo stesso Consiglio di Stato che invece – respingendo il ricorso del Comune di Sulmona – ha ritenuto che la VIA del progetto Snam debba ritenersi valida “in saecula saeculorum”. C’è da aggiungere che, nel nostro caso, di anni senza che il progetto sia stato ancora realizzato, ne sono passati non 5 ma oltre 13!“.

La sentenza, oltre che illogica, è iniqua perché penalizza pesantemente un bene pubblico quale è l’ambiente, il cui valore è tra i principi fondamentali della nostra Costituzione, “anche nell’interesse delle future generazioni” (art.9). La sentenza, infatti, non tiene assolutamente conto che, a distanza di oltre 13 anni, il “contesto fattuale”, di cui parla il Consiglio di Stato nella sentenza del 2020, è cambiato notevolmente. L’area della centrale – come attesta una relazione scientifica dl Parco nazionale della Maiella – dal 2012 è un corridoio faunistico e sito di alimentazione dell’Orso bruno marsicano, specie ad altissimo rischio di estinzione; in essa sono state rinvenute importantissime testimonianze archeologiche e storiche che vanno tutelate e non seppellite sotto il cemento della Snam; gli eventi sismici e le alluvioni verificatesi negli anni, nelle aree che verranno attraversate e devastate dal metanodotto, hanno evidenziato ancora di più la fragilità del territorio appenninico; i rapporti del foro scientifico dell’ONU per il clima (IPCC) hanno sottolineato in modo sempre più drammatico le conseguenze disastrose del cambiamento climatico sull’ambiente, sulla vita e sulle attività umane; l’Accordo di Parigi del 2015, e gli altri impegni internazionali sul clima sottoscritti dall’Italia,  impongono l’abbandono  dei combustibili fossili, tra cui il metano, al fine di ridurre le emissioni di  gas serra di almeno il 55% entro il 2030 e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050“.

Invece, in modo irragionevole e a danno dell’ambiente e del territorio, si dà il via libera ad un’opera del tutto inutile e pericolosa, destinata a durare oltre 50 anni e che pertanto aggraverà ancora di più il cambiamento climatico; un’opera che sarà pagata dai cittadini italiani ma che servirà solo ad aumentare, in modo scandaloso, i profitti della Snam e dell’ENI. La sentenza, comunque, non ferma la nostra lotta, che dura ormai da quasi 17 anni. Noi non arretriamo“, conclude Mario Pizzola.