27 Settembre 2024 - 09:51:43
di Martina Colabianchi
Anticipare dal 2026 a inizio 2025 la clausola di revisione del regolamento europeo sulle emissioni delle automobili.
Questo il tema centrale portato dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso a Bruxelles, per presentare in anteprima a eurodeputati e portatori di interesse la sua visione strategica per l’industria europea e cercare la sponda di quanti più Paesi possibile per riaprire il divisivo dossier sulle auto, che dal 2035 imporrà lo stop alla vendita dei motori endotermici, benzina e diesel.
Strada questa che, per l’Italia, è ancora percorribile, ma solo a determinate condizioni e se sin da subito si mettono sul tavolo le condizioni per arrivarci. Nelle scorse settimane, Urso aveva incassato le “aperture” di Spagna, Repubblica Ceca e Austria. La Commissione europea, però, non sembra ancora convinta.
A chiarire la posizione del governo italiano su automotive e transizione ecologica è stato il sottosegretario al Ministero delle Imprese e del Made in Italy Fausta Bergamotto, intervistata in diretta televisiva da Tgcom24.
“Il Consiglio Competitività che si è svolto a Bruxelles aveva l’obiettivo di cercare di condividere alcune preoccupazioni e strategie che riguardano la tempistica data dal Green Deal e, in particolare, dell’incidenza che il Green Deal ha sul settore dell’automotive. È un settore che in questo momento desta molta preoccupazione, sia ai governi che alle case produttrici, perché la tempistica del Green Deal con tempi così stringenti non sta permettendo di raggiungere gli obiettivi prefissati“.
Il tema della crisi dell’automotive tocca molto nel profondo anche l’Abruzzo e, in particolare, lo stabilimento Stellantis di Atessa per cui recentemente è stata annunciato il prolungamento della cassa integrazione per altre due settimane nel mese di ottobre, mese in cui sono in programma scioperi dei lavoratori anche alla Magneti Marelli di Sulmona.
“Il ministro Urso, che ha anche partecipato ad una conferenza sull’automotive organizzata dalla presidenza di turno ungherese, ha cercato di condividere una strategia, delle necessità che riteniamo siano opportune per non mettere ulteriormente in ginocchio un settore – spiega Bergamotto a Tgcom24 -. La prima scadenza è al 2025, quando si prevede che le case produttrici europee siano messe nelle condizioni di dover raggiungere determinati obiettivi sulle emissioni di CO2, obiettivi che evidentemente non potranno raggiungere e per cui saranno soggette a sanzioni milionarie. Quindi, anche per questo, si chiede di anticipare la clausola di revisione del regolamento, prevista al 2026, al primo semestre del 2025 per poter rivedere un po’ le condizioni“.
“La transizione che stiamo attraversando deve essere equilibrata, sostenibile e garantire un’autonomia strategica dell’Europa salvaguardando al tempo stesso i rapporti di lavoro – prosegue ancora il sottosegretario -. Per questo, l’obiettivo del 2035, quando dovranno essere dismessi i motori endotermici, quindi diesel e benzina, è un obiettivo che, secondo l’Italia, può essere raggiunto però con tre condizioni, altrimenti si renderà necessario lo slittamento in avanti. Chiediamo che venga istituito un fondo che sia di sostegno all’intera filiera, sia per i consumatori che acquistano, sia che si tratti poi di auto prodotte in Europa. Chiediamo, poi, che si assuma un approccio non ideologico, ma sicuramente più pragmatico sulla neutralità tecnologica, cercando di riconoscere un ruolo importante all’idrogeno e non solo all’e-fuels. Non da ultimo, ma anzi ancora più importante perché c’è una pesantissima concorrenza in questo settore da parte dell’industria cinese che sta avanti 15 anni sull’elettrico, noi vogliamo che venga garantita un’autonomia europea nella produzione delle batterie utilizzando materie prime che siano estratte e lavorate nel continente europeo“.
Il sottosegretario ha, infine, illustrato altri settori di intervento previsti dal piano italiano, in primis l’acciaio e la chimica.
“Si chiede l’istituzione di un fondo per la competitività a supporto di tutti questi settori che vivono con grande tensione la transizione. Si chiedono poi nel piano anche altre cose che non sono di seconda importanza: per esempio, la semplificazione degli IPCEI che sono i grandi progetti di interesse comune in ambito europeo, poi anche la rivisitazione di alcuni adempimenti normativi soprattutto per i costi legati ai reporting della Commissione europea. Chiediamo, infine, un riconoscimento di un made in Europe e, quindi, favorire un mercato di prodotti europei oppure che abbiano una componentistica importante europea. Una forma di protezione come hanno fatto e stanno facendo gli Stati Uniti“, ha concluso in diretta televisiva Fausta Bergamotto.