23 Dicembre 2024 - 11:35:40

di Redazione

“Si è svolta oggi al Tribunale di Avezzano l’udienza del processo per rendere giustizia ad Amarena, l’orsa brutalmente uccisa poco più di un anno fa. Nonostante fosse conosciuta per la sua docilità e l’assenza di comportamenti aggressivi, Amarena è stata uccisa a sangue freddo, lasciando orfani i suoi cuccioli”.

Lo scrive in una nota l’Oipa che ha depositato oggi istanza per l’ammissione come parte civile nel processo, che tuttavia è stato rinviato per una questione di eccezione di competenza per materia e che si svolgerà davanti al giudice penale monocratico, anziché di fronte all’attuale giudice dell’udienza preliminare.

“La battaglia legale dell’Oipa continua per garantire che la verità emerga e che chi ha commesso un simile reato paghi le conseguenze del suo gesto. L’autore deve rispondere pienamente delle sue azioni, che non hanno arrecato danno solo all’orsa Amarena, ma anche all’intera collettività, ferita da un atto crudele e ingiustificabile”, conclude la nota.

La nota di Lav, Lipu, Lndc Salviamo l’Orso, Rewilding Appennines e WWf

Oggi, 23 dicembre, a poco più di un anno dall’uccisione dell’orsa Amarena, si è aperto il procedimento presso il Tribunale di Avezzano contro l’uomo che si era autodenunciato ai Carabinieri, ammettendo la sua responsabilità per l’uccisione di animale con “crudeltà e senza necessità”.  

La Giudice ha raccolto gli atti di richiesta di costituzione di parte civile delle tante associazioni che hanno chiesto che si faccia giustizia per un’orsa barbaramente uccisa a colpi di fucile nonostante non avesse mai avuto atteggiamenti aggressivi nei confronti degli esseri umani, tanto da essere diventata una sorta di simbolo per il territorio abruzzese, protagonista di numerosi video quando casualmente incrociava i centri abitati accompagnata dai suoi cuccioli.   

Oltre alle associazioni di tutela degli animali, si sono costituiti anche enti pubblici quali la Regione Abruzzo, il Comune di San Benedetto dei Marsi dove è avvenuta l’uccisione e il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, a testimonianza di quanto, in Abruzzo vi sia una spiccata sensibilità alla tutela degli orsi e alla convivenza pacifica con i cittadini, a differenza di quanto avviene invece in Trentino, dove il Presidente Fugatti non ha mai speso una sola parola per condannare i tanti atti di bracconaggio che nel territorio da lui amministrato hanno portato all’uccisione di almeno sei orsi e i cui responsabili restano tuttora ignoti.  

 “Ora auspichiamo la rapida fissazione della data di avvio del processo – commentano LAV, LIPU, LNDC, Salviamo l’orso, Rewilding Apennines e WWF – e che si arrivi a una sentenza di condanna che sia di esempio per tutti coloro che ancora ritengono lecito farsi giustizia da sé in tutti quei casi in cui le attività umane entrano in conflitto con gli animali selvatici.” 

L’uomo oggi imputato si era infatti autodenunciato ai Carabinieri, ammettendo di avere ucciso l’orsa Amarena accampando motivazioni che riguardavano la sicurezza personale, ma le evidenze raccolte dagli investigatori hanno permesso di dimostrare che quando l’orsa è stata uccisa non aveva assunto alcun atteggiamento aggressivo, poiché si trovava sulle quattro zampe.  

Le Associazioni chiederanno di valutare anche il grave danno ambientale procurato dall’indagato uccidendo un’orsa in età riproduttiva, facente parte di una popolazione sull’orlo del rischio di estinzione, come quella dell’orso bruno marsicano. 

  “Seguiremo ogni udienza per dare un contributo concreto e attivo perché si arrivi a una sentenza di condanna nel più breve tempo possibile – concludono le Associazioni – scongiurando il rischio di scorciatoie quali il patteggiamento o altri strumenti che possano alleggerire le responsabilità di un atto così violento ed efferato quale l’uccisione di una mamma nel preciso momento in cui stava educando i suoi piccoli alla vita. Nel frattempo, a livello nazionale, continuiamo a lavorare affinché si giunga ad un inasprimento delle pene previste per questo tipo di reati: è vergognoso che chi uccide un animale sull’orlo dell’estinzione rischi al massimo una condanna a poco più di due anni (che sicuramente non passerà in carcere) o un’ammenda inferiore al valore dell’arma con cui lo ha ucciso”.   

AIDAA: “L’uccisione di Amarena resterà impunita? È possibile”

ll rinvio dell’udienza preliminare a carico di Andrea Leonbruni, autore dell’uccisione dell’orsa Amarena, giunge tutt’altro che inaspettata. L’errore procedurale nella richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla procura di Avezzano non era sfuggita agli occhi dei più attenti, ieri la riportava nei titoli un quotidiano nazionale, quindi il rinvio dell’udienza prevista per oggi non deve sconvolgere nessuno ma deve aprire un serio interrogativo sui tempi in cui si svolgerà questo processo”, così l’Associazione Italiana Difesa Animali ed Ambiente in una nota.

Ora le carte sono state restituite alla procura che dovrà riformulare la richiesta di rinvio a giudizio che dovrebbe portare alla nuova udienza preliminare in primavera, con conseguente decisione di una data per l’inizio del dibattimento processuale. Questo potrebbe allungare ulteriormente i tempi, noi invece auspichiamo un’inversione di tendenza in modo da sperare nell’inizio del processo entro la seconda metà del 2025. Non cederemo nemmeno di un millimetro anche se ci rendiamo conto che i rischi di una condanna effimera, per non dire irrisoria, sono dietro l’angolo così che Leonbruni ne esca, di fatto, condannato a pagare una piccola multa, e tutto questo più che di giustizia suona tanto come una beffa per l’uccisione di Amarena avvenuta a sangue freddo e che, forse, non avrà mai la giustizia che si meriterebbe“. 

La nota di Appennino Ecosistema, parte civile nel procedimento penale

Durante l’udienza di stamattina davanti al Giudice per le Udienze Preliminari di Avezzano, nel procedimento penale contro Andrea Leombruni per l’uccisione dell’orsa Amarena, anche Appennino Ecosistema si è formalmente costituito parte civile. L’associazione Appennino Ecosistema, infatti, fa parte della Global Alliance for the Rights of Nature, un’alleanza internazionale di centinaia di esperti, associazioni e istituzioni impegnati a far riconoscere i diritti della Natura come soggetto giuridico da rispettare in quanto tale.

Considerando – scrive l’associazione in una nota – che la Procura della Repubblica di Avezzano, secondo la decisione presa oggi dalla Giudice per l’udienza preliminare, dovrà procedere con la citazione diretta a giudizio, riformulando l’accusa e chiedendo al Tribunale di Avezzano la fissazione della relativa nuova udienza, Appennino Ecosistema chiederà al Pubblico Ministero di procedere penalmente contro il responsabile dell’uccisione dell’orsa Amarena non semplicemente per il reato di uccisione di animali (art. 544-bis c.p., applicabile a chiunque uccida qualsiasi animale senza necessità o per crudeltà, con una pena irrisoria della reclusione da 4 mesi a 2 anni), ma anche per i ben più appropriati e gravi reati di uccisione di specie selvatiche animali protette (art. 727-bis c.p., che vieta l’uccisione di esemplari appartenenti ad una specie animale selvatica protetta, con la pena dell’arresto da 1 a 6 mesi o l’ammenda fino a € 4.000, senza necessità di dover dimostrare il dolo del reo) e soprattutto di inquinamento ambientale (art. 452-bis o almeno 452-quater, che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da € 10.000 a 100.000 “chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili di un ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna”), introdotti nel nostro codice penale solo nel 2011 (il primo) e nel 2015 (il secondo) in recepimento della Direttiva UE sulla tutela penale dell’ambiente (Dir. 2008/99/CE)“.

Infatti, sostiene il Presidente di Appennino Ecosistema Bruno Petriccione, “l’uccisione di una femmina di orso bruno marsicano, entità biologica gravemente minacciata di estinzione e per questo tutelata in modo prioritario a livello nazionale, europeo e mondiale, costituisce certamente una gravissima minaccia ed un grave danno concreto alle possibilità di sopravvivenza dell’orso bruno marsicano (decurtando la sua già esigua popolazione del 5%) e quindi un grave danno al suo habitat, all’ecosistema del quale è parte fondamentale ed in generale alla biodiversità di tutti gli Appennini Centrali. I nuovi gravi reati di delitto ambientale citati sono stati introdotti solo nel 2015 nel nostro ordinamento giuridico a seguito della paventata apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia, da parte della Commissione Europea, per l’insufficienza delle norme penali italiane poste a tutela dell’enorme patrimonio di biodiversità dell’UE, successivamente alla precedente uccisione volontaria di un orso bruno marsicano, rimasta impunita, avvenuta a Pettorano sul Gizio nel 2014. Porre allo stesso livello l’offensività dell’uccisione di un orso bruno marsicano e quella di una gallina sarebbe un assurdo giuridico, oltre che una gravissima offesa a tutti i cittadini onesti e rispettosi della fauna e della flora selvatiche, che continuano a sforzarsi di far parte di comunità umane in equilibrio con tutte le altre componenti dell’ecosistema”.